Capitolo 11

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Cap. 11. Bill Redlord

Frattanto lo sceriffo continuava le ricerche sia di Bivonci, che degli autori materiali del misfatto ma ancora senza esito. Redlord non ci riusciva, perché aveva tra le mani, tre identikit talmente diversi tra loro, che non sapeva da dove cominciare. Tra Seimoor, Albert e Marc l'identikit più attendibile era quello di Seimoor, poiché Albert preoccupato per la figlia, non era riuscito a concentrarsi, mentre quello di Marc era totalmente discordante da entrambi.

Quindi, Redlord aveva tre identikit dell'uomo che aveva colpito Angela Debis e non riusciva a capire come quei tre, avessero potuto comporre immagini completamente diverse tra loro. "Solo gli occhi sembrano uguali", rifletteva osservando quelle foto, "Ma saranno gli occhi della persona da ricercare, o frutto di un'errata visione dei fatti?". Alla fine di ogni riflessione si convinceva che quei tre, talmente intontiti dalle botte, avevano scambiato fischi per fiaschi e, per com'erano conciati, li giustificava. Solo un dubbio gli affollava la mente ed era riferito ad Albert Locosh, che riteneva avesse mentito per vendicarsi. "Dovrò seguire i suoi spostamenti, perché sono convinto che cerchi di vendicarsi per la morte di sua figlia; solo una cosa mi lascia perplesso: vorrà consegnarlo alla giustizia, o ucciderlo. Se mi trovassi nella sua stessa situazione, credo che mi comporterei allo stesso modo: non mi andrebbe che chi ha provocato la morte di mia figlia se la passasse liscia". Aveva riflettuto già alcune volte sull'intera vicenda, arrivando sempre alla stessa conclusione e già da qualche tempo, qualcuno controllava i movimenti di Locosh. La sera che Albert cercò Eric l'uomo che lo seguiva, riferì a Redlord che era entrato al Rider Show, uscendone pochi minuti dopo.

Quella sera Redlord eseguì un controllo al Rider rimanendo scornato. Insisté parecchio specie con il barman, mostrando gli identikit, ma non ottenne la risposta che si aspettava. "Non so se credergli", pensò, "Ma anche se ci riprovo, non credo che otterrò la verità". Estrasse dalla tasca una foto di Locosh e la mostrò all'uomo: se non lo avesse riconosciuto, era indice che mentiva spudoratamente.

"Sì, è venuto alle 11 e qualcosa, lo ricordo perché oltre a non bere niente, si guardava intorno come se cercasse qualcuno. Ho mandato da lui Hanna, per capire che cosa volesse, ma l'ha mandata via in malo modo, e ha lasciato il bar senza voltarsi".

"Va bene, per stasera basta", aggiunse Redlord, "Però ascoltami bene. Se vedi qualcuno che somiglia a uno di questi identikit, chiamami, o sigilla la porta del tuo locale".

"Va bene sceriffo, se dovesse capitare, la chiamerò". Le parole del barman gli sembravano una presa per i fondelli ma sapeva che la richiesta era fuori dal comune quindi, non diede peso a quelle parole.

Fuori dal Rider, Redlord rifletté ancora una volta sull'aggressione in casa Locosh e ancora una volta ritenne che qualcosa di poco chiaro aleggiasse su quell'evento. Sapendo di Ten Bivonci e della sua complicità, per qualche verso riusciva a capire, ma quando pensava agli identikit di chi aveva picchiato Angela Debis, il dubbio che qualcosa non andasse, lo riprendeva, togliendogli la pace. "Come si può dimenticare chi ti ha aggredito?", ma non sapeva rispondersi quindi, taceva.

Quella mattina aveva deciso di convocare Locosh e Seimoor per interrogarli ancora una volta, ma non voleva urtare Seimoor.

Solitamente era uso chiamare qualcuno dicendo di presentarsi per informarlo di cose che lo riguardassero, ma non gli sembrava abbastanza amichevole per Seimoor. Così tra un lavoro e un altro, passò l'intera giornata. Già nel pomeriggio aveva sentito il bisogno di chiarezza e poiché non aveva trovato Seimoor e Locosh disponibili, pensò di ripetere la visita al Rider Show.

Si recò nuovamente al locale, alle dieci di quella stessa sera. Nella sua mente era balenata un'idea che, sebbene non fosse del tutto onesta, gli avrebbe permesso di chiamare Locosh e Seimoor nell'ufficio.

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