Giorno 3

1.9K 40 17
                                    

Amavo osservare l'orizzonte

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Amavo osservare l'orizzonte. Il posto ideale era su una spiaggia, il mare mosso e la sabbia tra i piedi. Meglio se da sola, senza distrazioni, sola con il rumore dei miei pensieri e del mare. Del vento e dei gabbiani. In quel momento era necessario, sia restare soli che trovarmi in quel luogo.

Da quando Lucas era morto non avevo parlato con nessuno. Non rispondevo ai miei, non rispondevo a Jessica, non rispondevo agli amici. Non rispondevo nemmeno a mia sorella, la persona che ritenevo più importante in assoluto e che attualmente si trovava a circa 700 chilometri da me. Mangiavo a stento, giusto lo stretto necessario per mantenermi in piedi e poter soffrire ancora. Il dolore era diventato parte integrante di me, unico compagno con il quale riuscivo a confrontarmi. Non mi sarebbe mai passato, e mai avrei voluto lasciarlo andare.

Chiesi espressamente solo una cosa, che mi portassero alla Casa Gialla. Una piccola abitazione su due piani che avevano comprato i miei tanti anni addietro, quando a stento riuscivo a camminare. Era il luogo ideale, oltre che un posto speciale per me e Lucas. Si trovava in una baia lontana dal mondo, l'unica casetta di una spiaggia desolata per la maggior parte dell'anno. Non era particolarmente curata, i miei non ci andavano mai ed io la utilizzavo solo per qualche week-end e per festeggiare date particolari. Era completamente in legno, con il tetto a spiovente color giallo. Un giallo che ricordava vagamente quello dei canarini, da questo derivava il nome. Il lego era sporco, l'intonaco assente in molti punti. Ad affacciarsi sul mare c'erano due finestre, di quelle quadrate che si vedono nei telefilm americani. Le tendine messe per garantire la giusta privacy. Una scalinata portava ad una sorta di veranda dove solitamente mettevo una sedia a dondolo nelle belle giornate di sole per leggere o per ammirare l'orizzonte. La porta d'ingresso era anch'essa gialla. Un luogo speciale ed ideale, rispecchiava la solitudine e l'abbandono che regnavano da tre giorni in me.

Iniziava a fare troppo freddo. In quella zona il vento era molto forte, prendeva velocità scendendo dalle montagne che circondavano la baia. Quando si alzava abbastanza, la brezza marina riusciva a raggiungerti il viso. Alcuni la trovavano fastidiosa, io la chiamavo vita.

Sobbalzai quando una mano si appoggiò sulla ma testa per accarezzarmi i capelli. Era Jessica. Da tre giorni veniva quì subito dopo il lavoro a trovarmi. Avevo chiesto di restare sola, tutto il giorno. All'inizio erano tutti così riluttanti, preoccupati che potessi compiere un gesto folle spinta dal dolore. Non mi bastò molto per convincerli. I miei genitori mi volevano un mondo di bene, si fidavano di me. Promisi che non avrei fatto nulla, che non avevo intenzione di spingermi a tanto. Mentivo, ovviamente. Però, come ho già detto, Jessica veniva ogni giorno. Dopo le cinque arrivava e mi stava vicina. Amavo il suo modo di fare. Non era invasiva, non parlava. Semplicemente mi accarezzava la testa, si sedeva di fianco e restava con me a guardare il mare e l'orizzonte. A volte appoggiava la testa alla mia spalla, a volte ero io a farlo. Mi conosceva fin troppo bene, sapeva che non avrei accettato alcun tipo di conversazione, che avrei parlato io nell'attimo giusto, quando mi sarei sentita pronta a farlo.

Al di là dell'Orizzonte - Domenico De MartinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora