Ritorno a scuola

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E l'avrei fatto davvero. Avrei scoperto i tasselli che mancavano alla ricostruzione del puzzle della mia vita, di quella della mia famiglia. Avevo tredici anni e mezzo, ed avevo sempre vissuto nell'ombra. Nella stessa ombra che avvolgeva quell'abitazione tanto buia, popolata dal corpo smunto e triste di mia madre.
Non possedevamo un telefono: nessuno ci avrebbe chiamato. La cassetta della posta era sempre vuota: nessuno ci aveva mai inviato una lettera, o anche soltanto una cartolina.
'Ti penso', 'Come va la vita lì?'. Cartoline del genere venivano sfoggiavate a scuola dalle mie compagne, a settembre, quando un nuovo anno scolastico cominciava e dovevano dire addio alle giornate di mare, di montagna e divertimento.
Per me, invece, era sempre stato diverso. Le mie estati trascorrevano lente e tristi, in solitudine. Non avevo mai avuto amici, né dei parenti che si preoccupassero di me. Me ne stavo tra gli alberi del bosco ad assaporare la felicità altrui. Bambini scorrazzavano qua e là tra i rovi giocando a nascondino o lanciandosi il pallone. I genitori, nel frattempo, scattavano loro innumerevoli foto e sorridevano felici. Poi salivano nelle loro automobili nere o rosse, parcheggiate ai margini del bosco, e partivano.
Ed io sognavo le loro mete. E chi li avrebbe aspettati.
Nel frattempo, restavo lì, a crogiolarmi nella noia di quelle afose giornate interminabili d'estate, attendendo che arrivasse settembre per ricominciare la scuola. Era un modo per impiegare il mio tempo.
Quell'anno, invece, tanti fatti erano accaduti.
Per la prima volta, anch'io non volevo rinunciare alle vacanze ed al tempo libero, che adesso impiegavo in compagnia della mamma.
Inoltre, avevo una missione da portare a termine, ossia quella di scovare l'ultimo tassello del mio puzzle.
L'inizio della scuola mi avrebbe ostacolato.
Comunque, settembre era giunto in punta di piedi, e quando la campanella aveva suonato per la prima volta, quella calda mattina di metà settembre, mi ero recata nell'edificio giallo sempre più decadente, trascinandomi tra scale e corridoi, senza alcuna voglia di cominciare.
Ben presto, la squillante voce di Natasha mi distolse da ogni pensiero. Mi guardai intorno: la pelle abbronzatissima di Giada e Vanessa riluceva, facendomi sembrare un fantasma bianchissimo. I ragazzi si riabbracciavano, felici di rivedersi dopo tre mesi, ed ansiosi di condividere le ultime novità. Alcuni di loro avevano cambiato la voce, a qualcun altro era spuntata la barba. Sofia aveva preso a sbandierare che finalmente era diventata donna, mentre Jaqueline mostrava alle sue amiche i suoi tricipiti muscolosi, frutto di allenamenti durati tutta l'estate.
L'ilarità generale parve contagiare anche me: presto molti di loro si ricordarono che, negli ultimi giorni di scuola, l'anno scolastico precedente, ero parsa diversa, dunque si erano avvicinati anche a me. I loro gridolini emozionati nel rivedermi fecero spuntare un sorriso a trentadue denti sul mio viso. Li abbracciai uno per uno, strinsi la mano a qualcun altro, diedi baci sulla guancia alle ragazze. Erano i saluti dei teenager, lo avevo imparato anch'io, e adesso ero pronta per sfoggiare il mio essere "un'adolescente come loro".
Non avrei mai barattato il mio essere con l'apparire, per sentirmi accettata dai miei compagni di classe. Tuttavia, mi accorsi di essere molto più simile a tutti loro di quanto avessi mai immaginato. Probabilmente, mi sentivo diversa perché non avevo mai conosciuto i loro modi di essere, avendo vissuto nella più completa solitudine fino ad allora.
Mi sedetti al primo banco, come di consuetudine, e mi accorsi che le ginocchia toccavano il legno del sottobanco. Il mio primo pensiero andò all'eventualità che il banco si fosse rimpicciolito. Poi, sorrisi per la consapevolezza della stupidità di ciò che avevo pensato. Ero io ad essere cresciuta. L'adolescenza non aveva risparmiato neanche me.
Raramente mi guardavo allo specchio, ed ancor meno volte facevo caso ai miei cambiamenti. Tuttavia, da quel giorno, iniziai a specchiarmi più spesso, sovente per constatare i miei cambiamenti. La pubertà faceva miracoli.
I miei muscoli sviluppati d'estate durante le giornate trascorse ad allenarmi con Lino, insieme con l'essere diventata più alta ed aver sviluppato le forme ed i fianchi, mi fecero sentire un'adolescente a trecentosessanta gradi.
Sorrisi. Ero perfino carina, chi l'avrebbe mai detto!

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