Capitolo Sei

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"Non è tanto dell'aiuto degli amici che noi abbiamo bisogno, quanto della fiducia che essi ci aiuterebbero nel caso ne avessimo bisogno."

[Epicuro]


Dopo quello che mi hanno raccontato i miei fratelli ieri non me la sono proprio sentita di uscire per una serata romantica con Juan. Così l'ho chiamato dicendogli che mi ero sentita poco bene e che quindi ci saremmo visti il giorno dopo a scuola. Sembrava molto triste al telefono, mi è dispiaciuto molto. Chissà quali progetti aveva per ieri sera e io gliel'ho mandati a monte, ma giustamente, lui che ne può sapere delle problematiche del Clan?

Ora sono a scuola, sono arrivata prima e senza i miei fratelli. Vorrei stare per conto mio almeno per ora, non perché non voglia stare in loro compagnia ma semplicemente perché in questo momento ho bisogno di rimettere in ordine le idee.

Sono ferma davanti all'armadietto aperto da non so quanto tempo, fisso il vuoto totale senza fare niente. Forse sono arrivata ad una mini conclusione che potrebbe, almeno momentaneamente, placare la profezia: rompere il fidanzamento con Juan e tenerlo il più lontano possibile da me.

Ma se poi non fosse lui la causa della mia fuga dal Clan? Avrei semplicemente rotto il cuore ad un ragazzo e io non mi sarei goduta una semi vita normale.

Mi sta venendo solo un gran mal di testa a forza di pensare a tutte queste cose, vorrei gridare ma non posso. Vorrei confidarmi con qualcuno, chiedere consiglio e aiuto, ma a chi? A parte che ai membri del Clan deve rimanere segreto il fatto che io conosca tutta la profezia e le scoperte di Ade. Ma anche se fosse: chi mai mi potrebbe aiutare a mettere insieme i tasselli di questo intricatissimo puzzle?

«Atena!» improvvisamente mi risveglio come da una sorta di stato comatoso e mi giro a guardare il volto sempre sorridente di Juan, ora aggrottato in un'espressione preoccupata. «Ti ho chiamata almeno cinque volte. Ti senti bene? Non hai un bel colorito».

Scuoto leggermente la testa e cerco di sorridergli nella maniera più naturale possibile. «Si, tranquillo ero solo sovrappensiero, tutto qua.»

Juan mi si avvicina e poggia le sue labbra sulla mia fronte, stranamente per la prima volta da quando ho cominciato a frequentarlo, non le trovo calde e morbide come sempre. Resisto alla tentazione di allontanarlo da me. Deve sembrare tutto normale, come sempre. «Non sei calda» dice «Però, visto che ieri non sei stata tanto bene, magari per oggi potevi rimanere a casa a riposare».

Gli sorrido, so che lo dice per me e giustamente lui che ne può sapere di tutto quello che mi gira per la testa a causa di un ragazzo scomparso da anni che ha lasciato dietro di se una profezia catastrofica da risolvere.

«Non ti preoccupare Juan, sto seriamente bene.»

Lui mi sorride di rimando e dopo avermi scoccato un leggero bacio sulle labbra ed esserci dati appuntamento all'ora di pranzo a mensa, se ne va verso la sua classe. Io recupero i libri necessari per la lezione di matematica ma appena mi giro per andare in aula mi ritrovo faccia a faccia con il petto di un ragazzo.

Non ho bisogno di alzare la testa per vederlo, già so chi è: Ares.

Riconoscerei il suo odore fra mille, anzi molto spesso lo faccio, ad esempio quando sono in mensa, oppure in cortile. Ma ultimamente il suo solito odore di muschio unito a quello leggerissimo e quasi impercettibile del sangue, tipico del Dio della guerra, si è mischiato, in minima parte, a quello dolce delle rose. Il tipico odore della Dea Afrodite.

«Problemi con Juan?»

Incrocio per un attimo gli occhi verdi di Ares ma li abbasso quasi subito. «No, e anche se fosse non sono affari tuoi Ares. Mi pare di avertelo già detto».

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