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La casa, al suo interno, era in buono stato. Entrando c'era  una piccola hall da cui potevi accedere alla cucina proseguendo dritto, lungo un corridoio, ed al salotto sulla destra. Lasciai la valigia ai piedi dell'attaccapanni e guardandomi bene attorno osservai ogni minimo dettaglio di quella che era la mia nuova casa, e che volente non volente lo sarebbe stata per molto tempo a partire da quel momento. Il salotto, nonostante la metratura della casa non fosse esageratamente grande, era piuttosto spazioso: c'era posto per un divano due posti, situato  a meno di due metri dalla TV che, anche se l'arredo era un po' vecchio stile, era piuttosto moderna, 32 pollici modello sottile. Tra il divano ed il televisore c'era un tavolino in legno, sulle gambe si vedeva chiaramente il colore che pian piano si staccava dalla superficie. Appoggiai la mano sul bracciolo del divano, facendola scivolare lungo il tessuto in stoffa rosso, che lo ricopriva totalmente. Sulla sinistra c'era la finestra, dotata di una panca con cuscini dello stesso medesimo colore del sofà. Un posto che di sicuro sarebbe diventato uno dei miei preferiti: nei giorni di pioggia o di noia infinita, mi sarei seduta su quella panca, osservando la vita al di fuori di quella finestra. Vicino al salotto in un angolo illuminato da un lampadario vecchio, che emanava una flebile luce giallastra, c'era il tavolo da pranzo che ospitava massimo quattro persone. Attraversando il corridoio si arrivava ad una stanza sulla sinistra, dove c'era la cucina: era piccola ma ben fornita, c'erano 4 fornelli, un piccolo forno, il frigo e molti utensili come pentole, mestoli ed altri cos'è utili per cucinare. Non ero una grande cuoca quindi il duro lavoro del cuoco l'avrei lasciato ad Alice < Elise! > sentii la sua voce chiamarmi < Dai vieni su!>

Alla fine del corridoio c'era un'alta scala il legno, i cui gradini erano molto alti ed in alcuni punti erano stati rattoppati con assi nuove, sicuramente per dare sostegno alla struttura un po' marcia. Al piano di sopra c'era un'altro piccolo corridoio che dava su due stanze: una di fronte appena si saliva, che dava sulla strada; mentre l'altra era poco dopo l'entrata della rampa di scale sulla destra, mentre davanti c'era il bagno. Passandoci di fronte  vidi che era piuttosto pulito ed equipaggiato di tutto ciò che ci serviva: water, bidè e doccia, era piccolo, se entrava una l'altra non ci stava, ma per noi era più che sufficiente. Girandomi vidi Alice proprio di fronte a me, con un gigantesco sorriso sulle labbra.

< Questa è la mia camera > disse indicando la stanza alle sue spalle <Mentre...> mi afferrò per il polso e mi trascinò di fronte all'ultima stanza del piano < Questa è la tua!> con entusiasmo me la mostrò, facendo un ampio gesto con la mano.

A parte un letto, l'armadio e la scrivania, non vi era nient'altro. <Davvero carina> risposi in tono freddo, demolendo in un attimo tutta la sua felicità < Io sistemo le mie cose >

< Appena abbiamo finito, direi di andare subito in centro a farci un giro> Alice invece di parlare con un tono di voce normale vicino a me, gridava dalla sua stanza < Poi voglio proprio scoprire chi abita nel casa magnifica ed enorme qui a fianco. Tu non sei curiosa di sapere chi sia? Magari è famoso!>

Era talmente agita che non riusciva a stare zitta nemmeno per un millesimo di secondo. Mente lei continuava con la sua parlantina infinita io avevo sceso le scale, preso la valigia, ed ritornata poi in camera mia. Poggiai il bagaglio sul letto e con calma cominciai a sistemerà le mie cose: i vestiti nell'armadio, il cuscino al suo posto, ed ogni genere di libro od album da disegno sulla scrivania. Affacciandomi alla finestra aprii le tende ed osservai fuori: dalla mia camere potevo vedere la strada, il mio vialetto e quello del mio vicino. Anche lì c'era la panca per sedersi, senza però il cuscinetto rosso. Alice continuava a parlare, ma io non l'ascoltavo, anzi non ci riuscivo. Il mio corpo fisicamente era in quella casa, ma non la mia mente, il mio pensiero era da un'altra parte o per meglio dire era in un'altro momento: ripensavo a James. Non capivo per quale motivo non riuscivo a togliermi la sua faccia dalla testa, era come se si fosse impressa a fuoco dentro di me. Quando Alice aveva parlato del vicinato, mi era tornato  alla mente l'attimo in cui avevo sentito il mio cuore battere fortissimo nel mio petto. Quella sensazione di calma e di brividi che non avevo mai provato, quasi da lasciarmi senza fiato.
Appoggiai una mano sul petto perché sentivo che pian piano il battito stava crescendo, il solo pensare a quei momenti, mi metteva agitazione.

< Elise..> intorno a me non sentivo nulla, ne suoni, ne odori, era come se fossi sola. Udivo  soltanto il battito del mio cuore e di fronte a me non c'era più la finestra, ma James ed intorno a noi non c'era nient'altro, solo noi < Elise ... Elise ..> poi una mano mi afferrò per il braccio, girandomi all'indietro < Elise! Ma sei sorda per caso, ti ho chiamato quattro volte >

Non avevo proprio sentito la voce di Alice, era come se il tempo intorno a me si fosse fermato, bloccato in un attimo che avrei rivissuto all'infinito.
< Scusa, non ti avevo proprio sentito > risposi io abbassando lo sguardo.

< Questo l'ho notato anch'io. > quella mia mancanza di attenzione nei suoi confronti, l'aveva infastidita

< Che cosa... stavi dicendo?> le chiesi.

< Beh tra le tante cose che ho detto, forse la più importante riguarda il vicino che abita in quella lussuosa casa a fianco alla nostra> quando ne parlava le si illuminavano gli occhi< Chi pensi che viva lì, uno famoso? >

< Non mi ha dato l'impressione che fosse una persona importante > risposi girandomi verso la finestra < Sembrava un tipo  normale come tutti gli altri .... mi ha dato però l'impressione di essere troppo modesto, non sarà una persona con cui andrò d'accordo.>

Alice bruscamente mi girò verso di se, bloccandomi di fronte a lei prendendomi per entrambe le braccia e stringendomi < Tu... sai chi è?! > mi chiese spalancando le palle degli occhi.

< Entrando sono caduta lungo il  vialetto e lui mi ha solo aiutato a rialzarmi > io distolsi lo sguardo da lei, non riuscivo a sostenere lo sguardo degli altri troppo a lungo < Si può sapere perché sei così interessata a questo tipo? Guarda che non ha nulla di particolare.>

< Beh di sicuro è ricco, basti vedere le due macchine> mi lasciò e si affacciò alla finestra < Allora com'era e soprattutto come si chiama?>

< È un'uomo normale come tutti gli altri > risposi io. Non volevo parlare di lui perché sapevo che qualcosa non andava, quelle strane sensazioni non le provavo con tutti ed il fatto si aver sentito qualcosa di nuovo, mi spaventava < Ora voglio che tu esca, devo sistemare le mie cose > di forza la spinsi fuori dalla mia stanza, nonostante lei tentasse di opporre resistenza io riuscii a buttarla fuori ed a chiudere la porta.

< Andiamo ...> sentii le sue gracili nocche ticchettare sul legno della porta   < Dimmi almeno il suo nome! >

Sospirai, se non glielo  avessi detto non si sarebbe  mai arresa < Si chiama James >

L'attimo dopo era già corsa in camera sua e sicuramente in un lampo aveva acceso il suo computer per poter trovare quel James dalla casa meravigliosa e le macchine lussuose. Alzai gli occhi verso il soffitto e lentamente scivolai a terra, sedendomi, rimanendo attaccata con la schiena alla porta. Afferrai le gambe e le strinsi forte nascondendo la testa tra esse. Da quando avevo incontrato quell'uomo qualcosa si era riacceso in me. In un attimo quella gabbia che per molti anni era rimasta chiusa, si era leggermente riaperta facendo fuoriuscire quella sofferenza che avevo sepolto dentro di me. In quel momento non riuscii  a pensare ad altro che a quel dolore, se prima nella mia mente c'era James, in quel momento non c'era più niente: solo io circondata dall'oscurità più nera e tetra.

My London dreamsDove le storie prendono vita. Scoprilo ora