CAPITOLO 6

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Io ed Esther arriviamo a casa, mantenendo tra di noi un silenzio pesante e carico di tensione. La mia amica ha capito perfettamente che c'è qualcosa che non va ed ha anche percepito quanto questa cosa mi turba, poiché diversamente dal solito non le ho raccontato cosa mi sta succedendo.
Quando entriamo in casa è buio e ci ritroviamo da sole, probabilmente perché mio fratello è uscito.
Esther si ferma all'ingresso, facendo così fermare anche me. Mi guarda, intensamente, ma senza rivolgermi parola, quasi cercando di leggermi nel pensiero e capire il mio tormento.
Quando eravamo piccole lo facevamo sempre, ci guardavamo così intensamente che una delle due tirava sempre giù lo sguardo perché si era stancata. Il nostro gioco di occhiate è iniziato proprio la prima volta che ci siamo viste.

Esther era una bambina molto silenziosa e quel giorno la incontrai per caso, nel parco dietro casa mia. Si era appena trasferita da Edimburgo, aveva 5 anni e stava giocando da sola con la sabbia. Delle lunghe treccine bionde le incorniciavano gli occhioni azzurri e un broncio sporcava le sue labbra.
Mi ero avvicinata a lei curiosa, perché trafficava con molto ingegno con delle formine cercando di costruire qualcosa che però era palese che non le venisse. Senza farmi notare l'avevo affiancata ed ero stata ad osservarla per quelli che parvero attimi interminabili, finché lei non si era accorta di me e mi aveva fissato, insistentemente.
"Cosa fai?" Chiesi curiosa, ma lei non mi rispose, si limitò a guardarmi incessantemente e a cercare di trasmettermi qualcosa, che però io non capivo.
"Ehi ma ci sei? Ce l'hai la lingua o te l'ha mangiata il gatto?" Ancora una volta la sua risposta fu il silenzio, però si degnò di tirarmi fuori la lingua, per farmi vedere che non gliel'aveva mangiata nessun gatto o altro tipo di animale.
Avevamo passato tanto tempo ad osservarci, senza un reale motivo, quasi come se cercassimo di conoscerci; quando lei aveva abbassato lo sguardo ed era tornata a concentrarsi sulla sua sabbia che in quel momento sembrava più interessante di qualsiasi altra cosa, così mi ero seduta accanto a lei, anch'io senza parlare, nonostante io non sia mai stata una bambina silenziosa, passò qualche minuto e lei si girò verso di me:
"Sono Esther, ci vediamo domani a scuola" e si era allontanata lasciandomi con mille domande sul suo comportamento ambiguo. Il giorno dopo però, era davvero a scuola con me, la ritrovai con le sue treccine e un grembiule rosa, intenta a studiare il mondo che le era attorno.
Da quel giorno è iniziato il nostro gioco, noi non parlavamo, ci sedevamo vicine silenziose e ci capivamo, senza bisogno di altro. Crescendo poi abbiamo imparato a conoscerci, però sapevamo che quando tra di noi regnava il silenzio, non serviva altro, perché le cose erano troppi grandi da esprimere a parole.

Anche ora Esther mi sta guardando con quegli occhi, preoccupata. Io però non reggo il suo sguardo, perché effettivamente non c'è niente di così problematico, non c'è motivo reale per cui dovremmo usare il nostro sguardo eppure mi sento come bloccata, la lingua non vuole sapere di muoversi ed aiutarmi a parlare.
"Arielle, vuoi spiegarmi cosa diavolo succede?" Se la mia amica mi ha chiamata con il mio nome di battesimo e non con qualche diminutivo, vuol dire che è davvero preoccupata per me
"A cosa ti riferisci Ther?" le domando con tono dolce e gentile, cercando di far scemare qualsiasi sua idea di ciò che è accaduto
"Non lo so, ti vedo strana da un po' di giorni e oggi tornando da scuola non hai spiccicato neanche una parola e fidati che, dopo la lezione di astrologia con quel pezzo di figo del Professor Laine, mi aspettavo come minimo qualche battutina o confessione su quanto il suo culo sia da urlo! Invece guardati, hai una faccia che sembra sconvolta e ti guardi intorno sempre preoccupata.. quasi come se avessi paura che qualcuno ti stesse seguendo."
A questo punto decido che è giusto confessare e rivelarle il pensiero che mi frulla per la testa da qualche tempo
"Esther, hai presente i ragazzi nuovi? Quei due gemelli?"
"Tyler e Zachary?" È così che si chiama quindi, penso tra me e me
"Si esatto, proprio loro." Mantengo la bocca chiusa quasi a trattenere il respiro e poi butto fuori tutto insieme "Tu non li trovi un po' strani? Quasi come se volessero nascondere qualcosa! Quel tipo, quello con i capelli blu e gli occhi color cioccolato, Zaf.. Zam.. ZACHARY! Proprio lui, ha un non so cosa che mi tormenta dalla mattina alla sera: il mio istinto grida di stargli alla larga ma poi inevitabilmente me lo ritrovo accanto. E cavolo ho quasi come l'impressione che loro mi seguano e ogni volta che mi sono vicini sento il corpo completamente diviso a metà, da una parte odio profondo e dall'altra bontà non misurabile! Oh Esther io non so che mi succede, mi sento completamente pazza, ma sono spinta a capire cosa non dicono quei ragazzi, ti prego dimmi se anche tu provi questo oppure aiutami a capire."

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#angoloautrici:
Buona sera lettori, eccoci qui! Buon 2017 a tutti, vi lasciamo sulle spine con questo capitolo!😘
A domani👯
-Sof e Nene

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