Ciao a tutti ragazzi, scrivo questo messaggio in modo frettoloso per un motivo: il terremoto.
Mi ero promessa di finire di scrivere il sesto capitolo sta mattina, ma, come tutti ben sapete, dalle 10.25 in poi è ricominciato uno sciame sismico per nulla indifferente, le scosse sono forti, e molto molto frequenti (l'ultima proprio qualche minuto fa).
Sono delle Marche, della provincia di Macerata, e avendo già vissuto le scosse dei mesi scorsi ho molta paura, anche perchè da ciò che stanno dicendo i sismologi in televisione, le scosse continueranno.
Ad ogni caso, non volevo lasciarvi senza un capitolo, perciò ho deciso di pubblicare una metà del capitolo 6 che ho scritto ieri sera e, non appena questa situazione imprevista di placherà, state tranquilli perché pubblicherò anche la seconda parte.
Spero nella vostra comprensione e grazie per tutte le letture avute finora! ❤️
Buona lettura!~~~
"E, mi raccomando, la chiusura non prima delle tre", l'ammonisco, incastrando il cellulare fra orecchio e spalla.
"Finché ci sono clienti, il bar rimane aperto. Niente scuse.", sollevo un piede alla volta sulla sedia per fare i risvolti ai pantaloni."Che pesante che sei!", borbotta Paolo.
"Un'altra cosa..per favore, evita di combinare cazzate, tipo scatenare risse con clienti a cui non vanno bene i cocktail che hai preparato".
Sento uno sbuffo dall'altra parte. "Un semplice grazie all'unico amico che ti aiuta con il bar sarebbe più che apprezzato, sai?"
"Te lo dirò non appena avrò la certezza che la reputazione del mio locale non sia stata rovinata nel giro di una sera", affermo.
"E giusto per far sì che non passi in secondo piano: gli alcolici si trovano sugli scaffali e sugli scaffali restano. Se vengo a sapere che ti sei sgolato anche solo un sorso da una bottiglia, le prendi.", con quest'ultima ammonizione chiudo la chiamata.Lo specchio riflette una figura che non mi piace. Sono ingrassato? O forse è colpa del giubbetto...
Una parte del cervello mi ricorda che ho altro di più importante a cui pensare rispetto ad un semplice giubbetto imbottito, ma l'altra parte mi dice che se non pensassi a ciò che ritengo "più importante", sarebbe ancor meglio: eviterei delusioni, angosce e soprattutto illusioni.Aaah, al diavolo cervello schifoso!
Il rimbombo dei miei piedi che battono sulle scale si espande per tutto il palazzo. Una volta in macchina do un'occhiata all'orologio.
Sono fin troppo in anticipo.
Manca ancora un'ora all'inizio della partita.Fra una canzone e l'altra, qualche incrocio e marcia, il cellulare vibra più volte sul sedile accanto al mio.
Al primo semaforo rosso scruto il display.Scusami Cla', non mi sento bene.
Forse ho la febbre..
Divertiti anche per me alla partita
Dimenticavo... Fai tanto tifo per il manzo!
"Diamine!", urlo con gli occhi al cielo.
Sto andando, da solo, avendo lasciato la mia attività nelle mani dell'amico più sfrenato che ho, alla partita di calcetto dell'ultimo dipendente assunto al bar.
Una roba normale, insomma.La mia mente non mi da tregua, di nuovo.
In un momento mi suggerisce di fermare la macchina e scrivere a Mario che "mi dispiace, ma non posso andare alla partita". Il momento successivo, però, mi ricorda che lo stesso Mario mi ha invitato ad andare a vedere quella partita, e non sarebbe carino rifiutare.
È vero, per primo ha rivolto l'invito a Rosita ma semplicemente perchè stava parlando con lei. L'invito sarebbe valso subito anche per me, no?
Ad ogni caso, questa non sarebbe una buona scusa per farmi sentire completamente apposto con la coscienza se adesso facessi inversione di marcia e tornassi a casa.Non andare sarebbe come non mostrare interesse verso ciò che fa.
Passerei per menefreghista, per il datore stronzo troppo preso dal lavoro.Mentre questa lunga serie di ipotesi inutili vaga nella mia testa, la mia macchina, invece, vaga già nel parcheggio del campetto alla ricerca di un posto su cui sostare e, una volta trovato, resto seduto sul sedile per cinque minuti consecutivi.
Fisso la strada avanti a me, seguo con gli occhi qualche auto che centra le linee bianche del parcheggio, ma, immobile, con le mani nelle tasche, attendo che un briciolo di coraggio mi dia la forza per scendere dall'auto.Bastano due colpi sul finestrino per farmi sobbalzare, al contempo un sorriso schiarisce la paura.
Un borsone blu in spalla, la divisa della squadra addosso composta da un pantaloncino e una maglia a maniche corte. La barba e i capelli leggermente sudati.
"Ti vedo carico.", riesco a dire dopo aver chiuso lo sportello.
Una breve risata lo pervade. "La verità è che ho appena finito il riscaldamento con l'altra squadra e gli avversari non sono temibili come pensavo."
"Beh, dire questo non ti fa molto onore..", gli faccio notare.
"Non fa onore a loro, non a me.", sta volta la risata pervade il sottoscritto.
Un momento di silenzio cattura l'aria, sembra durare un'eternità, portando con sé del sano l'imbarazzo.
Mi chiedo se a lui faccia strano avere fra la tifoseria il nuovo datore, e, se sì, che sensazioni gli trasmette. Chissà se è uno stimolo, o un freno. Se in cuor suo si sente in dovere di dare il massimo per dimostrarmi di essere bravo anche nel calcetto.Sogna Claudio, sogna.
"Io devo andare, faccio una doccia veloce.", spezza quell'istante di silenzio, indicando l'entrata degli spogliatoi.
"Oh, certo.. Vai pure, ci vediamo dopo".
![](https://img.wattpad.com/cover/95424359-288-k718448.jpg)
STAI LEGGENDO
La notte e Il giorno • Claudio Sona e Mario Serpa
FanfictionQuando faccio per rispondere al suo sorriso, mi rendo conto di non dover fare alcuno sforzo. Dal primo sorriso che gli ho porto, la mia espressione non é cambiata nemmeno per un istante, e mentre realizzo questa cosa, non fa più così tanto freddo.