Capitolo Sette

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"Ricordando i giorni di tristezza, i ricordi mi inseguono.Ricordando i giorni di gioia, io inseguo i miei ricordi."

[Anonimo]

Siamo appena arrivati davanti casa di Ares, il viaggio è stato, tutto sommato, tranquillo se non tengo in considerazione il battito del mio cuore super accelerato. Forse potrei utilizzare, con me stessa, la scusa che ho paura della velocità o delle moto, ma nessuna delle due scuse reggerebbe. E poi già il fatto stesso che mi dico che devo trovarmi una scusa per nascondere la reazione del mio cuore alla troppa vicinanza con Ares...

Mi tolgo il casco ed osservo l'enorme villa a due piani davanti a me. Sembra passato un secolo dall'ultima volta che sono venuta qua, e pensare che quando ero bambina ci passavo le mie intere giornate qua dentro, assieme ai miei fratelli. L'ultima volta che sono venuta qua Agamennone era veramente molto piccolo, forse aveva cominciato a parlare da poco e magari nemmeno si ricorda di quell'ultima e disastrosa giornata qui dentro.

Vedo una delle finestre al secondo piano illuminata e per un'attimo il mio cuore perde alcuni colpi, sono anni che non parlo, nemmeno per un semplice saluto, con i genitori di Ares ed ora ho un po' paura ad incontrarli di nuovo.

Ares, invece, non sembra minimamente preoccupato, anzi, si sta comportando come se io e lui non ci fossimo mai allontanati in tutti questi anni, come se non fosse mai accaduto che io avessi preso la decisione di andarmene dal Clan.

Si toglie il casco e a passo deciso raggiunge l'entrata della villa. Io non lo seguo, rimango immobile vicino alla moto con il casco in mano ad osservare quell'unica luce accesa.

Ares si ferma e si volta a guardarmi con un sopracciglio alzato, segue il mio sguardo e quando torno su di me sul suo viso si forma quel suo sorriso rassicurante che ancora sono certa lui rivolga solo a me. «Tranquilla Atena, non ti sbraneranno. Anzi, sono certo che saranno felici di rivederti.»

Io faccio un leggero cenno con la testa e in assoluto silenzio lo raggiungo per poi entrare in casa assieme. Appena entra grida un:«Sono a casa!»

Dal salotto gli risponde la melodiosa voce della madre: Ecuba. «Ben tornato! Siamo di qua!»

Lui si volta verso di me per poi dirigersi nel salotto, è rimasto tutto come me lo ricordavo, è quasi strano. Appena entra nel salotto Ares mi annuncia. «Abbiamo un ospite oggi a cena.»

La madre Ecuba, che è seduta sul divano bianco abbracciata al marito Ettore, si volta a guardare il figlio assieme al compagno. Lei da prima spalanca gli occhi per poi scattare in piedi e correre ad abbracciarmi. «Mia dolce e piccola Dea Atena, che bello rivederti!»

Ecuba si alza e viene a stringermi fra le sue braccia. Io per un attimo rimango impalata, non so che fare, ma poi ricambio il suo abbraccio. Anche Ettore viene da me ma, a differenza della moglie, rimane in piedi davanti a me in silenzio con un leggero sorriso sulle labbra.

Lui e il figlio sono molto simili sia per il colore degli occhi che per quello dei capelli. Ade, a differenza di Ares, somigliava alla madre: capelli neri e occhi blu notte.

Ecuba si allontana di poco da me. «Come stai mia Dea?»

«Ti prego chiamami solo Atena. Comunque bene, grazie» rispondo cortese.

«Hai lasciato quell'umano?» domanda Ettore, senza alcun tatto. Tipico di lui, dice sempre quello che pensa.

Io rimango per un attimo senza parole davanti a questa domanda. Sono a conoscenza che loro sappiano tutto sulla mia vita, non è un segreto per nessuno all'interno del Clan e loro, inoltre, fanno parte del gran consiglio.
Ecuba dà uno schiaffo sul pettorale del marito. «Non sono affari che ti riguardano» lo riprende lei, un po' bonariamente.

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