"La condizione dell'uomo poggia su buone basi: nessuno è infelice se non per sua colpa.Ti piace vivere? Vivi; se no, puoi tornare da dove sei venuto."[Lucio Anneo Seneca]
E, anche oggi, le lezioni sono terminate. A passo svelto attraverso il corridoio che dalla redazione del giornalino scolastico porta all'uscita. È quasi da non credere che è già passata una settimana da quando ho ripreso il mio titolo ma ancora non voglio abbandonare delle piccole abitudini, come il giornalino. E poi, sinceramente, non m'interessa entrare nelle cheerleader, mi piace la ginnastica ma non mi va a genio l'idea di dover far parte di un gruppo di oche.
Ripenso a questa lunga settimana: sono sempre stata con i miei fratelli e con i ragazzi della squadra di basket. Per la prima volta, dopo anni, ho notato gli occhi invidiosi di alcune ragazze della scuola mentre mi vedevano nel gruppo dei VIP. Caterin mi ha chiesto come mai io abbia cambiato idea su di loro e la mia risposta è stata semplicemente che avevo rivisto le mie cattive opinioni sul quel gruppo. Dopotutto ne fanno parte i miei fratelli.
«Atena!» mi fermo in mezzo al corridoio e mi volto vedendo Juan raggiungermi velocemente e con un'enorme sorriso sulle labbra che io contraccambio, «A quanto vedo, finalmente, ho la mia occasione per portarti a casa... e passare un po' di tempo da solo con te. Ultimamente sei sempre circondata da tutta quella gente e non trovo mai l'occasione giusta per poterti parlare».
Ecco, anche lui è una piccola "abitudine" che non voglio abbandonare. Forse non voglio lasciar perdere i miei sentimenti per Juan perché significherebbe accettare, completamente, le parole della Sibilla Cumana.
«Hai visto?! Finalmente ci sei riuscito» gli sorrido di rimando felice, veramente, di rivederlo da solo dopo tanto.
Continuiamo a parlare del più e del meno mentre andiamo verso le macchine parcheggiate, fra le quali c'è quella sportiva che gli appartiene. Mi sta raccontando un'aneddoto troppo divertente di una cosa successa durante gli allenamenti di tennis quando una voce, fin troppo famigliare, mi richiama all'ordine.
«Atena, andiamo?!» mi volto a guardare Ares dietro di me. Ha un'aria seria di quelle che non ammettono repliche e sembra, quasi, arrabbiato. Probabilmente perché sono in compagnia di Juan. Se fossi stata con Abidos ora non sarebbe là a fare la parte del cane da guardia.
Juan si volta a guardarmi. «Devi andare con lui?»
Alzo le spalle non curante. «No, tranquillo. Possiamo andare».
Gli sorrido per rassicurarlo ma ancora una volta s'intromette Ares. «E, invece, mia cara, i tuoi fratelli mi hanno chiesto nuovamente di portarti a casa».
Io sorrido beffarda. «Stai tranquillo, Ares, puoi andare, io oggi ritorno con Juan».
«Non puoi!»
Sbatto le palpebre un paio di volte incredula. «Come scusa?» ora mi sto cominciando ad alterare.
«I tuoi amati fratelli mi hanno chiesto, espressamente, di portarti a casa. Se arriverai in compagnia di qualcun'altro io perderò di credibilità».
Alzo gli occhi al cielo, sto per ribattere quando prende la parola Juan: «Tranquilla, Atena. Ci vediamo domani a scuola».
Lo saluto velocemente per poi seguirlo con lo sguardo mentre sale in macchina e va via.
«Le divinità vanno solo con...»
«Come te e Afrodite?» mi volto con tutta la rabbia che ho in corpo, ma come si permette di farmi la paternale?! «Sai non tutti possono essere fortunati come voi due».
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Olympos
FantasyI nostri antenati sono fuggiti, credevano nella forza degli Dei dell'Olimpo, hanno tramandato a molti di noi poteri magici e sconosciuti. Fu creato un Clan che ospitasse solo i discendenti dell'antica Grecia, coloro che credevano nella potenza degl...