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Il viaggio era stato piuttosto turbolento: ad ogni vuoto d'aria Alice mi stringeva forte la mano, quasi bloccandomi la circolazione. Aveva sempre avuto paura di volare ed anche se cercavo di tranquillizzarla, dicendole che l'aereo era perfettamente sicuro, la situazione non cambiava, anche perché ad ogni mia parola di consolazione seguiva un vuota d'aria che le metteva ancora più ansia. Io d'altro canto non avevo mai avuto paura ne di volare, ne di viaggiare su una nave o su qualsiasi altro mezzo. Ad essere sincera le cose che mi spaventavano erano davvero poche. Mentre viaggiavo il mio sguardo era fisso fuori dal finestrino., mentre di fianco a me Alice teneva gli occhi fissi sul soffitto stringendo, al posto della mia mano, i braccioli del sedile. Non si era nemmeno slacciata la cintura, era come incollata al suo posto. Fuori il cielo era ancora grigio e sotto non vedevo altro che nuvole, che coprivano il paesaggio sottostante. Dopo un noiosissimo viaggio di quasi due ore, arrivammo a Londra e come avevo previsto là pioveva, quella non era per niente una novità. Una delle cose più famose di Londra, oltre alla regina ed a tutti i suoi monumenti, palazzi e musei, era la pioggia ed il suo tempo quasi sempre brutto.
Scendendo andammo subito al ritiro bagagli e poi chiamammo un taxi. L'appartamento affittato dai miei genitori si trovava nella zona di North London, nel quartiere di Stroud Green situato nel borgo londinese di Haringey a circa 10 chilometri nord-est di Charing Cross. Ci mettemmo una buona mezz'oretta per arrivare e quando guardavo fuori mi sembrava così strano vedere le persone guidare al contrario, in fondo erano molte poche le città con guida a sinistra. Il taxi si fermò esattamente davanti alla nostra nuova casa ed il taxista fu gentile aiutandoci a portare i bagagli davanti al vialetto. Le case del quartiere, come la maggior parte lì a Londra, sembravano un po' tutte uguali. La porta d'ingresso era circondata da un rivestimento in cemento bianco che risaltava il color rosso accesso del legno. Il restante rivestimento della casa era in mattoni rossi e legno. A fianco alla porta d'ingresso sulla sinistra c'era la finestra dalla forma di metà esagono, che usciva verso l'esterno rispetto alle altre.

< Ehi guarda! > vidi il braccio di Alice volare si fronte a me, indicando la casa a fianco alla nostra < Quella si che una bella casa! >

Io non le risposi. La metratura di quell'abitazione era circa il doppio della nostra. Il vialetto era più grande, tanto da far star due macchine: una Jaguar tinta di un nero opaco con assetto sportivo, ed una Porsche a due posti grigia metallizzata. Le persiane delle finestre erano chiuse e sembrava quasi che dentro non vi fosse nessuno, nonostante la presenza di entrambe le macchine. Quello che era diventato il nostro nuovo vicino di sicuro non aveva nessun tipo di problema economico, e il solo guardare quella casa mi diede l'idea di una persona con cui avremmo avuto qualche difficoltà a relazionarci.

< Dai, muoviti! > mi gridò Alice < Andiamo a vedere l'interno. >

Senza nemmeno aspettarmi corse veloce verso la porta d'ingresso, sventolando il mazzo di chiavi in mano, che sbattendo l'una contro l'altra provocavano un flebile tintinnio. In un attimo si era fiondata all'interno della casa ad anche da fuori vidi lanciare il suo borsone in un angolo per partire all'esplorazione. Con tutta la mia calma mi accinsi a raggiungerla, senza notare la presenza di una lastra di ghiaccio a terra e senza neanche renderne conto ero con le chiappe al suolo e piedi all'aria. Ero caduta copiosamente a terra portandomi dietro anche la valigia. La schiena ed il sedere mi dolevano e quando feci per alzarmi alle mie spalle sentii una voce chiamarmi
< Ehi! > quando mi girai vidi un uomo correre verso di me < Ehi, ti sei fatta male? > mi porse una mano, per aiutarmi a rialzarmi. Per un attimo il mio sguardo rimase incantato su quella mano, dalla pelle così chiara e curata. Non avevo idea di chi fosse, non lo conoscevo e lui non conosceva me, eppure era lì pronto ad aiutarmi. Senza rifletterci troppo l'afferrai e subito lui mi rialzò portandomi vicino al suo petto < Tutto bene? > mi chiese cortesemente. L'inglese lo capivo benissimo, i miei genitori prima di partire mi avevano fatto fare un corso privato per studiare a fondo la lingua. Nel suo parlato riuscivo a distinguere un'accento particolare, non era originario dell'Inghilterra, dalla cadenza di alcune parole si capiva benissimo che era scozzese < Non ti sei fatta male? >
Non riuscii a rispondergli subito, il suo profumo così intenso e di una aroma forte, mi confondeva. In quel momento i nostri volti erano vicinissimo ed i miei occhi si perdevano nell'azzurro dei suoi, che mi ricordava quasi l'immensità dell'oceano. I suoi capelli corti arruffati in un ciuffetto davano l'idea di essere fatti quasi di seta, mi veniva quasi voglia di toccarli. I suoi occhi blu mi guardarono intensamente e poi mi disse < Beh, presumo tu non ti sia fatta nulla >

Concentrandomi su di lui mi ero quasi scordata di rispondergli < Si, non mi sono fatta niente, ho solo preso una forte pacca al fondoschiena > sulle sue labbra comparve un incantevole sorriso, che quasi gli arriva da guancia a guancia.

< Bene, mi fa piacere > raccolse da terra anche la valigia < Vuoi una mano a portarla dentro? >

< No, ti ringrazio ma posso fare anche da sola > quell'attimo di contemplazione finì in un istante, ed io tornai ad assumere quel tono freddo e distaccato che mi caratterizzava < Non ti conosco, quindi non credo che ancora ti farò entrare in casa mia>

< Mi sembra giusto > rispose lui alzando le mani ed indietreggiando di qualche passo < Noi non ci conosciamo ...> sorride porgendomi la mano < Sono James McAvoy e sono il tuo vicino di casa, piacere di conoscerti>

Io ignorai la sua galanteria ed afferrai la maniglia della valigia voltandogli le spalle ed incamminandomi verso casa. Subito, però, capii di aver sbagliato: non lo facevo apposta ad essere così maleducata e scontrosa, ma essere gentili verso gli altri era una di quelle cose che mi erano sempre mancate. Quando mi girai lui se ne stava andando ed allora gli dissi < Elise > in attimo lui si voltò. Sentivo i suoi occhi fissi sui miei che fuggenti cercavano qualcos'altro da guardare < Il mio nome .... è Elise >

Lui sorrise < Hai un bel nome > mi diede le spalle e si avvicinò ad una macchina dai vetri oscurati davanti a casa sua < Benvenuta a Londra, cara vicina, spero che ti piaccia la vita qui. >
Finì la frase appena in tempo, prima di chiudere la portiera della vettura.
Quell'uomo, di circa 30 anni, doveva essere il nostro nuovo vicino di casa, quello che abitava nella casa appariscente a fianco alla nostra. Un tipo attraente, dal sorriso magnetico ed uno sguardo intrigante e deciso. Per un attimo rimasi immobile nel mio viale, a fissare il punto in cui un attimo prima c'era quell'uomo, cercando di ricordare il suo profumo. Mi voltai, decisa finalmente ad entrare in casa, ma d'improvviso sentii il mio cuore battere leggermente più forte contro il petto. Le mie orecchie udivano unicamente il suono della mia frequenza cardiaca, il contrarsi ed il rilassarsi dei ventricoli, il sangue che veloce veniva pompato in tutto il mio corpo. Era da anni che non lo sentivo battere così forte, così velocemente. Appoggiai una mano sul petto, stringendo tra le mie esili dita la maglietta in cotone, cercando di calmarmi.

< Elise, muoviti! La casa è stupenda! >
Da dentro le mura della casa udivo la voce entusiasta di Alice.

Il mio cuore pian piano batteva con meno frequenza e finalmente era riuscita a riprendere il controllo di me stessa. Non sapevo che cosa avesse scatenato quella reazione in me, che cosa mi avesse spinto ad essere così agitata. Che fosse stato quell'uomo, lo scozzese appena conosciuto, a farmi sentire in quel modo? Chiusi gli occhi per un istante focalizzandomi su qualcos'altro, presi un bel respiro ed entrai. Anche se cercavo di pensare ad altro, nella mia mente c'era un'unica immagine, un solo pensiero: il misterioso scozzese, James McAvoy.

My London dreamsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora