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Sonia

25 ottobre 2014
Caro Dane,
Ci siamo! Sono in aereo, siamo appena decollati. Sono le nove di sera, fuori il cielo è scuro, ma in lontananza si riesce a vederlo ancora chiaro, con il sole che tramonta chissà dove, in quest'istante. Dovrei arrivare a Torino poco prima della mezzanotte. Purtroppo non potrò venire a farti visita nell'immediato. I miei genitori dicono che saranno molto stanchi per accompagnarmi e io non posso girare da sola a quell'ora. So che tu saresti stato d'accordo... Io sarei venuta volentieri da te il prima possibile, ma non fa nulla. Verrò domani, subito dopo la colazione.
Mi sveglierò presto, non mi importa se saró stanca, e verrò a salutarti. Ormai mancano poche ore, penso una decina. E finalmente potrò riabbracciarti. È passato cosi tanto tempo, più di tre mesi. Non so come possa aver resistito. Però adesso non sto più nella pelle. Il solo pensiero che tra non molto potrò averti per me mi fa dimenticare anche di respirare.
Buona notte, amore mio.
            
                                                  Sonia

Ma prima...

Daniel


F

abio e Giorgio iniziarono a litigare non solo a parole, ma alternando l'uso delle mani a quello delle gambe.
Annabella si precipitò verso di loro per tentare di separarli, ma non era facile intromettersi fra due che se le stavano dando di 'santa' ragione.
"Ragazzi, basta!" urlò, allargando le braccia, in modo da tenerli lontani l'uno dall'altro.
"Ma di nuovo?" uscì dalla bocca di Filippo, forse involontariamente. Tommaso lo fulminò con lo sguardo, ma l'inevitabile era accaduto. Nulla si sarebbe potuto fare per cercare di rimediare. E anzi, ciò che si poteva fare era solo sperare che la situazione non si aggravasse ulteriormente.
Annabella si voltò a guardarlo.
"Come di nuovo ? Avevate già fatto a botte voi due?" domandó furiosa, quando i due si furono calmati. Sapevano che in quel momento sarebbero stati entrambi crocifissi.

"N-no..." sussurrò con un fil di voce Fabio.
"No..." si unì Giorgio.
Mi era sembrato così ridicolo che i due, pur di non prendersi una strigliata, fossero persino arrivati a coalizzarsi assieme.
"Bene. Voglio ben sperare per voi. Per questa volta passi, non prenderò alcun provvedimento, nè vi chiederò spiegazioni. Ma sappiate che la prossima volta finirete in grandi guai. Tu, Fabio, non capisco perché abbia reagito così. L'indifferenza alle provocazioni è la miglior arma. E tu, Giorgio, smetti di provocare. Qua non sei il capo, non puoi fare e dire quello che vuoi".

Annabella era stata coraggiosa a dire quelle parole a Giorgio. Era da troppo tempo che si divertiva a provocare Fabio che, dal canto suo, non era proprio un angelo.

"Su, Forza. Tu rientra" ordinó a Fabio che, rialzatosi da terra, si sistemò la maglietta. Lui obbedì, mettendo nuovamente piede nella palestra sotto lo sguardo attento e stupito di tutti i compagni. Infine chiuse la porta alle sue spalle e la lezione, dopo una breve pausa, potè riprendere.

All'uscita dalla palestra ero molto scosso per quello che era successo. Erano moltissimi i misteri che circondavano Fabio e tutto ció ruotava attorno alla sua vita sentimentale.

"Secondo te di cosa si tratta?" mi domandó Tommaso a lezione terminata, mentre aspettavamo di prendere assieme il pullman. Avevo scoperto che non abitava molto lontano da me.
"Non lo so, non te lo so dire" sentenziai.
"Forse Giorgio è innamorato di Fabio".
"Ma va, ti pare? Oltretutto forse..."guardai il mio amico.
"Forse che?". Tommaso sembrò pendere dalle mie labbra.
"Forse è interessato a qualcun altro. Ricordi, qualche settimana fa ci aveva provato con te...".
"Figurati, non è come pensi. Era un bacio così, tanto per".
"Se lo dici tu...". Feci spallucce.
"Guarda che ti stai sbagliando. Se vuoi glielo andiamo a chiedere assieme" mi rispose Tommaso.
"E quando? Lunedì lui non ci sarà. Una settimana non ce la faccio ad aspettare" dissi, curioso ed elettrizzato allo stesso tempo dalla situazione.
"Adesso. Guarda, è alla fermata opposta alla nostra" mi disse, indicandomi la sua persona davanti a noi.
"E chi glielo chiede?" domandai, mantenendo malizia nel tono della voce.
"Io".
"Non ci credo, Tom".
"Ah no? Scommettiamo un centinaio di addominali che ho il coraggio di andare a chiederglielo".
"D'accordo" dissi, sicuro che non lo avrebbe fatto. Ci stringemmo la mano.

