Il Canale Morto

30 0 0
                                    

Le prime notizie di quello che successivamente fu chiamato il Canale Morto si hanno agli inizi del 1996, in un quartiere periferico di Seattle. La primissima testimonianza viene data da Lina Raynolds, allora sedicenne, che si trovava in casa insieme all’amica del cuore Nadia Fierro, approfittando dell’assenza dei signori Raynolds, usciti a teatro con dei colleghi di lavoro. Fuori imperversava un temporale e le due ragazze pensarono di non uscire, limitandosi a ordinare una pizza e guardare un film romantico, che però si rivelò talmente lungo e noioso che entrambe si assopirono sul divano davanti alla televisione.

Lina fu la prima a destarsi. La casa era buia e silenziosa, fatta eccezione per il rumore della pioggia. “Ricordo che mi svegliai in preda a una strana sensazione” riferì la sedicenne dopo il fatto. “Come se avessi sentito un rumore o qualcosa di simile. La tv era ancora accesa, ma il film era finito e sullo schermo c’erano delle immagini strane che non potrò dimenticare mai più.”

Era circa l’una del mattino. Le immagini alle quali Lina si riferì erano in uno strano color seppia, con un sottofondo curioso che le ricordava “una melodia cinese”. Dapprima, la ragazza pensò si trattasse di un documentario o qualcosa di simile, anche se fra un’immagine e l’altra non pareva esserci alcuna consequenzialità logica.

“Si vedevano marionette rotte abbandonate su un letto antico, con i fili aggrovigliati attorno alla testiera” raccontò Lina. “Poi si animavano da sole e iniziavano a imitare una scena di sesso. Subito lo trovai ridicolo, ma ben presto, non so neanche io perché, lo trovai sinistro: le marionette avevano gli occhi fissi e spalancati ed era chiaro che non le stava muovendo nessuno.”

Lina svegliò Nadia per farle vedere quello strano programma che, nel frattempo era cambiato. Adesso, lo schermo mostrava una fila di teschi deformi allineati su delle mensole di pietra. Sembravano strane fusioni fra ossa umane e di animale; l’inquadratura traballava come se la ripresa fosse stata effettuata a mano, e si udiva una persona ansimare e talvolta parlottare in una lingua che Nadia, studentessa in lingue, ipotizzò fosse russo, anche se non riuscì a definire le parole. La qualità delle immagini era pessima: oltre a non essere a colori, erano anche piuttosto buie e lugubri, e la musica di sottofondo spesso stonava e si storceva, diventando inquietante e angosciosa.

“Sentivo una pressione al petto” racconta Lina, “avrei voluto spegnere la tv ma al contempo avevo paura persino di respirare. È stato orribile”. 

Dopo i teschi, le immagini mostrarono una scala buia che scendeva in uno scantinato. L’inquadratura restò ferma per qualche attimo, poi due occhi lucenti scintillarono nel buio e si udì un ringhiare. Poi, ancora, l’immagine cambiò: si vedeva una figura molto sfocata e pallida che dondolava grugnendo. Quando l’immagine si mise a fuoco, rivelò un ragazzino macilento, con la mascella storta e gli occhi strabici, seduto contro un muro di mattoni, nudo, senza braccia. Era calvo, e dondolava avanti e indietro col busto, emettendo versi incomprensibili e guardando qualcosa di fronte a sé. In sottofondo c’erano delle persone che ridevano sommessamente, oltre che a parlottare a voce bassa. Lina riferì di aver udito la frase “Tagliamogli i testicoli” prima che l’immagine mutasse ancora.

“Vedemmo una donna molto vecchia, cinese o giapponese, che teneva una specie di strana chitarra in mano, ma le corde erano tutte aggrovigliate attorno alle sue mani, fin dentro la carne. Durante quella sequenza c’era il pianto di un neonato. La donna si chinò in avanti e vomitò. Ricordo che Nadia sussultò accanto a me.”

Le immagini continuarono, illogiche e inquietanti, per forse dieci minuti ancora, terrorizzando le due adolescenti che, come ipnotizzate, seguitarono a fissare lo schermo. Videro quelle che parevano le rovine di un ospedale, poi una fila di zampe di uccello allineate su un davanzale, in seguito un neonato privo di occhi dentro una culla nera ottocentesca. Poi, comparve una donna in abiti degli anni Sessanta seduta in modo scomposto su una sedia appoggiata a un muro bianco. All’angolo dello schermo, sul muro, stava un orologio antico che scorreva a ritroso. La donna era chiaramente morta, e iniziava a decomporsi.

Creepypasta 😈💀👿Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora