Capitolo 11

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"Mi segua."
Il Signor Jackson era venuto a svegliarmi quello stesso pomeriggio, il pomeriggio in cui avrei iniziato le "prove".
Ci ritrovammo in cucina, io, il Signor Jackson e la Signora Madison.
"Allora, questa prova?"
Chiesi.
"La prima prova consisterà nel mangiare un dolce al cioccolato ripieno di caramello, accompagnato da un bicchiere di latte caldo."
Mi informò l'uomo indicando il tutto posto sul tavolo presente. Piccolo bastardo. Capii che avrebbe usato le mie paure e le cose che detestavo e mi disgustavano come strumento delle prove, cosicché io demordessi. Non mi conosceva affatto.
"E cosa vincerò se lo farò?"
Chiesi sicura.
"Potrà vederLo."
Mi comunicò il Signor Jackson. Bene. Mi sedetti e iniziai a mangiare. Dio, mi stava salendo la nausea, così cercai di attenuarla bevendo del latte, ma la situazione non migliorò poi tanto.
Ci misi una ventina di minuti per finire tutto. Mi alzai e aspettai che si congratulassero.
"Bene, ha superato la prova, perciò..."
Si interruppe un istante, per poi guardare dietro di sé.
"Venga avanti Padrone."
Disse. L'ansia, l'agitazione, la curiosità si amplificarono dentro di me al sentir pronunciare quelle parole. Una figura alta, con un mantello, un cappuccio in testa, guanti neri e pantaloni neri si fece strada nella stanza con lo sguardo basso.
"Ecco la sua ricompensa. Soddisfatta?"
Mi chiese il Signor Jackson. Cosa?! Era serio?!
"Spero stia scherzando!"
Esclamai.
"Io ho ingerito quella roba per questo?!"
Chiesi scioccata.
"Avevate detto che L'avrei visto, quindi io ora pretendo di vederLo senza quella sotto specie di armatura, imbracatura, o come diavolo volete definirla voi."
Dissi gesticolando verso di Lui.
"Ma Signorina, deve capire che..."
Le parole del Signor Jackson furono interrotte dalla mia corsa verso il lavello. Non ce la feci più a trattenere ciò che avevo mangiato poco prima, così riggettai tutto. La Signora Madison fu l'unica a venire in mio soccorso.
"Senta, il Padrone non è pronto a farsi vedere direttamente."
Mi disse il Signor Jackson per giustificarLo.
"Allora perché mi ha proposto questa cosa?"
Dissi ancora furiosa.
"Lui non credeva che l'avreste fatto davvero."
Lo giustificò ancora. Quella figura nera, rimasta estranea all'intera vicenda appena avvenuta, si fece avanti con un bigliettino fra le mani. Lo porse al Signor Jackson che si affrettò a leggerlo.
" 'Ci tieni così tanto?' "
Lesse, per poi rivolgere lo sguardo verso di me.
"Sì! Se no non avrei fatto quello che ho fatto."
Dissi ovvia.
"Potremmo magari iniziare con un'altra cosa, ad esempio farle sentire la Sua voce"
Propose il Signor Jackson, al ché mi illuminai.
"Sì, va benissimo, purché non sia registrata o qualcosa del genere."
Non mi sarei fatta fregare di nuovo. Vidi la figura nera fare un mezzo sussulto, probabilmente la cosa non Gli andò molto a genio.
"Va bene."
Disse il Signor Jackson. Il Padrone si avvicinò a me, non molto però, e mi consegnò un bigliettino.
'Alle 23:00, fatti trovare nel mio corridoio. Ti farò sentire la mia voce.'
Un largo sorriso si fece spazio sul mio volto. Ero eccitata, al settimo cielo, non seppi spiegarmi il perché di tutta quell'euforia, ma non vedevo l'ora.
Andai nella mia stanza per prepararmi, non seppi per quale assurdo motivo, ma volevo essere impeccabile. Pensai che probabilmente saremmo stati nella stanza dove lavoravo, ma una parte di me sperava che mi portasse oltre la Sua porta. La Signora Madison una volta mi disse che, oltre quella porta, era come se ci fosse un mondo a parte, tutto Suo... Solo Suo. Un mondo di cui volevo assolutamente fare parte.
Iniziai a tirare dall'armadio le cose più assurde, non credevo di avere vestiti così orribili, mi meravigliai di me stessa. Alla fine optai per una gonnellina nera svasata, una maglietta bianca con maniche a tre quarti e scollatura a U, il tutto accompagnato da delle semplici converse basse, anch'esse nere e bianche. Mi truccai lievemente, solo un po' di fondotinta, una linea di matita e un po' di mascara, giusto per valorizzare i miei occhi.
Ero agitata, la cosa era più che evidente. Era da quando avevo finito di prepararmi che non facevo altro che fare avanti e indietro per la stanza, torturandomi il labbro inferiore che, di lì a poco, avrebbe iniziato a sanguinare. L'ora 'X' si avvicinava.
Erano le 22:50, decisi, quindi, di incominciare ad incamminarmi. Il battito del mio cuore incominciò ad accelerare sempre di più, sentivo come se volesse uscirmi dal petto e correre via, nella mia stanza, sotto le coperte, con la porta chiusa a chiave, per poi non uscirvi mai più.
Quando finalmente arrivai, Lo vidi. Era lì che mi aspettava poggiato con la schiena contro il muro. Mi avvicinai cautamente e notai che sussultò quando si accorse della mia presenza.
" Buonasera Padrone."
Lo salutai cordialmente, per poi notare che la voce mi uscì piuttosto tremolante. Mi fece segno di seguirLo, cosa che feci senza alcun indugio.
In poco tempo ci ritrovammo nella solita stanza, come da me previsto. Si girò verso di me, come per assicurarsi che fossi ancora lì, per poi avvicinarsi alla Sua porta, estrarre una chiave da non capii dove, inserirla nella fessura e girarla. Non ci potevo credere. Spalancò la porta e mi fece cenno di seguirLo oltre la soglia, cosa che feci, nonostante il groppo in gola e una vocina nella testa che mi urlava di scappare. Varcai la soglia, buio totale, non si vedeva praticamente nulla. Mi presi qualche istante per abituare i miei occhi a quell'oscurità. Mi venne naturale pensare che Lui doveva avere gli occhi come quelli di un gatto, dato che mi era stato detto che odiava la luce ed anche perché, dai rumori che sentivo, mi sembrava che riuscisse a muoversi con molta facilità. All'improvviso una fioca luce si accese, luminosa quanto bastava per rendermi conto di dove mettevo i piedi e per vederLo seduto su un divano. I gomiti sulle ginocchia, le mani incrociate e lo sguardo basso. Indossava le stesse cose di quel pomeriggio. Io ero rimasta in piedi, non sapevo cosa fare, iniziai a guardarmi intorno, o almeno ci provai, quella luce non aveva cambiato di chissà quanto la situazione. Ad un certo punto sentii un suono, un suono roco, basso, deciso, freddo, sensuale, ma aveva dentro di sé un pizzico di infantilità.
"Allora, sei contenta adesso?"
Ed ecco che i miei occhi si spalancarono, la mia bocca li imitò e il mio cuore perse un battito.

Il ragazzo dei ritratti H.S.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora