Sabbia ardente;
Sabbia ardente; tutto ciò che Paulo vedeva nella pelle di Lucia era sabbia ardente. Quella che ti brucia i piedi in estate, dalla quale scappi per rifugiarti in mare.
Sabbia calda, bollente tanto da far male al solo sguardo. Tanto da carbonizzargli gli occhi castani anche soltanto fissandola distrattamente.
Quel colorito scuro, caramellato, tanto invitante da farti quasi venire la voglia di assaggiarla; di sentire se veramente ha il sapore del dolce al quale assomiglia.
Così liscia e soffice che è quasi snervante stare a guadarla.Erano le tre del mattino, e Paulo, perso nei suoi pensieri sulla pelle dell'amica, non udì quello che la ragazza gli stava dicendo, con l'accenno di un sorriso sulle labbra piene e rosee.
- Ch'hai detto? - si voltò verso di lei con le sopracciglia corrugate, rendendosi conto solo in quel momento di star stringendo tra le mani il braccio di Lucia.
Non lasciò la presa, comunque, siccome quel contatto era troppo piacevole da abbandonare. Un'abitudine che Paulo aveva sin da piccolo.
- Dicevo che, seppur tu sia cambiato fisicamente, i tuoi modi sono sempre gli stessi. - rise, accennando alla mano che le stringeva l'avambraccio - Sai, non mi hai mai detto perché lo fai, in tutti questi anni. -
- Non saprei che dirti, - alzò le spalle, abbassando lo sguardo sui suoi piedi penzolanti, a più di cinque metri di altezza dal suolo - è un'abitudine. -
- Andiamo! - lo stuzzicò, pizzicandogli la guancia - Siamo all'albero, ormai, perché non approfittarne per rivelare un nuovo segreto? -
- Ma se sei tu quella che mi ha trascinato fuori di casa alle due del mattino perché avevi qualcosa di importante da dirmi? - rispose, iniziando a disegnarle cerchietti immaginari sul braccio nudo.
- Prima tu, altrimenti non aprirò bocca. - gli fece la linguaccia, ridacchiando.
- D'accordo, - le rispose in un sospiro, passandosi una mano tra i capelli castani - beh, a dire la verità non lo so. Mi è sempre piaciuta la tua pelle, ed è rilassante poterla sentire accanto a me. Qualcosa di certo, concreto. Come se il suo perenne calore mi riscaldasse il cuore. -
Lei rimase in silenzio, probabilmente assaporando il sapore di quelle parole così dolci ed inaspettate da parte di Paulo.
Il suo volto angelico non tradiva emozione: un'espressione neutra, forse leggermente tranquilla glielo modellava mentre guardava di fronte a se il mare in lontananza, e udiva le onde scontrarsi contro la riva.- Chi lo avrebbe mai detto, - ridacchiò, non distogliendo lo sguardo dalla spiaggia - che il piccolo Paulino fosse così profondo? - gli diede una leggera pacca sulla spalla, per poi poggiare la testa proprio li, in cerca di un po' di riposo.
- Simpatica. - le fece la linguaccia, solleticandole la pancia - Ma ora tocca a te, non avrai forse intenzione di venire meno alla tua parola? - la sfidò, sapendo che per Lucia una promessa era un qualcosa di sacro, come la religione.
- Mi offendi. - rispose a tono, scattando a sedere ed incrociando le braccia al petto. - Pensi davvero che io sia in grado di mentire? Anzi, di mentire a te? -
- Eddai, sai che scherzavo. - alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
- Lo so, lo so, querido. - ridacchiò, mentre posava la sua intera attenzione sulle sue scarpe da tennis slacciate, consumate e scolorite che dondolavano nell'aria.
Le piaceva da morire quella sensazione: non avere la sicurezza di essere al sicuro. Stare a metà tra il poter morire e vivere come tutti i giorni: proprio come faceva da quando era nata.
E seppure le sembrasse di essere persa, sola e senza qualcosa di vero accanto a lei, in fondo al suo cuore sapeva che c'era Paulo; che c'era sempre Paulo.- Ho sentito dire da mia madre che sta arrivando in paese un imprenditore. - sussurrò, dopo essersi presa il tempo necessario per formulare la frase in modo che fosse completa si, ma che le mancasse qualcosa, così da costringere Paulo a farle altre domande ed evitare che l'amico si addormentasse.
- Perfetto, - sbuffò, stancamente - e sentiamo, che cavolo ci viene a fare un imprenditore in un paesino come Cefalù? O meglio, un mafioso? -
- Non sai certamente che è un mafioso. - Lucia accorse in difesa dello sconosciuto, anche se con un filo di incertezza nella voce.
- Per piacere, tutti lo sono, picciridda. Dovresti saperlo bene, ormai. -
- Come vuoi. - lo liquidò con un gesto della mano, che avrebbe fatto irritare qualsiasi ragazzo, ma non Paulo, troppo abituato a quel comportamento - Comunque, hai presente il calzolaio? Li vicino c'è un locale che è rimasto chiuso per anni, e questo Torinese ha deciso di comprarlo ed installarci uno dei suoi negozi. -
- E di che tipo di negozio di stratta? Scommetto che è solo una copertura per permettere ai suoi dannati scagnozzi di riscuotere il pizzo. - disse sprezzante, gli occhi che si oscuravano al solo pensiero di quelle persone disgustose.
- Sport, o qualcosa del genere. - rispose in uno sbadiglio, alzando le spalle.
- Mh, - Paulo aveva la tipica espressione di una persona che stava rimuginando su qualcosa, ma Lucia era troppo stanca per poterlo notare, quindi chiuse gli occhi e poggiò la testa sulla spalla dell'amico, come aveva fatto milioni di altre volte. - hai detto che è di Torino, e sai come si chiama? -
- Uh, - la ragazza era troppo stanca anche soltanto per pensarci - lo chiamano il principuccio, il principetto, qualcosa di simile; non mi ricordo bene. - sussurrò con la voce impastata di sonno.
- Va bene. - terminò la conversazione lui, rendendosi conto che Lucia si era appena addormentata.
Paulo sospirò, poggiando la schiena sul ramo dietro di loro; la mente persa da qualche parte nell'universo, nell'angolo più buio e contorto.
La notizia raccontatagli dall'amica lo aveva turbato violentemente, facendo crescere in lui milioni di dubbi e domande: e se fosse stato uno davvero pericoloso? Uno che stava ai piani alti?
Aveva paura, era evidente; paura per se stesso e per la sua famiglia, Lucia inclusa.Portò lo sguardo su di lei, sapendo che sarebbe stata l'unica cosa in grado di calmarlo e tranquillizzarlo. Guardare quella lunga chioma color carbone, con qualche riccio qua e là, sopra il volto addormentato. Accarezzarle le gote alte e lucide come quelle di un bambino, e poi lasciarle un lieve bacetto su entrambe.
Non era preoccupato di dover dormire li; lo avevano già fatto milioni di volte, ed i loro genitori ormai non si preoccupavano neanche più, sapendo che erano insieme.
Quindi chiuse gli occhi, ma non prima di lasciare un ultimo sguardo dolce alla bella ragazza tra le sue braccia, cercando di mandare via tutti i brutti presentimenti che sentiva dentro al cuore."Portala via, Paulo. Portala via da qui e non ti voltare più indietro." gli dicevano. Ma lui non li ascoltò, convincendosi che fossero soltanto voci insensate, create dalla paranoia.
- 'Notte, picciridda. - sussurrò, le palpebre già serrate, prima di sprofondare a sua volta nel sonno.
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Picciridda // P. Dybala, C. Marchisio
Fiksi Penggemar"- Sei così piccola, - soffiò mentre giocherellava con qualche ciocca castana - solo ora capisco il perché del tuo soprannome: picciridda, piccolina, bambina. La mia cita. -"