Daniel
Sonia e io eravamo talmente vicini che riuscivo a sentire il suo respiro affannoso soffiare tiepido sulle mie labbra. Vidi una lacrima formarsi nei suoi occhi, cadere ripida sulla pelle liscia e raggiungere il suo naso, lievemente all'insù. L'asciugai prima che potesse proseguire il percorso, rigandole il viso. Appoggiai poi una mano sul suo collo, con delicatezza, sfiorandole la pelle con i polpastrelli.
"Amore, ascolta..." le sussurrai a un orecchio. Ai lobi portava due piccole perle.
"Se non ti senti pronta a dirmi ciò che vorresti, non fa niente. Sul serio. Io prima non volevo insistere. Ti chiedo scusa" le dissi. Le osservai gli occhi, domandando loro di incontrare i miei, ma lei fissava in basso, forse le mie labbra.
"D'accordo, Dane. Grazie ". Mi prese la mano con la sua, stringendola. Osservai il compimento del gesto.
"Di niente". Allargai le braccia avvicinandomi a lei e l'abbracciai con decisione.
Mia sorella non si unì a noi. Rimase ferma, impassibile, a studiare la scena con i suoi occhi scuri.Sonia sorrise fra le lacrime, socchiudendo gli occhi stanchi e umidi.
Nel frattempo io non riuscivo a smettere di pensare come fosse potuta crollare così all'improvviso, passando da un momento di serenità ad uno di rancore. Ma non trovavo soluzione. Chiusi gli occhi, trattenendo un sospiro.Sonia
"Che cosa sto facendo? Perché, perché non gli ho detto la verità? Prima o poi verrà a scoprire tutto, è inevitabile. E si arrabbierà a tal punto, con me, che non vorrà nemmeno parlarmi. Non vorra più rivolgermi la parola. Perchè dovrebbe, poi? Gli sto solo mentendo e tutte le bugie hanno le gambe corte" dissi tra me e me, avvertendo nel petto un forte batticuore causato dal mio stato d'animo tormentato. Abbracciando Daniel avevo avuto la sensazione che il contatto fra il mio petto ed il suo potesse fargli percepire l'agitazione del mio cuore.
Daniel era sempre stato un ragazzo adorabile con me. Con tutti, in realtà. Con sua sorella, alla quale dava sempre preziosi aiuti, con i suoi compagni e le sue compagne, ai quali forniva utili consigli. Con i genitori, ai quali obbediva sempre.
Per tutti era un esempio da seguire, sotto tutti i punti di vista. Tutti volevano essere come lui. Io avevo avuto la fortuna di averlo come fidanzato, ma per come mi stavo comportando, avrei presto perso la sua fiducia, la sua amicizia, la sua complicità, il suo amore.Dall'altra parte, ciò che avrei dovuto dirgli lo avrebbe fatto soffrire. Avrei dovuto riflettere ancora un po' su come agire al riguardo. Avrei lentamente dovuto raccontargli ciò che era suo diritto sapere, ma senza trafiggergli il cuore. Perchè quello che sarei stata costretta ad annunciargli non risultava essere cosa da poco. Ma come si dice, è meglio la peggiore verità che la migliore delle bugie.
"Daniel, senti". Mi scostai dalla sua calorosa presa.
"Dimmi". Mi sorrise, tenendomi le mani tra le sue, tiepide ed evidentemente più grandi delle mie.
"Ora d-devo andare" balbettai.
"Ma come... sei qua da nemmeno mezz'ora!".
"Sì, lo so". Abbassai lo sguardo non sapendo cos'altro aggiungere prima di dileguarmi pietosamente.
"Per favore. Resta".
"Resterei, lo sai. Il fatto è che...".
"Che?". Dovevo inventare in fretta una scusa per potermene andare. Non volevo rimanere lì a lungo. Ero passata solo per salutarli. Vederlo così succube di me, in quel momento, mi faceva stare così male che non avrei potuto permettermi di restare dopo il modo in cui mi ero comportata."Mi sono ricordata che alle quattro ho un'impegno. Niente di importante, peró devo farlo. Magari torno domani, che ne pensi?" cercai di convincerlo a farmi andare usando un tono mieloso e persuadente. Mi guardò, abbattuto.
"Non ce la faccio ad aspettare domani. Resta, e rimanda ciò che devi fare". Si avvicinò per baciarmi. Lo allontanai appoggiando una mano sul suo petto, coperto da una maglietta a maniche corte che esaltava le sue braccia, coperte da una folta peluria bionda.
"Daniel. Dico sul serio. Fammi andare. Sono già le quattro meno dieci" dissi con tono deciso. Non volevo percepisse fragilità nel tono della mia voce, ma forse ero stata troppo cruda. Feci un sorriso per cercare di rimediare al mio atteggiamento ostile.
"Va bene, a domani. Ma promettimi che ti fermerai almeno un paio d'ore. I miei sono al lavoro, oltretutto. Così non ci rompono".
"Perché, di solito lo fanno?". Rise.
"Sono degli angeli, i tuoi" dissi inclinando il capo e sorridendo. Ci guardammo per un paio di secondi.
"Dai. Ora vado" dissi. Poi gli diedi un bacio sulla guancia, alzandomi di scatto dalla poltrona, coperta da una federa di qualche tono più chiara di quella del sofà su cui sedeva Vanesa.
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La storia prima della storia
RomanceDaniel è un ragazzo di quindici anni e vive in una splendida famiglia. In un contesto familiare sereno, gioioso fatto di complicità e qualche marachella dei suoi innumerevoli amici pelosi Zedge, Miele, Dave e Gardenya, c'è posto anche per Sonia. Rag...