11. Abbraccio

496 45 6
                                    

Il sole era tramontato da un pezzo, facendo in modo che il cielo si tingesse di rosa.
Di quello stesso colore, erano anche le guance di Yuno: ma come aveva potuto Jean fare una cosa simile? Baciarla, così all'improvviso?
Eppure, alla giovane, che si allontanava sempre più dalla casa dell' amico, quel bacio non era dispiaciuto affatto.
Anzi, le era piaciuto tanto sentire il suo cuore e quello di Jean battere all'unisono, assaporare un po' delle sue labbra, rubargli un po' del suo tempo.
Ma, nonostante ciò, come aveva potuto Jean coglierla così tanto alla sprovvista? Invitarla a cena in un posto che era sempre stato suo, nel luogo dov'era cresciuto?
E mentre Yuno, con la testa affollata di pensieri, vagava per le strade del villaggio, la luce del giorno diminuiva sempre di più, lasciando spazio al buio della notte.
La ragazza pensava, e ripensava, a quanto si era sentita bene nella casa del soldato: era da così tanto tempo, che non ammirava la bellezza di una madre.
Il rumore dei suoi passi era l'unico che la giovane riusciva ad udire, quando quello dei movimenti di qualcun altro si fece sempre più vicino, e il suo braccio non venne afferrato da una mano.
Dalla mano di qualcuno di cui aveva già gustato il calore.
Yuno fu costretta a voltarsi, sebbene avesse già capito chi era stato a fermarla.
Dunque, sorridendo, si girò verso Jean, il cui volto era illuminato, soltanto per metà, dalla flebile luce di un lampione vicino: anche lui stava sorridendo.
"Mi hai seguita, per caso?"
"È sera. Ti accompagno a casa."
E detto ciò, continuarono il cammino insieme.

•••••••

"Posso farti una domanda?"
Jean ruppe il silenzio che si era creato, mentre la notte era già calata sul mondo all'interno delle mura e, molto probabilmente, anche su quello esterno.
"Mi hai baciata, figurati se non puoi farmi una domanda!"
Nella voce di Yuno, c'era un non so che di provocatorio, che subito fece arrossire Jean, mentre un vento leggero muoveva i loro vestiti e i biondi capelli della giovane, che parevano danzare e non avere intenzione di smettere.
"Tu non hai una casa, giusto?"
La biondina, che camminava davanti al ragazzo, a quelle sue parole, si fermò di scatto: come aveva fatto a capirlo?
E, poiché il vento di prima si fece sempre più violento, il corpo di Yuno venne percorso da brividi di freddo, mentre la sua testa si mosse prima su e poi giù.
"Andiamo a casa, Yuno."
Detto ciò, i due giovani cambiarono direzione, ma la biondina, con lo sguardo fisso a terra, non sembrava esserne tanto felice.
"Perché non me l'hai detto?"
La ragazza alzò il viso, quasi come non capisse ciò che il soldato le avesse sussurrato.
"Perché avrei dovuto dirti che sono sola come un cane?"
I suoi occhi azzurri si fecero lucidi, e tornarono a fissare il suolo.
Jean, invece, a quelle parole, sorrise.
Ma il suo era un sorriso carico di malinconia, anziché di gioia.
Il sorriso di chi aveva capito tutto.
"Che ne dici se dormi da me?"
Ascoltato ciò, Yuno alzò velocemente la testa, sorpresa.
"Non guardarmi così! Mica ti faccio stare tutta la notte sola."
E in quel momento, Yuno non riuscì a non sorridere alla dolcezza, che il ragazzo le aveva dimostrato.

•••••••

"Ecco a te!"
Jean porse a Yuno delle coperte, dato che, quella notte, faceva abbastanza freddo.
La ragazza le prese: erano così soffici.
Ricordava ancora quando, appena sveglia, si precipitava sul letto della madre e iniziava a saltare, fino a quando i genitori non si svegliavano e non potevano stare tutti e tre insieme.
Quando, dopo aver fatto colazione, il padre, prima di uscire per andare a lavorare, le sfiorava i capelli con le sue labbra.
E quando aiutava la madre, tutte le mattine, a sistemare la casa.
Ricordava quanto era felice, e quanto le mancassero quei momenti di gioia.
I suoi momenti di gioia.
Dopo la distruzione del Wall Maria, infatti, Yuno non rivide più i soffici e lunghi capelli biondi della madre che, quando la abbracciava, le facevano il solletico, sfiorandole il viso, né i meravigliosi occhi azzurri del padre, in cui la giovane si specchiava, quando era bambina.
Dopo la distruzione di quelle mura, Yuno non provò più momenti di gioia.
Fino a quando, ovviamente, non scelse di diventare un soldato.
La sua vita, dopo quella scelta, divenne molto più serena, perché la ragazza non trascorreva più intere giornate da sola, a piangersi addosso.
Tuttavia, quando veniva dato ai soldati il permesso di ritirarsi a casa, per salutare le proprie famiglie, Yuno ritornava ad essere sola: non aveva nessuno da abbracciare, nessuno, nei cui occhi, poteva specchiarsi.
Ripensando alla sua infanzia, a Yuno scappò una lacrima, seguita da un'altra e da un'altra ancora, mentre Jean, immobile, ammirava la sua debolezza.
Debolezza, che usciva allo scoperto pochissime volte, perché mascherata da una grande forza.
Eppure, talvolta, si ha bisogno di piangere e di essere deboli.
Di essere deboli, per ritornare più forti di prima.
E Yuno lo stava facendo.
Yuno stava piangendo, per ritornare a sorridere ancora, e ancora.
Fino alla fine della sua vita.
Stava piangendo, come faceva sempre, durante le notti passate da sola.
Eppure, questa volta, qualcosa era cambiato.
Yuno, infatti, non era più sola.
E mentre la giovane non riusciva a smettere di singhiozzare, venne avvolta da un abbraccio: la biondina riuscì, finalmente, a sfiorare i capelli di qualcuno, che facendole il solletico, la costrinse a ridere.
Infine, Yuno riuscì a specchiarsi, dopo tanto tempo, negli occhi di qualcuno.
In due occhi marroni, riusciva a vedere il suo riflesso.
Lei e Jean, rimasero in quella posizione, uno avvolto nel calore dell'altra, per diverso tempo, ma nessuno dei due seppe mai dire, con precisione, quanto.
Fino a che il soldato non prese tra le sue mani il viso della biondina, per poi avvicinarlo al suo.
E quando le labbra di entrambi potevano, oramai, toccarsi, Yuno, sorridendo, impedì tale gesto.
Il giovane era confuso, e forse anche un po' triste che i suoi tentativi fossero andati, così facilmente, in fumo.
Ma nonostante ciò, ricambio il sorriso dell'amata, avvolgendola, nuovamente, in un caldo abbraccio.
Un abbraccio che durò un'infinità: Yuno, ne era certa, non si sarebbe sentita mai più sola.

E se, per caso, fosse morta, anche lassù, non sarebbe stata da sola.
Anche perché i soldati muoiono, ma non muoiono mai.

Soldato [Completata]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora