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Fuori aveva iniziato a piovere.
Quella giornata grigia e triste, stavolta, non si addiceva per niente al mio umore. Quel tempo passato con James mi aveva reso felice. Il suo sorriso, la sua sincerità verso di me, il suo farmi sentire importante. Lo conoscevo solo da due giorni, ma per me era già diventato una persona unica ed insostituibile. Aveva già prenotato un posto fisso nel mio cuore, come custode di quella gabbia. Protettore delle mie emozioni.
Non riuscivo a trattenere quell'euforia e sinceramente non riuscivo a trattenere un sorriso, che splendeva sul mio volto. Ovviamente Alice, avendomi vista così felice solo in rare ed esclusive volte, era molto sorpresa, ma allo stesso tempo contenta. Per me, perché ero serena, tranquilla, come se non sentissi più il peso di quella gabbia nel mio cuore. Ed anche se premeva nel petto per essere liberata, nella mia mente c'era solo lui, il suo volto: James.
Veloce salii in camera mia.
Dalla tasca della valigia presi uno dei tanti cd che mi ero portata dietro, ancora lasciati lì perché non avevo avuto la voglia di mettermi lì a trovare un posto dove riporli.
Con altrettanta velocità scesi le scale, senza inciampare su me stessa, sarebbe stata la terza imbarazzante caduta li a Londra. Sorrisi maliziosamente ad Alice, infilando nello stereo, che avrà avuto almeno una decina d' anni, il cd che avevo in mano.
Le note di quella canzone riempirono il silenzio della stanza. Alice riconobbe la canzone già alle prime battute, scuotendo la testa a ritmo di musica.
" Stessa storia, stesso posto, stesso bar.." volume al massimo, cantando quelle parole a squarciagola. " Gli anni" degli 883, una delle canzoni iconiche della mia infanzia, che riportò la mia mente a momenti felici della mia gioventù. Quando ancora la mia famiglia era unità, prima che tutto accadesse. Con la compagnia del cd degli 883 io andai in cucina e cominciai la preparazione del mio famoso ragù alla bolognese. Carne, pomodoro, basilico: la ricetta perfetta della tradizione italiana. Anche se mi piaceva molto viaggiare, scoprire la cultura degli altri paesi, io ero una persona molto patriottica. Adoravo il mio paese il tutte le sue sfumature: dal territorio, alla cultura popolare delle campagne, la cucina, la musica, tralasciando la politica. Quello che i nostri territori possono offrire sono cose uniche: il profumo delle campagne, con in contadini che lavorano la terra. I paesi rurali arroccanti sulle cime delle montagne. Le melodie della nostra musica, conosciuta in tutto il mondo, da Domenico Modugno a Celentano, passando per Luciano battisti. Ed infine la nostra cucina, invidiata e copiata da tutti gli chef del mondo. Piatti dal gusto ricercato, che piantano le loro radici nella tradizione. Con quei pensieri mi misi a cucinare, con il sorriso sulle labbra, ascoltando le canzoni o quello che riuscivo, dato che Alice con la sua voce stonatissima sovrastava ogni suono percettibile.
Avrei voluto che James fosse stato lì con noi. Mi sarebbe piaciuto fargli conoscere le tradizioni italiane, fargli ascoltare le canzoni della mia infanzia, ma sicuramente ci sarebbero state altre occasioni. Lui era lì, vicino a me, lo sentivo. Udivo la sua sprezzante risata nelle mio orecchie, come se stesse cucinando proprio di fianco a me.

Dopo una lunga preparazione, curata in ogni minimo dettaglio, finalmente il ragù era pronto e cominciai quindi la cottura degli spaghetti.
< Elise! > dal salotto sentii Alice < Si può sapere fra quanto è pronto?! Io c'iò fame!>

L'impazienza di uno stomaco vuoto era difficile da placare, soprattutto se la persona in questione era Alice. Al posto dello stomaco aveva un pozzo senza fondo, insaziabile. Avrebbe potuto mangiare persino il tavolo da pranzo.
< Non ci vorrà ancora molto! > gridai dalla cucina < Tu prepara la tavola ed accendi la televisione!>
Portai il pentolone, stracolmo di sugo, in tavola, appoggiandolo sulla superficie lignea. La faccia di Alice era a pochi centimetri dalla pentola e quando alzai il coperto il fumo caldo e profumato del sugo le inibirò le narici e come con un gesto automatico, sorrise.

< Che profumo meraviglioso! > disse inspirando a pieni polmoni il vapore aromatizzato che fuoriusciva dalla pentola < Senti come mi chiama! >

< Vado a prendere la pasta > girandomi vidi la TV ancora spenta e la musica ancora a tutto volume. Dovetti quindi fare tutto io, spensi lo stereo ed accesi la TV. < Meno male che ti avevo chiesto di accedere la televisione.... pensa se non lo avessi fatto..>
Non mi ascoltava, era troppo concentrata sul profumino del sugo e le mie parole non le interessavano.

Ci sedemmo a tavola. I piatti ricolmi di pasta, Alice aveva la bava alla bocca ed aspettava solo un mio segnale per iniziare ad abbuffarsi.
< Bene possiamo ...>
Non mi lasciò finire la frase, che subito aveva affondato la forchetta sul piatto. Guardarla mangiare era davvero uno spettacolo allucinante: divorava quei spaghetti alla velocità della luce, non li vedevo nemmeno entrare in bocca.

< Sono.... davvero ... buoni! > cercava di parlare con la bocca piena < Una delizia...! >

< Sei davvero una scimmia ... > risposi fissandola < Non te l'ha insegnato nessuno che non si parla con la bocca piena >

Era troppo occupata a mangiare e quindi si limitò a sorridermi. Era incredibile quanta voracità potesse avere una ragazza mingherlina come lei.
Il mio sguardo si posò sulla TV. Avevo messo su un canale X e per caso ero finita sullo stesso programma che James mi aveva impedito di vedere quel pomeriggio. The Graham Norton Show. Era una nuova puntata ed era appena iniziata. Il presentatore stava facendo entrare i suoi ospiti, sempre famosi. In quella puntata le Gues Stars erano: Daniel Radcliffe e con mia grande sorpresa James McAvoy. Anche se in realtà non ero molto sorpresa, lui era famoso ed era compressibile che partecipasse a programmi di quel genere. Forse era per quello che non si era fermato a cena. Presi il piatto e mi misi davanti alla TV, fissando la sua immagine sullo schermo. Alice notò la mia mancanza a tavola e mi raggiunse.

< Oh! > la bocca sporca di pomodoro e piena di spaghetti < Quello è James!>

"Grazie per aver sottolineato l'ovvietà "
Lo pensai ma non lo dissi veramente.

< Si, si è proprio lui ..> risposi io < Li intervistano per la prossima uscita del loro film.... si chiama ...>

< Victor Frankenstein! > mi interruppe lei aspirando gli spaghetti dalla forchetta < Aah! Che bello! Non riesco ancora credere che James McAvoy!>

" Quando la smetterai di ripeterlo, penso che ormai anche a casa nostra lo sappiano"

Anche se era solo un immagine sullo schermo, lui era così bello. Era elegante ma non troppo. Un vestito nero, di un tessuto liscio, abbinato ad una cravatta. Le luci dello studio risaltavano il blu dei suoi occhi, che nei primi piani brillavano. Il suo sorriso, il gel sui capelli, gli occhi splendenti. Ogni parte di lui era perfetta, curata in ogni suo dettaglio. Rispondeva alle domande, con quel suo accento scozzese e quella sua velocità nel parlato. Scherzava, rideva, ma sapeva anche essere serio. Non riuscivo a staccare gli occhi da quello schermo, da quel canale, da lui. La forza che esercitava su di me era tale da funzionare anche solo alla vista di una sua immagine, anche se la distanza che ci divideva era tanta. Mi era passata la fame, nonostante la bontà di quella di pasta, non era niente in confronto a lui. Niente poteva reggere il confronto con James. Niente.

Nella mia mente immaginai la vita che facesse. Le interviste, i film, le feste. Ogni cosa di quel mondo io potevo solo immaginarla, non avevo nessun collegamento con quelle cose. Però in quel momento capii che invece qualcosa c'era: James. Lui mi stava collegando a se, alla sua realtà. Da sotto le mani sentii portarmi via il piatto e con la coda dell'occhio, vidi Alice abbuffarsi anche della mia porzione. Incredibile quanto mangiasse, ma non aveva nessuna importanza. Per me in quell'istante esisteva solo James. Parlava del suo film, di cui lui era il protagonista mentre Daniel era il co-protagonista. Non era il genere di film che avrei visto, ma ero curiosa di vedere come recitasse, se fosse bravo, che sicuramente lo era, lo volevo vederlo. Mi incuriosiva.
Oramai quello che diceva non lo udivo più, come se il volume fosse spento. I miei occhi fissavano il suo viso, le sue labbra muoversi. Nuovamente, per me, eravamo solo io lui, nient'altro che noi. Anche se non era lì fisicamente era come se io lo avessi di fronte a me, in carne e ossa. Il ricordo delle nostre mani unite, il suo calore che scaldava il mio corpo. In un attimo rividi quei momenti, avvenuti tra noi e realizzai il legame che si stava creando.
Un legame che non avevo con nessuno e che sapevo sarebbe stato la cosa più bella ed intensa che mi sarebbe mai potuta capitare.

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