La solitudine tornò a farmi compagnia, da quel momento.
Non mi capacitavo di quanto fossi stata stupida nel volermi amalgamare al resto dei miei compagni di classe, rinunciando al mio sogno.
Seguirono giorni bui, trascorsi a letto, tra pianti e malinconia.
Non risposi alle telefonate dei miei amici, e non volli ricevere visite.
I te l'avevo detto di mia madre mi riempirono ancor più di rabbia. Avrei vinto davvero quella gara, se solo non avessi avuto paura di apparire per ciò che ero davvero dinanzi ai miei compagni.
La primavera andava avvicinandosi a passo felpato, mentre le verifiche e le interrogazioni si fecero insostenibili. Avevo trovato un efficace metodo per sfogare la mia frustrazione: lo studio matto e disperatissimo su ispirazione leopardiana.
A scuola, me ne stavo nuovamente in disparte, e a nulla servivano i tentativi di coinvolgermi da parte di Corinne e Guglielmo, che dopo pochi giorni smisero di tallonarmi e mi abbandonarono nella mia solitudine.
Sasha e Franchina mi indicavano, sussurrandosi qualcosa all'orecchio; poi, come di consuetudine, cominciavano a starnazzare come oche, fin quando Jaqueline le intimava di piantarla.
I numeri, le frazioni e le radici si sovrapponevano, formando formule incomprensibili, affiancate ad equazioni estremamente complicate. Tentavo invano di calcolare perimetri, aree e volumi di figure solide, ma i continui sguardi curiosi e allo stesso tempo intimidatori dei miei compagni di classe mi impedivano di concentrarmi.
Le poesie divennero sempre più complesse, e mi chiesi se gli autori parlassero la mia stessa lingua. Monti, fiumi, laghi e capoluoghi furono meri numeri e nomi, che puntualmente dimenticavo il giorno successivo alle verifiche.
Nonostante ciò, sgobbavo sui libri fino a tarda notte, cercando di ottenere voti sempre più alti, pur di riscattarmi in ogni modo possibile per l'atteggiamento attuato alla gara.
Poi, un giorno di festa, mentre me ne stavo in camera a crogiolarmi nel mio dolore, mi ero fermata ad ascoltare il battito del mio cuore. Regolare, troppo regolare. La mia vita aveva ripreso ad essere piatta, esattamente com'era stata fino ad un anno prima.
Mi accorsi di star vivendo la mia esistenza sulle pagine dei libri, così decisi di chiuderli una volta per tutte e mi convinsi di ricominciare a vivere la vita sulla mia pelle.
Guardai la mia mano, e compresi appieno di voler tracciare la linea dei miei anni sfrecciando su dei pattini da corsa.
La primavera s'insinuava tra gli alberi dal verde vivido, col cinguettio degli uccelli come corollario della stagione dei fiori e dei colori sgargianti.
Il caldo sole di marzo picchiava sui miei capelli biondi, delicatamente mossi dalla fresca brezza del sud.
Afferrai i miei pattini blu con le ali bianche e, scendendo le scale a due a due, arrivai al piano terra e spalancai la porta, lasciandomi accecare dal sole scottante di mezzogiorno.
Sentivo i miei piedi fremere dalla voglia di alzare quei pattini, così accelerai il passo e m'intrufolai tra i rovi, giungendo finalmente, dopo mesi di assenza, alla pista.
Il manto piastrellato appariva pulito, come se qualcuno l'avesse appena spolverato, apposta per me.
Scavalcai la balaustra con un agile balzo e, sedendomi all'ombra dei sempreverdi, come avevo fatto l'estate precedente con Lino, avevo indossato i miei amatissimi pattini e, con non pochi sforzi, ero riuscita a mettermi in piedi.
A quel punto, provai una strana, ma allo stesso tempo familiare, sensazione. Avevo quasi rimosso l'emozione che provavo, per la consapevolezza di avere delle ruote sotto le scarpe.
Mi poggiai alla balaustra e provai a muovere qualche passo. La mia schiena si inarcò all'indietro, poi troppo in avanti. Successivamente, ritrovai l'equilibrio e, a poco a poco, azzardai dei piccoli passi.
Poi, presi velocità.
Sentivo i miei arti scalpitare dalla voglia di correre su quei rollerblade, e l'adrenalina che avvertivo scorrere nel mio corpo mi incitava ad accelerare.
Dopo due giri, mi accorsi di sentirmi finalmente svuotata, quasi libera. Stavo sfogando tutta la mia ira, finalmente mi dedicavo a ciò che amavo davvero.
Presto, recuperai le tecniche e cominciai a sbizzarrirmi con acrobazie ed esercizi, ricordando i saggi consigli di Lino, e gli accorgimenti che mi aveva costantemente suggerito nel corso dei mesi precedenti. Mi sembrava quasi di averlo al mio fianco, in questa corsa sfrenata nel vento, su delle scarpe da corsa con le rotelle.
Avrei perfino potuto spiccare il volo come un aereo.
Era il giorno del mio quattordicesimo compleanno, e non avrei desiderato dono migliore.
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Il volo dell'angelo
Fiksi Remaja"I miei rilucenti capelli biondi che fino ad allora avevo considerato insignificanti, sfrecciavano nel vento, come una bandiera che con fare trionfante illustra al popolo la sua magnificenza. Il caldo sole di aprile picchiava sulle nostre teste am...