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In mano ho un cartello con scritto "Los Angeles, Holmes Alaska" e una serie di numeri.
Intingo il dito nell'inchiostro e poi lo metto su un foglio.
Mi fanno spogliare del tutto e mi fanno fare dieci flessioni. Cosa posso avere addosso secondo loro?
Dopodiché mi danno della biancheria intima e una tuta arancione, e mi dicono di mettermela. Ho sempre odiato i capi arancioni.

Mi conducono in una cella, veramente carina. Ha un letto che sembra quello degli ospedali, anzi, magari fosse come quello degli ospedali. Il materasso è durissimo, e non ne parliamo il cuscino. C'è solo un letto qua dentro. E un water. Dio mio già mi sto innervosendo.
Prima o poi arriverà qualcuno a provare la mia innocenza. Chi sia stato a ucciderla non lo so, ma so che non sono stata io.

Dopo aver passato almeno due ore a guardare il muro, decido di passare a guardare il soffitto, fino a che non mi addormento.

Sangue, tanto sangue, urla, un coltello, le mie mani sporche di sangue.
Mi sveglio di soprassalto tutta sudata.
Di nuovo quel sogno.

Qui dentro non posso nemmeno decidere io quando farmi una doccia, decidono tutto loro. È così che si dovrebbero essere sentite le amiche di Serena quando lei era ancora viva.

Mi manca Caleb, mi manca terribilmente Caleb. L'ho deluso, gliel'ho letto negli occhi quando è arrivata la polizia. Non mi credeva. D'altronde chi crede a una come me? Ci sono anche le prove.
Per non parlare di mia madre. Lei invece mi credeva. Era però distrutta, stava impazzendo.
Non so Beatrice e Michael come l'hanno presa, ma penso non bene. Spero che anche loro mi credano.

Non ho più la cognizione del tempo.
Arriva una poliziotta che mi porta da mangiare, le chiedo che ore sono. Le 8 p.m. mi dice. Come passa lentamente il tempo. Non mi hanno portata il pranzo, penso riflettendo.
Dopo aver finito questa orribile minestra, vado a dormire, pensando che così, forse, questo incubo finisca prima.
La mattina dopo mi sveglio, non so a che ora, ma mi sveglio. Dopo un po' di tempo arriva una poliziotta che mi dice che dopo pranzo devo andare a fare il turno alla lavanderia. Perfetto, devo anche lavorare, penso.

Mangio, un piatto di pasta questa volta, e vado in lavanderia. Mi spiegano dove devo mettere i vestiti da lavare, e come devo piegare quelli puliti.
Mi guardo intorno e vedo che non sono sola. Sono tutte donne qui dentro per fortuna. Ho paura lo stesso, qui dentro si impazzisce e si potrebbe dubitare della propria sessualità, tanto da stuprare una donna anche se ti piacciono gli uomini.
Finito di fare quello che dovevo fare una poliziotta invece di accompagnarmi nella cella mi accompagna in una stanza.
<<Hai visite>> mi dice chiudendo la porta alle mie spalle

I'm not a killerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora