Capitolo 3

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Era sabato pomeriggio e la settimana era passata molto velocemente, anche se a me fossero sembrati anni. Odiavo riflettere in quei momenti. La mia mente era offuscata completamente dai mille pensieri e io mi rifiutavo categoricamente di connettere il cervello in cerca di una soluzione. Non trovavo modo di affrontare quegli ostacoli ed ogni volta che provavo a superarli, ne rimanevo sempre delusa. Sentivo la pressione di tutto il mondo salire ed aggredire il mio corpo e nemmeno la voce melodica di Tiziano riusciva a quietarmi. Decisi di scendere al piano terra, recandomi in salotto. Lì, in un angolo della stanza, c'era il mio bellissimo pianoforte a coda nero. Mi misi a sedete sullo sgabello ricoperto di pelle nera e accarezzai con le punte delle dita i vari tasti. Eppure in quei momenti, quello strumento era l'unico che poteva risanare tutte le mie incertezze, curare le mie ferite. Passavo ore davanti a quel piano, gran parte del mio tempo libero dedicato allo studio di quei tasti che riuscivano a riprodurre quel suono così armonioso, ma logorante allo stesso tempo. Potevo sentirmi di essere libera e senza pensieri, una me che nessuno conosceva.
Maledii mentalmente quel giorno in cui ho cominciato a pensare e a parlare con me stessa nella mia testa. Come crediamo di poter sfuggire a ciò che è dentro la nostra testa? Il corpo pieno di difetti, come la vita, e la mente piena di complessi che mi tormentavano. Ho sempre pensato che soffrire senza lamentarsi è l'unica lezione da imparare in questa vita, ma ad un certo punto sei stufa. Non ti importa più di nulla, né di essere considerata, risollevata, felice.
Iniziai a suonare uno dei miei pezzi preferiti, l'opera 9 n. 2,nota più come Notturno, del pianista Fryderyk Chopin. Quella canzone mi trasportava in un mondo parallelo in cui regnava la tranquillità assoluta. Mi sentivo così piena e sollevata al sol tocco dei tasti.
Pur essendo 88 tasti, le melodie che si possono creare sono infinite. Ed infinita è anche la persona che accarezza dolcemente i tasti. Perché la vita è bella se si fa musica.
Era passato un anno da quando l'avevo conosciuto. Da quel momento forse me ne ero perdutamente innamorata. Abbiamo parlato molte volte, ma soprattutto abbiamo imparato a conoscerci. Eppure io sentivo che tra di noi sarebbe andato tutto per il meglio. Con lui accanto cancellavo ogni timore. Mi sentivo protetta in un suo abbraccio e amata come mai prima d'ora. Mi bastavano i suoi occhi per essere felice. Un suo semplice sorriso per migliorare l'umore di una giornata iniziata male. Avevamo un posto in cui ci incontravamo sempre. Lontano da tutti gli altri. Sua nonna ci aveva lasciato le chiavi di una piccola casetta fuori il suo paese, molto vicino al mio, per stare da soli. Era un posto solo nostro. Aprii il cassetto del mio comodino e vidi le chiavi della casetta. Presi il mio telefono, infilai le scarpe e scesi al piano inferiore. Afferrai il mio giacchetto e presi le chiavi della mia macchina, avvertendo i miei della mia uscita. Entrai nell'auto e allacciai la cintura, mettendo in moto. La meta era una soltanto. Dopo circa una ventina di minuti arrivai. Spensi il motore, scendendo dalla macchina. Estrassi le chiavi dalla borsa e le girai nella serratura. Il suo profumo mi invase le narici, andavamo sempre lì ogni sabato sera. Posai la mia roba sul divano e i miei occhi posarono lo sguardo su un suo maglione. Lo afferrai, stringendolo al mio petto. Il suo profumo era inconfondibile e aveva invaso le narici . Lo indossai e rimisi in ordine la casetta.
Dopo aver sistemato, andai in camera da letto e mi sdraiai. La tristezza, la malinconia mista alla rabbia mi portano ad un pianto liberatorio. Il dolore mi distrugge moralmente perché senza di lui so che non posso fare niente. Un pensiero mi tormentava la mente, a me mancava un casino. Ma lui mi starà pensando? Gli importa ancora di me? La mia testa non trova risposte, tanto che le lacrime iniziano a scendere. La mia mano intrecciata alla sua, le labbra che si sfiorano per secondi, minuti, la mia pelle contro la sua. Il suo sorriso poi... Non servivano delle parole per descrivere il ricordo di quelle emozioni. Quella stanza si riempiva delle nostre piccole, ma allo stesso tempo grandi certezze che apparivano come musica alle mie orecchie. Stremata, mi addormentai.
.....

Si sentirono dei passi lenti provenire dall'ingresso della casetta. La porta della stanza si aprì lentamente e subito dopo si richiuse.
Il materasso si abbassò, come se qualcuno si fosse steso su di esso.
Mi svegliai, ma sull'uscio della porta non c'è nessuno...

#Spazio Autrice
Sono tornata con il terzo capitolo! Sono altamente elettrizzata per le 63 visualizzazioni. Sapere che qualcuno legge questa storia mi riempie il cuore di gioia. Mi aspetto qualche stellina o un semplice commento per sapere cosa ne pensate.
Baci,
vivodibruno ❤️

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