Capitolo 5

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Passarono due giorni, nei quali Lui si rifiutò di mangiare, beveva soltanto, così non andava, sia per la Sua salute, sia per la felicità della Signora Madison. Era testardo, questo era evidente, ma io lo ero di più.

"Si ostina ancora a non mangiare nulla? Bene, allora questa sarà l'ultima volta in cui sentirà la mia voce."

Furono le ultime parole che gli dissi la mattina prima che furono seguite dai soliti rumori. Erano due giorni che non leggevo per Lui e non Gli facevo ascoltare musica, ed erano due giorni che mentivo spudoratamente alla Signora Madison facendole credere che Lui mangiasse, quando invece ero io a mangiare i Suoi pasti.

Scesi le scale per andare a prendere la Sua colazione, sperando che cedesse. Il vassoio era riempito da un bicchiere di succo di mela, due cupcake al cioccolato e dei pancake con sopra una colata di sciroppo d'acero. Salii le solite scale divenute ormai familiari, percorsi i lunghi corridoi avvolti nel buio ed entrai nella solita stanza. Poggiai il vassoio e bussai alla Sua porta per farGli capire che c'era la colazione, era una specie di segno che usavo per comunicare con Lui. Avevo detto che non Gli avrei parlato e così avrei fatto. Uscii e aspettai. Nessun rumore. Sospirai e rientrai. Mi avvicinai alla Sua porta, presi il vassoio e mi recai sulla poltrona. Una parte egoista di me era felice che Lui non mangiasse, cosicché potessi avere io il privilegio di deliziare il mio palato con quelle prelibatezze.

Finito di mangiare riportai il vassoio giù e mi godetti la vista di Madison che sorrideva e volteggiava per la stanza dopo aver visto il vassoio vuoto. Non ci credeva, le sembrava un sogno. Sperai in quel momento che non scoprisse mai la verità, anche perché non sapevo che tipo di conseguenze ci potessero essere nel mangiare il cibo destinato al Padrone e nascondere il fatto che erano tre/quattro giorni che non toccava cibo.

Ritornai di sopra. Me la presi con comodo nel tragitto di ritorno, mi sentivo stanca senza un motivo apparente, forse era per tutta la bizzarra situazione in cui mi aveva fatta cacciare la mia amica. La sera prima la chiamai e mi raccontò di come le andassero le cose. Mi disse che aveva avuto una promozione, lavorava in una casa editrice, mi disse che si stava frequentando con un ragazzo, mi parve si chiamasse Liam, disse che era davvero dolce, sexy, gentile, romantico, simpatico, intelligente, insomma 'perfetto', era così che l'aveva definito. Ero molto felice per lei, davvero. Mi chiese come stesse andando a me e, com'era mio solito, mi limitai a risponderle con poche parole o monosillabi. Era più forte di me, odiavo fare conversazione, non era per me, detestavo quando la gente mi faceva domande, anche perché ero sempre stata una molto diretta e sintetica, quindi non mi dilungavo mai con le risposte. 'Breve e coincisa' questo era il mio motto.

Arrivata nella stanza mi buttai sulla poltrona e sospirai. Riflettei su una cosa, praticamente la mia già non molto brillante vita sociale si stava dissolvendo. Da quando ero in quella casa non avevo più visto la mia amica Mary, sì, ci sentivamo in video chatt, ma non era la stessa cosa del prendere un caffè insieme o fare un giro per negozi, o anche solo stare a casa di una delle due, spiaggiate sul divano con una tazza di tè al limone per lei e una tazza di latte caldo con il miele per me, a  guardarci un film o a ridere e scherzare insieme. Dovetti ammettere a me stessa che la mia amica mi mancava moltissimo. Riflettei anche che era da tanto che non uscivo con un ragazzo. E' vero, non è che io cercassi un qualche tipo di approccio, seppur minimo, con l'altro sesso, però... a volte la mancanza di un uomo al mio fianco la sentivo. Non ero quel tipo di persona che pensava che una donna avesse bisogno di un uomo per essere felice, non più almeno. Però c'erano quei momenti, come quando una mia amica o conoscente mi parlava di un qualche ragazzo che la corteggiava o con cui usciva, e lì mi sentivo un po' sola e poco attraente. Eppure non ero proprio da buttar via... o forse sì. La mia autostima era calata a picco dalla terza media e non si era mai ripresa. Quand'ero piccola, invece, ero una grande presuntuosa, eppure ero piuttosto robusta, solo col tempo ero dimagrita e avevo acquisito le forme nei punti giusti. Mi domandavo anche perché tutti i ragazzi mi stessero alla larga, anche se la cosa non mi dispiaceva molto. Il più delle volte, ero io stessa che li allontanavo. Già, stavo male per delle mie... scelte, ecco. Viva la coerenza!

Presi il telefono e iniziai a navigare sui vari social presenti su di esso, per cercare di distogliermi dai miei pensieri.

Arrivarono le 02:45 pm, decisi quindi di scendere.

Arrivata in cucina, vidi la Signora Madison armeggiare con pentole e padelle.

"Ho già preparato tutto. Te l'ho appoggiato lì, sul bancone." Mi disse senza distogliere lo sguardo dal piatto che stava insaponando. Presi il vassoio e salii nuovamente. Ero certa di aver perso qualche chilo date tutte le volte che facevo su e giù per quelle scalinate e per quei lunghi corridoi, ma li riuscivo a riacquistare grazie al cibo che mangiavo al posto di un certo Qualcuno.

Arrivai nella stanza, mi misi inginocchio e poggiai il vassoio davanti alla porta. Non seppi spiegarmi il perché, ma poggiai una mano sulla Sua porta, come per creare un contatto con Lui, come per assicurarmi che ci fosse. Avvicinai il mio viso alla porta e sussurrai poche parole che mi uscirono come una supplica... forse la mia era davvero una supplica.

"Ti prego, mangia."

Non mi importò di aver usato un pizzico di confidenza, dubitavo che mi avesse sentito davvero. Diedi un colpetto alla porta e mi alzai, per poi uscire chiudendomi la porta alle spalle. Sospirai. Sentii dei rumori, non potevo crederci. La speranza cresceva dentro di me. Ero davvero riuscita a convincerlo a mangiare? Dopo un po', sentii la Sua porta chiudersi ed entrai velocemente.

"Non ci credo."

Dissi. Avevo gli occhi spalancati, aveva davvero mangiato qualcosa. Un sorriso spontaneo comparve sul mio viso, tutto ciò voleva dire che Lui era sempre lì ad ascoltarmi, che mi aveva sentita anche in quel momento. Però decisi di non scompormi.

"Poteva dirmelo subito che bastava così poco per farLa mangiare, ci saremmo risparmiati un sacco di tempo prezioso."

Dissi con un tono misto tra il rimprovero e la felicità. Andai verso la Sua porta per raccogliere il vassoio e, mentre mi girai per dirigermi verso l'uscita, notai che sulla poltrona c'era un piattino con uno dei quattro tramezzini che aveva preparato la Signora Madison. L'aveva davvero messo Lui lì per me? Sorrisi ancora.

"Grazie."

Dissi verso la Sua porta, per poi scendere giù a lasciare tutto e risalire.

Beh, aveva mangiato, perciò ora potevo leggerGli qualcosa. Presi il primo libro che mi capitò tra le mani, 'La Bella addormentata nel bosco', mi sedetti e cominciai a leggere... dopo aver mangiato il mio tramezzino, ovviamente.

Il tempo passò in fretta, ma riuscii anche a farGli ascoltare un po' di musica. Aveva imparato la lezione, poteva essere premiato.

"Ora devo andare, a domani Padrone, buonanotte."

Dissi per poi uscire e dirigermi nella mia stanza. Quel giorno non dovetti recarmi nell'ufficio del Signor Jackson perché era fuori per lavoro, mi aveva avvisata il giorno prima.

Arrivata in stanza, mi spogliai e mi fiondai in bagno per farmi una lunga e rilassante doccia. Ero davvero contenta che avesse mangiato. Pur non conoscendolo davvero, si poteva dire che mi stessi affezionando a Lui, dovevo ammettere che non Lo vedevo come un uomo, ma come un bambino... un bambino che aveva bisogno di qualcuno che si prendesse cura di Lui.

Uscita dalla doccia e asciugata per bene, mi infilai il mio pigiama preferito, grigio con, sulla maglia, una mucca nei panni di Sherlock Holmes. Era piuttosto simpatica. Mi misi sotto le coperte, impostai la sveglia per il giorno seguente e mi addormentai profondamente.

Il ragazzo dei ritratti H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora