Capitolo Uno

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Zeus supplicante osservi con mente propizia

questo nostro stuolo salpato su navi

dalle bocche sabbiose del Nilo.

Lasciammo la terra di Zeus

che con la Siria confina e fuggimmo esuli

non perché condannate da pubblico voto

per colpa di sangue

ma perché ripudiamo uomini della nostra stirpe

e abominiamo il connubio e l'empio progetto

dei figli di Egitto.

[Eschilo - Supplici]


Chiudo l'anta dell'armadietto di scuola con una tale violenza che il suono rimbomba in tutto il corridoio attirando l'attenzione di tutti gli studenti, che, al momento, sono intenti a cambiare aula. Vado verso la sede del giornalino scolastico a passo spedito e con la rabbia che mi esce dalle orecchie in rivoli di fumo nero.

Entro nella piccola aula dove trovo Caterin seduta alla sua postazione, un semplice banco con sopra uno dei sei computer, intenta a scrivere chissà quale interessante articolo per la rubrica di scienze e psicologia di cui si occupa da oltre un anno.

Senza annunciare la mia presenza con alcun saluto cordiale, sbatto i miei libri sulla sua scrivania facendole fare un salto sulla sedia distraendola dal suo lavoro.

Si porta una mano al petto nell'intento di rallentare i battiti cardiaci aumentati a causa mia. «Atena, ma che diamine! Ma ti sembra il modo di arrivare?»

«Si, quando il preside maschilista ti chiama in presidenza per ordinarti che nei prossimi numeri del giornalino scolastico, in prima pagina, ci dovranno essere le facce stupide e bigotte dei giocatori di basket. E tutto perché la settimana prossima inizia il campionato e... e a me verrà l'ennesimo esaurimento nervoso dell'anno!»

Caterin sbatte un paio di volte le sue lunghe ciglia nere sui i suoi splendidi occhi neri come il carbone. «E la sfilata di moda? E il concorso di scienze del mese prossimo? E...»

Sbuffo sonoramente. «Tutto in seconda pagina.»

«Che cosa?» L'ottava che ha raggiunto la voce della mia amica mi stura un timpano mentre, da una postazione più avanti, Den si affaccia con aria interrogativa. Io lo guardo e sospirando rispondo alla sua tacita domanda:«Ci toccherà sopportare nuovamente il periodo delle foto stupide in prima pagine e degli articoli copia e incolla.»

Gli occhi blu di Den raggiungono il soffitto per poi tornare su di me. «Per la gioia della squadra di basket, le cheerleader e quell'oca giuliva di Elena Emmistron.»

«Già.» Raggiungo la mia postazione sconfortata da tutto questo. Accendo il computer e collego la macchina fotografica con la quale, ieri sera, ho fatto le foto alla squadra di tennis che aveva la semifinale, alla quale il preside, ovviamente, non era presente. Macché il signor Donold è interessato solo ed esclusivamente alla sua splendida e meravigliosa squadra di basket, ovviamente la migliore fra le scuole del continente. Alcuni ex allievi della scuola, che facevano parte della squadra, sono ora in alcune delle squadre più importanti d'America.

Fra le varie foto che sto ricontrollando mi compare davanti agli occhi il primo piano di un ragazzo intento a battere la palla: Juan Baliet, quarto anno, più grande di me di un anno, occhi neri, pelle scura, capelli tinti di bianco sui lati della testa, muscolatura perfetta e: il mio più grande amore dal primo anno di liceo.

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