CAPITOLO 5

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Passò così tanto tempo che mi sarei addormentato se non mi fosse venuto un attacco di panico ogni sei minuti, quando il veicolo fece una brusca frenata e io fui spinto in avanti.

Nessun treno fa delle brusche frenate, pensai.

Mi aspettai di sentire i rumori della stazione, ma oltre al battito del mio cuore non c'era alcun rumore. Il buio intorno a me sembrava essersi fatto più denso e spesso. Come se intuisse la tensione del momento.

Silenzio ancora.

Mi guardai intorno in attesa di qualsiasi cosa: una porta nascosta che si apriva, magari la botola sul soffitto, uno spiraglio di luce, un rumore.

Il tempo sembrava dilatato. Ogni secondo pareva tirato e allargato fino a durare minuti, ore.

Il battito del mio cuore si fece più lento.

Quando mi convinsi che non sarebbe successo niente e cominciai a rilassare i muscoli, un schiocco improvviso mi sparò il cuore in gola.

La botola sul soffitto si apri verso l'interno e un accecante fascio di luce si riversò nell'abitacolo illuminando quei contorni che mi avevano messo così ansia.

Era un semplice vagone metallico completamente spoglio, se non per i tappeti polverosi sul fondo.

Una scaletta di corda calò giù dall'apertura non appena la macchia nera dovuta allo sbalzo di luminosità mi scomparve dagli occhi.

Non salii finché una voce aspra, da sopra, mi gridò: - Sali, stupido Grezzo!

Non capii cosa intendesse con quell'insulto ma non obbiettai e mi arrampicai per la scaletta ruvida, lo zaino in spalla.

Appena sbucai la luce era ancora più terrificante.

Mi coprii gli occhi con una mano per qualche secondo facendo filtrare la luce a poco a poco, per abituarmici.

Quando abbassai il braccio un uomo alto e secco mi afferrò per il bavero.

-karn, sei sicuro che questo grassone sia un Abile?

-si te l'ho detto, sono quelli giusti. Anche se lui sembra più stupido della ragazzina bionda.- disse qualcuno da sotto il vagone.

Non feci caso agli insulti, ma pensai subito: <Eloisa!> allora era salva.

Il secco mi spinse con forza al di sotto e caddi con mia sorpresa nella sabbia, graffiandomi il gomito.

Alzai lo sguardo eravamo in una sorta di deserto. Deserto con l'aria fredda.

Davanti a me un'infinita distesa di sabbia, dietro di me il treno che mi faceva ombra.

Appena mi alzai l'altro uomo, un tipo normale con una bandana strana intorno alla testa e una giacca di tela logora mi spinse di nuovo a terra.

-muoviti Grezzo.

Diceva grezzo come un insulto.

Mi alzai a fatica e l'uomo mi bloccò le mani dietro la schiena con una stretta poderosa, poi me le legò strette con una corda graffiante.

- muoviti Grezzo - ripeté - stiamo per andare in un posto.

Mi spintonò per farmi camminare e io obbedii senza pensarci troppo, scosso da tutta la situazione.

Guardai di fronte a me, la sabbia si perdeva nell'orizzonte il freddo vento continuava a spazzare le dune e i miei capelli.

Mi voltai mentre il Secco balzava giù dalla carrozza, e notai che le rotaie finivano in quel punto e il treno, senza locomotiva sembrava essere lì da sempre. Un intestino di vagoni senza comandante; eppure lo avevo sentito muovere. Lo aveva sentito anche Tesla.

ELEMENTS: DOMINIUMDove le storie prendono vita. Scoprilo ora