Capitolo Due

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"Han diritto agli allori del trionfo coloro che, conoscendo meglio di tutti i benefici della pace, non si sono sottratti alle sofferenze della guerra."

[Pericle]


Sono buttata sul letto a guardare il soffitto, della mia camera, da circa venti minuti buoni, da quando Ares mi ha lasciata davanti al cancello della villa in cui abito con la mia famiglia. È andato via sgommando, non è nemmeno entrato a salutare i miei fratelli. Durante tutto il viaggio sentivo i suoi muscoli, sotto le mie mani, indurirsi come se trattenesse un'attacco d'ira. Non mi avrebbe stupito se improvvisamente si fosse fermato per prendere a pugni un'albero per scaricare la rabbia.

Lo fece anche quando gli dissi, per la prima volta, che avrei rinunciato al mio titolo per diventare una semplice umana. Era talmente tanto fuori di se che il pugno che diede al muro, dietro casa sua, creò un buco che, lui stesso, non volle mai che fosse riparato. Diceva che quello era la prova della sua forza e che dovevo ringraziare che, quel giorno, non l'avesse dato a me. È un ragazzo con forti attacchi d'ira e spesso è capitato che finisca in mezzo alle risse a scuola, ma non ha mai attaccato una donna.

Alle fin fine, se prima, ha resistito alla tentazione di fermare la moto per prendere a pugni qualunque cosa, può essere visto come il segnale che finalmente sta rinunciando a questa guerra persa in partenza, ho preso la mia decisione ormai.

Ma giustamente che ci si poteva aspettare dal Dio della guerra? La caparbietà e la violenza fa parte della sua natura.

Qualcuno bussa e poco dopo sulla porta fa capolinea la testa bionda di mia madre che mi sorridere. «Posso?»

Mi metto seduta sul letto e le faccio segno di venirsi a sedere accanto a me. Lei, tutta sorridente, viene a sedersi. In realtà mia mamma è la mia vera e unica migliore amica, è a lei che dissi la prima volta che non m'interessava il mio titolo ed è sempre lei l'unica che mi ha sempre protetta e salvata dai miei fratelli. È dolce, buona e gentile, non per niente si chiama Dafne: la ninfa.

«Allora... ho visto che ti ha riaccompagnata Ares, state cercando di ricostruire un'amicizia?»

Scuoto la testa da destra verso sinistra. «No, mi ha portata qua solo perché gliel'hanno chiesto i ragazzi».

«I tuoi fratelli si dovrebbero fare gli affari loro, come anche per la storia di Abidos. Se mai t'interesserà sarai tu a farti avanti, non hai bisogno della "spintarella" dei tuoi fratelli».

Ride leggera, come per alleggerire l'aria intorno a noi, e io la seguo ripensando a quanto possano essere assillanti gli altri con questa storia.

Sospiro piano prima di sputare il rospo con mamma: «Ho discusso di nuovo con Ares».

«Non sarebbe una novità, è da quando avevi otto anni che va' avanti così».

«E sempre per lo stesso motivo, non riesco proprio a capire perché lui non riesca ad accettare la mia decisione».

«Oh bambina mia. Lui l'ha capito ma non riesce a rinunciare a te, come in realtà nessuno di noi. La legge del nostro Clan è molto chiara e precisa su chi decide prima di rinunciare al proprio titolo e poi al nome...»

«Famiglia e amici appartenenti al Clan non possono avere rapporti con me una volta cambiato nome. Sarò costretta a lasciare il Clan».

Lei fa' di si con la testa con aria triste e sconsolata. Conosco molto bene la legge del nostro Clan e ho assistito di persona all'allontanamento di qualcuno. Ma nemmeno questa consapevolezza mi ha mai fatto desistere dalla mia scelta.

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