Bip. Bip. Biiiip.
Il cuore si era fermato, non aveva più retto. La mia piccola bambina di soli vent'anni era volata in cielo, accolta dai nonni e bisnonni.Piansi. Avrei voluto urlare, sfogare tutto il mio dolore, se solo non avessi attirato l'attenzione di tutto l'ospedale. In compenso piansi tutte le lacrime a disposizione, facendo così colare tutto il trucco, che si depositò in parte sulla camicia bianca.
Chiamai così piangendo prima un medico e poi mio marito, riuscendo a malapena a formulare una frase di senso compiuto che annunciava la morte di mia figlia. Chiamai il medico perché c'era sicuramente qualcosa da fare, mia figlia non poteva morire. Era così piccola..
Lo supplicai a più non posso. In fondo ero però consapevole che tutto era ormai inutile. Sarebbe dovuto servire di un miracolo per farla tornare in vita, l'avrei pagato per qualsiasi somma, ma nessuno era in grado di tali prodigi. Nessuno poteva. Dovevo arrendermi, mia figlia era morta.
Quasi non ci credevo, speravo di essere in un incubo, che quella che stavo vivendo non fosse la vera realtà, eppure il suono continuo della macchina che calcolava il battito cardiaco era inconfondibile.
Mi crollò il mondo addosso, e caddi anche io. Fortunatamente, mio marito era appena entrato in camera e con un'agile balzo mi sostenne. Mi aggrappai a lui, e con gli occhi cercai di comunicargli tutto il mio dolore. Fu come sfondare una porta aperta.
Guardai i miei figli rimanenti. Gioia era rimasta a bocca aperta, stava ancora realizzando il fatto, probabilmente non l'era stato raccontanti nulla. Fissava attonita Rebecca sul lettino dell'ospedale. Tremava, ma fortunatamente suo fratello la stava abbracciando, sostenendola. Lei, in cambio, gli premeva la testa appoggiata sulla sua spalla, ma non riusciva a far nulla per calmare i singhiozzi di lui. Anche Federico piangeva, senza crearsi problemi a farsi vedere così fragile. Vederli giocare insieme, nonostante la differenza d'età, era sempre stato motivo di grande gioia per tutti.
Guardai infine la più piccola, Letizia, che a soli quattro anni era già spettatrice della morte. Ma non capiva, chiamava me e Gianluca, ci tirava i vestiti per ricevere attenzione. Voleva sapere cos'era successo, perché la sua sorellona era sdraiata sul letto e non le rispondeva quando l'aveva chiamata. Perché non si muoveva se la scuoteva, perché non si svegliava? Che cosa era successo? Era come la Bella Addormentata? Perché allora Riccardo non veniva e la baciava, così si risvegliava? Mirabile come credesse che il mondo fosse popolato dalle principesse, che la vita di queste nelle favole fosse reale e quotidiana.
Qualche ora dopo, quando riuscì a ricompormi e calmarmi, chiamai Riccardo e la sua famiglia per farli venire qui all'ospedale. Non dissi nient'altro, non diedi loro la tremenda notizia per telefono. Non era il modo.
Non mi meravigliai quando, coscienti della situazione, si misero a piangere. Sapevo che tenevano anche loro molto a mia figlia, non quanto me, certo, ma poco ci mancava. Erano anche loro distrutti.
Riccardo si avvicinò a me e Gianluca, in lacrime, scusandosi ancora per quello che aveva causato. Era colpa sua se mia figlia era morta, aveva avuto un momento di disattenzione e, arrivando da davanti una macchina in contromano, aveva sbandato cercando di schivarla, causando molte ferite e un coma a mia figlia. Ma l'avevamo già da tempo perdonato, lo sapeva, eppure continuava a scusarsi, non reggeva più il nostro sguardo per più di qualche secondo.
Lo guardai attentamente, prima di stringerlo in un abbraccio compassionevole e consolatorio. Era ridotto male, dimagrito di diversi chili, grosse occhiaie gli solcavano il viso, gli occhi spenti, lo sguardo basso. La maglietta che qualche mese fa gli era stretta ora era diventata larga, e lo stesso per i pantaloni. Mi dispiaceva vederlo così, nonostante fossi ridotta poco meglio.
Scoprii qualche settimana dopo che si suicidò. Il padre lo trovò impiccato in camera sua con la corda che aveva adoperato quando era stato scout, qualche anno addietro. Aveva lasciato un biglietto di poche parole sulla scrivania: "Vado da Rebecca, ci rivediamo nell'aldilà. Mi dispiace provocarvi questo altro dolore, ma la mia ragazza mi manca terribilmente e non c'è modo per guarire se non stare con lei." In allegato, una piccola custodia contenenti due anelli d'oro bianco, bellissimi e allo stesso tempo molto semplici. "Chiedo che questa scatoletta sia sepolta con me, per poterle chiedere la mano quando la raggiungerò."
Il funerale fu congiunto. C'era praticamente mezza città, erano molto amati anche da chi li conosceva poco. Furono sepolti insieme, in accordo con Mariangela e Alberto, i genitori di Riccardo. Erano talmente affiatati i due ragazzi, che separarli in due tombe distinte pareva far loro un torto atroce. Furono vestiti e acconciati come se dovessero sposarsi a breve e non per essere deposti sotto terra per il resto del tempo. In fondo, lui le avrebbe chiesto la mano ed eravamo certi che lei avrebbe accettato volentieri. In caso contrario, non sarebbero stati neanche troppo originali lassù, anche i bisnonni avevano indossato per ultimo l'abito di nozze.
Un mese dopo, la vita quotidiana tornò a bussare alla porta. Non ci si poteva più piangere addosso, era tempo di reagire e andare avanti, nonostante le grosse perdite.
Appendemmo in comune accordo un quadro in ognuna delle due case delle due famiglie con la fotografia a nostro parere più bella che avessero mai avuto. Li ritraeva sorridenti e abbracciati, una sulle spalle dell'altro, sulla cima della montagna più alta che avevano sormontato. Non erano stati scalatori, ma piaceva loro molto fare lunghe passeggiate in montagna che li portava a ammirare paesaggi mozzafiato.
In basso, due candele, le uniche sempre accese in casa. Non si spegnevano mai, come il ricordo che conservavamo nei nostri cuori.{ME,MYSELF&I}
It's the end.
Credo che scriverò altri pensieri, per così dire, divisi in più capitoli, mi piace come soluzione. Spero anche a voi (in realtà solo te, hurricane_3 , che continui a seguirmi hahah. Massì, va bene lo stesso) piaccia.
Grazie a chi non ha mollato ed è ancora qui.FARMAKON
STAI LEGGENDO
Pensieri Confusi Di Una Mente Contorta.
Short StoryIn quanto fuori di testa, questa è semplicemente una raccolta di storie brevi senza un filo logico che le colleghi. Non ci sono secondi piani della storia, critiche tra le righe o simili, vanno lette per come sono, senza chissà quale interpretazione...