Lo vidi incamminarsi a passo svelto verso Fabio, attraversando addirittura con il semaforo rosso le strisce pedonali, mezze sbiadite in mezzo all'asfalto calpestato giornalmente da migliaia di auto.
"Oddio" pensai. Non scherzava affatto.

Si paró di fronte a lui. Nessuno di noi aveva notato che assieme a lui ci fosse un ragazzo con il quale stava parlando. Tommaso li interruppe iniziando a parlare.
"Scusa, Fabio. Devo parlarti". Il ragazzo, castano, si girò a guardarlo. A guardarlo bene mi era parso quello visto all'uscita da scuola. Io rimasi in mezzo alla strada, con le auto che, rallentando per cercare di non investirmi,  suonavano il clacson per farmi spostare. Ma, inghiottito dalla situazione, avevo perso la cognizione dello spazio, non arrivando neppure a capire che stavo creando una lunga fila di macchine alla mia sinistra.
"Che cosa vuoi, Tommaso? Sono occupato, cazzo" rispose in modo scontroso Fabio.
"Hey, non toccarmi" disse lui, scansandosi bruscamente.
"Parla, allora. Muoviti" lo invitò Fabio.
"Fabio, ma chi è questo?" domandò il ragazzo castano, praticamente incollato a lui.
"Lo conosci?" insistette, come ad esserne geloso.
"Sì, siamo compagni di danza. Ma in pratica non lo conosco. So solo il suo nome".
"Non è vero. Non sai solo quello, altrimenti non mi avresti baciato l'altro giorno. Di solito non si bacia una persona solo per il suo nome. No? C'è qualcosa che sai di me, qualcosa che ti ha portato a farlo".
Il ragazzo si voltó a guardare Fabio, sconcertato.
"Che cazzo stai blaterando?" parlò Fabio guardando con imbarazzo il suo amico.
"Volevo domandarti il motivo del perché l'altro giorno tu mi abbia baciato".
"Fabio... davvero lo hai baciato?" domandò il moro.
"Eh? Cosa? Io..." prese tempo lui, cercando le parole corrette per giustificarsi.
"Vi siete baciati?" domandó di nuovo, con tono più alto e le gli occhi luccicanti.
Tommaso sbarró gli occhi e spalancò la bocca. Probabilmente avrebbe voluto sotterrarsi in quel momento per la gaffe che aveva appena fatto.
"No, non è come pensi..." provó a giustificarsi. Il ragazzo prese lo zaino da terra e salí sul pullman che era appena arrivato alla fermata, di fretta.

Fabio non potè fare altro che guardarlo attraverso i vetri dell'autobus, senza salire. Se avesse fatto ciò, probabilmente sarebbe stato ucciso.

"Che cazzo hai fatto!" urló Fabio contro il mio amico, prendendo tra i pugni il colletto della sua giacca. Nel frattempo li avevo raggiunti e dovetti intervenire per evitare che la situazione peggiorasse.
"Davvero, io... non volevo! Scusami, non era mia intenzione! Sul serio" lo pregó di perdonarlo Tommaso.
"Merda... e adesso cosa faccio?" si domandò a bassa voce, mettendosi una mano sulla fronte dopo aver lasciato il mio amico.
"È il tuo ragazzo?" osò domandare Tommaso. Fabio si voltó a guardarlo.
"Non sono affari tuoi. Anzi, giá te ne sei fatti abbastanza. Non racconterò la mia vita privata a uno che me l'ha rovinata".
Detto ciò, sia io che Tommaso, seppur da postazioni differenti, vedemmo Fabio allontanarsi sul primo pullman che passò pochi istanti dopo. Non aveva nemmeno controllato il numero del mezzo sulla schermata. Di sicuro il suo unico desiderio era stato quello di andarsene di lì e non vederci per un po'.

La storia prima della storiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora