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Daniel

Il lunedì successivo ebbi l'incontenibile desiderio d'impegnarmi a cercare di scoprire chi fosse il ragazzo misterioso.
Andrea era sembrato molto convincente e sicuro di sè nel dirmi che non mi avesse mai visto prima di quel momento. Non pareva aver avuto alcun tipo di timore nel pronunciare quelle parole, non avrebbe potuto star mentendo.
Nel profondo del mio cuore, peró, non ne ero sicuro al cento per cento. Ciò era dovuto al fatto che io mai credessi a quello che non vedevo. Per tale motivo volevo davvero avere la certezza che non fosse lui.
Altrimenti, se davvero fossi stato certo, quale sarebbe stato il senso di scoprire chi fosse stato il ragazzo con cui avevo parlato il primo giorno di scuola, se poteva trattarsi di uno qualsiasi?

Da quella settimana cominciai a studiare quale fossero i suoi orari, il momento in cui si appostasse davanti a scuola al mattino o dove andava quando usciva al pomeriggio. Feci tutto da solo, senza avvisare Melissa&Co. Di sicuro avrebbero voluto aderire all'iniziativa, rischiando peró di intralciarmi. Apparte Lucrezia erano infatti molto confusionarie e non erano in grado di svolgere compiti così complicati e precisi come quelli che avrei dovuto mettere in pratica io.

Bastava infatti che il ragazzo capisse che l'avevamo preso di mira per rendere le nostre iniziative non più top secret, come io volevo che fosse.

Un'altra cosa che mi occupai di fare fu cercare di capire quale fosse il mezzo con cui tornava a casa il pomeriggio: se venissero a prenderlo i genitori, i nonni, se tornasse da solo, se prendesse il pullman o il tram o tornasse in bici come ero solito fare io.

Nonostante tutti i miei buoni propositi per tentare di ottenere risposte soddisfacenti, nelle prime due settimane fu impossibile, per me, riuscire a ottenere anche il più piccolo indizio. Non potei capire nemmeno quali potessero essere la classe e la sezione che frequentava, perché durante l'intervallo non avevo mai avuto l'occasione di incontrarlo. Probabilmente non usciva e cercarlo all'interno delle classi risultava improponibile.

Ma non mi diedi per vinto. Attesi, con pazienza. Analizzai, con precisione. E finalmente, l'ultimo giorno prima delle vacanze natalizie riuscii a incontrarlo.

Il venerdì, sia io che lui terminavamo le lezioni alle due del pomeriggio. Lui era solito uscire quando c'era molta gente, forse per non dare nell'occhio. Poi si dirigeva di corsa fuori, con le cuffiette bluetooth nere alle orecchie. Camminava di passo svelto, guardando dritto davanti a sè, con sguardo serio. Probabilmente aveva fretta. Forse, ad aspettarlo davanti a scuola c'era l'auto di sua madre. No. Magari tornava a casa in pullman, con un mezzo che passava ogni morte di papa e che non poteva permettersi di perdere.

Purtroppo non riuscii a capire dove si stesse dirigendo. Intuii solamente che non tornava a casa in bicicletta o in auto con i genitori. Prendeva quasi sicuramente il pullman o il tram. Era improbabile che tornasse a casa in taxi. Chi se lo sarebbe potuto permettere nella quotidianità?

Riuscì a scomparire dalla mia vista senza che io potessi accorgermene. Bastó un mio sguardo distratto, rivolto in risposta a un saluto di una mia compagna di classe, per impedirmi di proseguire nella mia ricerca.

Nel frattempo Tommaso aveva cercato di mantenere l'amicizia con Andrea uscendoci insieme...

Tommaso

Prima che partissi, io e Andrea ci organizzammo per vederci. Il luogo dell'appuntamento era stato prefissato nella mia zona, nei pressi della palestra. In primo luogo perché ad entrambi piaceva parecchio: dove abitavo le strade erano piene di negozi. In secondo luogo perché io avrei rischiato di perdermi in zona da lui, avendo preso pochissime volte il pullman. E poi, Andrea veniva spesso dove abitavo io. Diceva di avere dei parenti nel palazzo di fronte a quello dove vivevo. Ma non meno importante, la comodità della metro in zona era un ulteriore mio punto a favore.

L'incontro fu davanti al bar in cui mangiammo qualcosa assieme io e Daniel la volta precedente. Almeno avevamo un punto di riferimento di cui entrambi conoscevamo la collocazione. Entrai velocemente per chiedere se il conto dell'ultima volta fosse stato saldato: mi diede conferma Raf, il mio cameriere di fiducia nonché vicino di casa. Con il pollice sollevato per aria, mi rivolse un sorriso. Poi si mise a pulire la macchinetta del caffè, fischiettando allegramente. A quanto pare Daniel si era ricordato di pagare per entrambi.

Mi incamminai di qualche metro più in là, fino a che Andrea non sopraggiunse, qualche minuto in ritardo.
"Ciao, Tommaso" mi salutó non appena mi raggiunse, nella direzione opposta alla mia. Mani in tasca e sorriso sulle labbra, mi porse la mano, che battei.
"Hey, Andrea!".
"Com'è?" chiesi, subito dopo.
"Abbastanza bene. Tu, invece?".
"Anche, grazie". Osservai la sua persona dalla testa ai piedi.
Indossava un berretto grigio fumo, abbinato ad una giacca dello stesso colore, dei jeans scuri e delle bellissime scarpe.
Niente a che vedere col mio modo di vestire: un parka verde militare, dei jeans scoloriti e strappati e vecchie scarpe da ginnastica.

"Ti vesti un po' da tamarro", mi diceva sempre Daniel. Ma io ribadivo sempre non fosse la verità. Per me lo stile non si esprimeva solo con il modo di abbigliarsi, ma per il modo di fare. I miei outfit erano solo molto comuni, diffusi tra i ragazzi della mia etá, quasi non classificabili in uno stile preciso. Ma non aveva nulla a che fare con l'essere zoticone.

"Dove mi proponi di andare?" mi domandò, osservandomi negli occhi. Le sue iridi verde scuro mi scrutavano con attenzione, in attesa di un movimento delle mie labbra.
"Andiamo a fare merenda al bar e poi camminiamo verso il parco?" proposi, buttando lí una proposta senza nemmeno averla pensata troppo.
"D'accordo" rispose lui, deciso, senza alcun tipo di imbarazzo.

Io ero non poco agitato. Non tanto per la situazione tesa dovuta al fatto che fosse la prima volta che uscivamo da soli. Ma più che altro per la naturalezza con cui Andrea si poneva con me.

Non avevo mai frequentato dei ragazzi, se non Daniel. E con lui, prima di uscire assieme un pomeriggio, c'eravamo conosciuti bene, per un paio di mesi.
Con Andrea, invece, era diverso.
Lo avevo visto una volta e non sapevo nulla di lui. Di conseguenza risultava difficilissimo sostenere una conversazione, non sapendo cosa gli piacesse e di cosa non gradisse parlare.

"Che musica ascolti di solito?" chiesi, sperando non rispondesse trap o techno. Erano gli unici due generi che non ero mai riuscito a reggere.
"Un po' di tutto: pop, rock... Ma amo anche il jazz".
Era bello sapere che avesse dei gusti simili ai miei, ma soprattutto mi piaceva in quanto amante di ogni genere di musica. Adoravo chi apprezzava le differenti forme d'arte.

"E hai qualche cantante preferito?" domandai, incuriosito dalla risposta che avrebbe potuto darmi.
"Mh... no. Io penso che, alla fine, se una canzone ti piace, ti piace e basta. A prescindere da chi la canta. Spesso accade che ci si innamori di una canzone cantata da un cantante di cui nemmeno avevamo mai sentito il nome, piuttosto che di una canzone di un cantante che siamo soliti ascoltare e che magari non ci trasmette nulla".
Trovavo che Andrea fosse una persona intelligente, fuori dal comune. E l'averlo pensato dopo cinque minuti dall'inizio della nostra conversazione mi faceva credere che  quell'amicizia sarebbe durata a lungo.

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