Capitolo 8

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Il suono della sveglia echeggiò nella stanza. Aprii lentamente gli occhi, volevo evitare di rimanere accecata dalla forte luce che entrava dalle finestre e illuminava l'intera stanza. Rimasi per un attimo interdetta. Quella in cui mi trovavo non era la stanza dove lavoravo, ma la mia camera da letto, e quello su cui ero stesa non era più il pavimento accanto alla Sua porta, ma il mio letto. Improvvisamente mi passò davanti agli occhi l'immagine di due occhi verde smeraldo. Chi diavolo mi aveva portata qui?
Scesi di sotto con ancora una strana sensazione addosso.
"Buongiorno cara."
Mi salutò calorosamente la Signora Madison, quando feci il mio ingresso in cucina.
"Buongiorno."
Dissi, rivolgendole un sorriso accennato.
"Signorina Dixon."
La voce del Signor Jackson mi richiamò dalla soglia dell'entrata.
"Buongiorno Signor Jackson."
Lo salutai cordialmente.
"Buongiorno, la volevo informare che quest'oggi il Padrone si sente poco bene e ha, quindi, richiesto di restare solo. Oggi avrà la giornata libera. Dovrà semplicemente portarGli la colazione e poi la merenda."
Mi informò.
"Oh, okay."
Dissi un po' delusa. Voleva stare da solo? Ma se stava da solo 24 h su 24? Bah. Mi affrettai a prendere il vassoio e a portarGlielo.
Solite scale, solito corridoio, solita stanza, solita porta. Era diventato tutto così scontato, meccanico, ripetitivo, la cosa mi lasciò un leggero fastidio.
"Ecco la colazione."
Dissi poggiando il vassoio davanti alla porta. Stavo per alzarmi, quando Lui diede dei colpetti alla porta per attirare la mia attenzione. Notai un bigliettino ripiegato che era stato fatto passare da sotto la porta, così mi affrettai a prenderlo e lo aprii. C'era scritto 'Grazie, ma non ho fame.' con inchiostro nero e con una grafia impeccabile, dai lievi tratti infantili. Ripiegai il foglietto e lo riposi in tasca, raccolsi il vassoio e lo riportai giù, senza proferire parola.
"Non ha mangiato nulla?"
Mi chiese la Signora Madison con un velo di delusione sul viso.
"Nulla."
Dissi semplicemente.
Avevo la giornata libera, ma non potevo comunque allontanarmi dal castello, così colsi l'occasione per visitare i giardini. Avevo sentito dire che c'era un roseto pieno di rose rosse e bianche. La Signora Madison mi aveva confidato che quelle bianche erano le preferite dalla madre del Padrone e quelle rosse erano le preferite da quest'ultimo.
Arrivata all'esterno, mi sgranchii le braccia e respirai a pieni polmoni quell'aria così limpida, per poi avviarmi verso l'enorme fontana lì presente. Dovetti ammettere che era tutto perfetto, tutto mantenuto con cura, i segni lasciati dal tempo erano minimi.
Arrivai davanti ad un'arcata in marmo, avvolta da rampicanti, che dava l'accesso all'immenso roseto. Era stupendo. Mai viste tante rose così belle e ben curate. Non un fiore spezzato, non un petalo essiccato, emanavano un profumo divino.
Decisi di stendermi sul prato per bearmi di quella piacevole brezza mattutina. L'erba era così morbida e il vento accarezzava dolcemente i miei capelli, non mi ero mai sentita così rilassata. Di nuovo l'immagine di quegli occhi si fece strada nella mia mente. Erano così belli, eppure anche così spenti, vuoti, tristi... Mi sarebbe piaciuto rivederli, soprattutto per capire di chi fossero.
Passai l'intera mattinata all'aria aperta, circondata da quella così perfetta natura, per poi andare a mangiare qualcosa insieme alla Signora Madison.
Mentre rientravo, mi sentii come osservata. Alzai di scatto gli occhi verso l'alto, notando che, da una delle finestre poste a destra della struttura, si era mossa una tenda, come se qualcuno si fosse appena allontanato da lì.
"Ti è piaciuto il giardino?"
Mi chiese la Signora Madison quando mi sedetti in cucina.
"Sì, è qualcosa di spettacolare."
Risposi entusiasta. Sorrise.
"Il Padrone ci tiene moltissimo, vuole che sia perfetto, così come lo lasciò sua madre."
Mi informò.
"Era lei che se ne occupava?"
Azzardai.
"Sì, se ne occupavano lei e il Padrone. Passavano mattinate o pomeriggi interi a curare quelle rose."
Mi confidò. In quel momento provai ad immaginarmi il tipo di rapporto che poteva esserci fra il Padrone e Sua madre. Dovevano amarsi molto ed essere molto uniti. Sorrisi a quel pensiero.
Finito di mangiare, decisi di andare a riposarmi in camera mia, mettendo però la sveglia per l'ora in cui avrei dovuto portare la merenda al Padrone.
"Ma cosa..."
Quando entrai nella mia camera, trovai tutto a soqquadro. I cassetti aperti e svuotati, i miei indumenti gettati per terra, il mio letto sfatto, privo di cuscini, dato che anch'essi si trovavano sul pavimento. Era come se fosse passato un tornado.
Corsi nell'ufficio del Signor Jackson a informarlo dell'accaduto.
"Era tutto sottosopra, come se un tornado si fosse manifestato nella mia stanza!"
Dissi scioccata. Lo sguardo del Signor Jackson andava in tutte le direzioni tranne verso di me, era come se lui sapesse qualcosa.
"Signor Jackson, lei sa chi è stato, vero?"
Osai chiedere, con sguardo indagatore.
"Provvederò a risolvere la cosa. Mando subito qualcuno a riordinare tutto."
Cercò di tranquillizzarmi e di cambiare argomento.
"Ha visto se manca qualcosa?"
Mi chiese componendo un numero sul suo cellulare.
"Francamente non ho controllato."
Dissi timidamente. Non ho pensato all'eventualità che mi avessero preso qualcosa, avevo pensato di correre subito da lui.
Chiusi la porta dello studio e sospirai. Mi aveva assicurata che avrebbero rimesso apposto la stanza in poco tempo. Mi stavo annoiando a morte, così decisi di chiamare mia sorella per avere notizie su nostra madre.
"Ehi sorellona."
Mi salutò.
"Ciao Daisy, come sta la mamma?"
Le chiesi diretta.
"Meglio, oggi pomeriggio ritorna a casa."
Mi informò.
"Mh."
Dissi semplicemente.
"Tutto apposto?"
Mi chiese dolcemente.
"Sì sì, ho dormito poco, nulla di che."
Mentii.
Era arrivata l'ora di portarGli la merenda, così scesi di sotto a prendere il vassoio che mi aveva lasciato pronto la Signora Madison, prima di uscire per fare un po' di spesa. Aveva preparato qualcosa di più leggero, una mela, un bicchiere d'acqua e un pezzo di ciambella.
Salii le scale e percorsi i soliti tetri corridoi. Era dal primo giorno che mi domandavo perché non si potessero aprire di più le finestre o perché non si potessero accendere luci, i lampadari erano presenti ed erano anche piuttosto grandi.
"Cavolo!"
Mi era caduta la mela dal vassoio, chissà dov'era andata a finire. La sentii rotolare sul pavimento, fino a quando sentii un leggero colpetto, segno che si era fermata. Iniziai a cercarla tastando per bene il pavimento, ma niente. Decisi allora di aprire almeno una finestra per farmi un po' di luce.
"Dopo la richiudo, non se ne accorgeranno nemmeno."
Dissi spalancandone una. 'E luce fu!' esclamai tra me e me, per poi appoggiare momentaneamente il vassoio per terra. Rivolsi lo sguardo al pavimento e, dopo qualche secondo, la trovai.
"Eccoti!"
Dissi raccogliendola. Da essa il mio sguardo si spostò sul ritratto davanti a me. Lo osservai attentamente, i suoi lineamenti erano così dolci, così come i suoi occhi. Rimasi paralizzata.
"Non può essere."

Il ragazzo dei ritratti H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora