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Era un freddo Lunedì di Dicembre, il vento gettava i rami degli alberi ormai spogli di qua e di là, come in una danza sciamanica. Amalia adorava l'inverno, era la sua stagione preferita, e ogni volta che era alle porte, si sentiva rigenerata e felice. L'estate non le andava a genio, non é che il mare non le piacesse, anzi, d'inverno ne approfittava per vedere le mareggiate e le burrasche, ma odiava il sole. Era una ragazza tollerante, mangiava perfino i carciofi! Ma il sole, il sole non poteva sopportarlo e, per di più, le faceva venire sempre un forte mal di testa.
Amalia si alzò dal letto e corse in bagno per minimizzare il contatto con il pavimento gelido, visto che era abituata a dormire scalza anche d'inverno; saltò sul tappeto del bagno e chiuse la porta con un calcio, aprì l'acqua dal lato freddo e se ne gettò un po' sul viso, per risvegliare il cervello ancora addormentato.
Fece una doccia veloce e scese a fare colazione; come sempre era l'unica sveglia in casa, dato che sua madre aveva il turno di notte e il giorno dormiva tutto il tempo; prese una mela e un po' di succo e tornò di sopra per preparare lo zaino.
Dopo aver mangiato e preso i libri per scuola, andò di nuovo al bagno per un'ultima controllata allo specchio, e notò che aveva due puntini rossi sul labbro inferiore; proprio mentre si avvicinava per controllare meglio, il telefono le vibrò in tasca, era Elena, la sua compagna di banco che la chiamava per chiederle di copiare inglese, le disse che a scuola l'avrebbero fatto insieme, e glielo avrebbe spiegato. Prese la giacca e scese al piano di sotto.

La mattinata era trascorsa bene, tra compito di francese, interrogazione di latino e spiegazione di inglese.
Amalia tornò da sola a casa; Violet, la sua migliore amica, era dovuta andare via alla prima ora; la nonna si era sentita male come le capitava molto spesso ultimamente, sarebbe voluta andare a trovarla anche Amalia, che voleva bene alla nonna Maria come fosse la sua, che era morta tre anni prima, un dolore che ancora oggi le faceva visita, e che non era affatto leggero.
Stava passando per il corso, la strada più veloce per arrivare a casa, quando sentì in bocca il sapore amaro del sangue. "I puntini di stamattina!" Pensò Amalia, ma oltre al sangue, c'era altro, una sensazione fastidiosa ai denti, come una pressa.

Quando tornò a casa, la mamma si era alzata, stava misurando il pavimento della cucina a grandi passi, non era una buona cosa.
«Amalia! Finalmente sei tornata tesoro, come stai?» chiese la madre vedendola comparire sulla porta.
«Ciao mamma, tutto bene, a scuola sempre le solite cose. Tu invece, come stai?» e sorrise cercando di nascondere l'espressione a punto interrogativo che assumeva sempre quando la mamma si alzava prima.
Nora, sua mamma, era una donna di mezza età, alta e magra come un chiodo, aveva i capelli biondi a caschetto, e occhi azzurri con qualche sfumatura di grigio; non dimostrava affatto la sua età, sembrava avere trent'anni, ma le sue occhiaie tradivano la sua stanchezza e la sua debolezza. Suo padre invece, Luca, era morto l'anno prima in un incidente stradale di notte, anche se il suo corpo era stato trovato con ferite che non avevano niente a che vedere con un incidente in macchina.
Amalia sapeva che in famiglia c'era qualcosa di strano, un qualcosa che a lei era nascosto, e lo pensava soprattutto perché Nora parlava tra sè e sè di cose incredibili, da fantasia, e ogni volta che Amalia le chiedeva di ripetere lei girava i tacchi e andava in camera da letto, con la scusa del sonno e del lavoro.
Amalia ormai era abituata a trovare sempre da sola risposte a domande che lei stessa poneva alla madre, e qualche volta anche alla zia materna, ma era anche stanca dei loro comportamenti.
«Come vanno i denti?» chiese Nora con naturalezza. Amalia la guardò con curiosità, indugiò un attimo, poi si avvicinò e disse alla madre: «Come fai a sapere che mi fanno male i denti, é successo poco fa...» Nora la guardò con sguardo assente, poi sembrò tornare in sè e sorrise dirigendosi in camera da letto.
Quando la madre si comportava in quel modo, ad Amalia sembrava di essere in un film Horror, e, per quanto li amasse, aveva paura di quel che sarebbe potuto capitare un giorno, se la madre avrebbe perso lucidità. Non ne aveva mai parlato con nessuno, nemmeno con Violet; aveva paura di quel che sarebbe successo se ne avesse parlato con qualcuno, aveva già perso suo padre, non voleva rimanere sola, e anche se sua madre non stava molto bene era il suo faro nella notte, una flebile luce, impercettibile, ma pur sempre luce, e la luce, anche se debole, illumina sempre qualcosa.
Amalia era una grande scrittrice, sapeva canalizzare le emozioni e confluirle su carta; forse per quello che le era successo, per quello che la vita le aveva riservato, ma sapeva come descrivere le emozioni sue e altrui.
La sera arrivò subito, Nora uscì alle otto, e Amalia rimase sola in casa, come sempre.
Si mise al computer, per fortuna non avevano problemi economici, suo padre le aveva lasciato un enorme patrimonio, e la zia le allungava sempre delle bustarelle con cento euro dentro, ogni mese. Scrisse il tema di italiano, la guerra; era un argomento che le interessava molto: per lei non esisteva solo la guerra materiale, concreta, ma anche la guerra emotiva, astratta.
É straordinariamente vero come una parola faccia più male di un pugno, come un immagine crei più dolore di una ferita.
Ispirata da quei pensieri, scrisse sette pagine sulla guerra, le stampò e le raccolse in un plico; poi si mise il pigiama e si lavò i denti, lesse qualche capitolo del suo libro preferito, e si addormentò; non avrebbe mai potuto immaginare quel che gli sarebbe capitato di lì a poco.

La stirpe dei VampiriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora