Capitolo 15

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Pov Giacomo



Kevin aveva ragione, ragione su tutto. Mi ero fatto sopraffare dai miei sentimenti e non mi ero soffermato a pensare a quel che invece stava patendo lui, cercando anche in quel momento, di essere forte per tutti e due, mentre io, da quello sciocco che ero mi piangevo addosso senza ritegno.

Adesso dovevo pensare a Niccolò, solo a lui. Era il mio turno di essere forte per gli altri. Poggiai una mano sulla spalla destra di Kevin, subito accompagnata dal capo. Che si chinava nell'incavo del suo collo.

«Perdonami... mi dispiace, sono solo uno stupido.»

«Non parlare mai più in quel modo. O la prossima volta te la faccio pagare sul serio.»

Sorrisi. Il tono sereno e pacato di Kevin, aveva messo in pace la mia ansia.

La stanza era nella penombra, il piccolo ambiente in cui vibravano solo i vari suoni emessi dalle macchine, sembrava una voragine ai miei occhi. Lo avevano fatto vestire in un determinato modo, poiché la camera doveva rimanere sterilizzata così com'era. Il fisico albino di Niccolo era già al limite di per sé.

Imbacuccati in quelle vesti di semi plastica verde, ci affiancammo al letto del mio ragazzo da cui si dipartivano tutti quei tubi collegati a flebo di vario tipo ed alle macchine che lo tenevano in vita grazie alla respirazione artificiale, monitorando anche il più piccolo cambiamento.

«Niccolò... »

Era un sussurro, tanto sottile e lieve che anche io che lo avevo pronunciato feci fatica ad udire. Mi accostai al letto, appoggiando la mano guantata su quelle di Niccolò, steso lì.

L'albino aveva il viso pallido e segnato da due profonde occhiaie violacee, che spiccavano assieme a tutti i segni dei capillari ritti che emergevano sul suo volto e sulle braccia, le uniche parti del corpo scoperte per l'impedimento dei tubi.

Mi sentii morire. "Che cosa ho fatto".

Avvicinai inconsciamente l'altra mano a sfiorargli una tempia, scorrendo lieve fino ad uno zigomo, calando poi sulle labbra rosse e screpolate, pensando a quante fossero calde e vellutate solo fino a pochi giorni prima.

La mano tremò e sentii gli occhi pizzicati dalle lacrime. Ma mi trattenni, ritraendo di scatto entrambi le mani dal debole calore di Niccolò. Dovevo essere forte. Lo dovevo a Kevin.

«Non sembra nemmeno più lui.»

Non mi resi conto di aver espresso a voce alta un mio pensiero, se non quando ottenni risposta dall'altro ragazzo dietro di me.

«Già.»

Le parole sembravano irritantemente fuori luogo in quella stanza, solo il silenzio non feriva le orecchie.

«Non so se ce la farò, Kevin.»

«Ce la farai.»

Una mano mi si posò su un braccio, all'altezza del gomito.»

«Tu sarai vicino a me?»

Mi accorsi di cosa avevo detto ed arrossii. Ma Kevin contraccambiò con un sorriso tranquillo.

«Certamente.»

Un sorriso doloroso.

«Vorrei poterlo abbracciare.»

Il mondo è grigio il mondo è bluDove le storie prendono vita. Scoprilo ora