Capitolo 17

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Pov Giacomo


Le mie piccole mani s'infilarono sotto il leggero maglione di cotone di Niccolò, carezzandogli la schiena con lievi movimenti circolari lungo la spina dorsale, i fianchi, le scapole, il capo appoggiato nell'incavo della spalla di quest'ultimo, mentre lui sopra di me si muoveva frenetico, sbottonandomi la camicia e sfilandomi la maglietta, una mano che scende alla cerniera dei pantaloni.

Non un parola, solo lievi ansimi, piccoli gemiti, ma tutto proferito con un tono così lieve che quasi non si udiva, nella speranza di non rompere e perdere quel momento così unico che stavamo vivendo.

I vestiti di entrambi si persero intorno a noi, mentre mani e bocche si muovevano fameliche, senza perdere un solo centimetro di quel calore che amavamo fin quasi a far sanguinare il cuore, come se fosse l'ultimo giorno nostro concesso per amarci, per rimanere vicini, per assaporare in quel modo.

Le mie labbra rosee scesero fino ad incontrare l'eccitazione di Niccolò, leccandolo delicatamente, assaporandolo come fosse un frutto buonissimo, e non sentendo neppure il sapore aspro e pungente proprio di quel nettare che bevevo avido.

Le sue mani si strinsero dapprima con forza attorno alle mie ciocche color cioccolato, poi, sempre più leggere, divennero una calda carezza sulla pelle sensibile, accompagnate da sempre più rauchi mugolii d'apprezzamento per quella bellissima "tortura".

Con un gemito più alto degli altri, Niccolò mi staccò con uno strattone dalla mia opera. Emisi un borbottio di protesta, mentre lui tornava a tuffarsi su quella mia morbida pelle color del miele.

Leccò e succhiò delicatamente la porzione di pelle offertagli dal mio capo volto all'indietro, scendendo dalla vena pulsante del collo, lungo le clavicole fino allo sterno, risalendo piano poi verso un capezzolo che leccò piano per poi succhiarlo e morderlo piano, alternando i denti alla lingua.

Io, steso sulla superficie multicolore del tappeto mi agitavo convulsamente, mordendomi quasi a sangue un dito imprigionato tra i denti candidi. Niccolò riprese la sua discesa lasciando le mani ad occuparsi di quei rosei boccioli, giungendo fino allo stamaco, per poi andare a mordicchiare un fianco inseguendo le cristalline gocce di saliva sfuggite al suo controllo.

Mi stava adorando, come fossi un dio, come fossi la cosa più preziosa del mondo e gli fossi per chissà quale gioco del fato, capitato tra le mani, un dono del cielo, una piccola e luminosa stella che non lo feriva con la sua luce, ma che anzi lo avvolgeva e riempiva di calore, un calore quasi intossicante ma risanatore.

La sua guancia diafana sfiorò in una lentissima carezza il mio membro eretto, facendomi sfuggire un piccolo urletto, seguito da una pioggia di brividi. Il respiro caldo sfiorò la mia parte più intima, facendomi sussultare in anticipazione di quel che sarebbe venuto dopo.

La lingua vellutata dell'albino stuzzicò la piccola mia apertura tra i glutei, facendomi gemere senza ritegno sottoposto a quelli attenzioni. Una mano raggiunse le mie labbra socchiuse, accarezzandone i contorni per poi tuffarsi dentro di essa, giocando con la mia lingua, in una breve danza, per poi scendere di nuovo, entrando una per volta dentro di me, massaggiandomi piano, finché non avvertì il rilassamento dei tessuti bollenti di quel mio anello di muscoli.

Tolse le dita e si sollevò verso l'alto, chinandosi sulle mie labbra, rubandomi un bacio leggero e tuttavia umido, leccandomi poi il rivoletto di saliva che era colato da esse.

Entrò in me lentamente, ponendo tutta l'attenzione possibile in quel gesto di possesso totale, che ben presto mi travolse, lasciandomi senza fiato né controllo.

Il mondo è grigio il mondo è bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora