Amalia guardò Roma dal cielo.
Era notte, e le luci dei lampioni donavano alla sua città una bellezza da mozzare il fiato.
«Sai, io vengo dall'America. Mi sono trasferito qui in Italia quando ho scoperto di essere un vampiro.»
«Com'é stato?» chiese Amalia rimanendo incantata dalla città.
«Cosa, trasferirsi?»
«No, scoprire di essere un vampiro.»
«Preferirei non parlarne.»
«Male. Adesso mi capisci, no?»
Davis la guardò di sottecchi, poi le chiese di scendere nella periferia di Roma.Quando scesero, Amalia si sentiva elettrizzata; aveva volato veramente!
Peccato che il prezzo da pagare era di essere un mostro.
«Adesso cosa facciamo? Insomma, casa mia non é affatto sicura e... Mia mamma!» Amalia si portò una mano alla bocca, come aveva potuto dimenticarsene? Certo, erano poche le volte in cui stavano insieme, ma aveva avuto una visione e non si era preoccupata di salvare sua madre!
«Tua madre é al sicuro. I vampiri non possono uccidere i familiari di un altro vampiro, o anche solo fargli del male. C'é una specie di barriera in ogni parente, che é il segno del vampiro di famiglia. Tu, quando sei nata, hai lasciato una barriera protettiva attorno a tua madre, in modo che nessun essere sovrannaturale potesse farle del male.»
Amalia annuì e si costrinse alla calma. Era già una situazione difficile, non poteva permettersi di agitarsi.
«Non posso sempre scappare, dobbiamo trovare una soluzione. Perché vogliono uccidermi?»
«Forse qualche vampiro della tua famiglia ha fatto qualcosa che non doveva fare...»
«Io nemmeno la conosco la mia famiglia! Mio padre é morto, ma i suoi parenti non li ho mai conosciuti. I miei nonni materni sono morti. Mia mamma é l'unica persona che mi rimane, oltre a mia zia, ma sono tutte e due irremovibili sul fattore famiglia. Sai quanto volte ho chiesto loro se avessi degli altri nonni, o cugini? Sempre la stessa risposta: a volte é meglio non sapere, la tua famiglia siamo noi, non hai bisogno di nessun altro.» Davis le si avvicinò e, senza pensare, la abbracciò. Amalia rimase un attimo sorpresa, poi si abbandonò a quell'abbraccio e affondò il volto nel petto dell'altro, le lacrime agli occhi.
Restarono qualche istante immobili, ad ascoltare i loro battiti del cuore e i loro respiri; avevano bisogno di un contatto umano, Amalia ne aveva bisogno da quando il mondo le era crollato addosso, Davis invece ne aveva bisogno da molto tempo, dato che ne aveva passato troppo senza provare emozioni, senza seguire i suoi sentimenti.
Quando si rese conto di quel che era successo, Davis si staccò dall'abbraccio e fece qualche passo indietro, imbarazzato.
«Va meglio?» le chiese.
«Sì, grazie, ne avevo bisogno.» Amalia si asciugò le lacrime e poi lo guardò.
«Devo averti inzuppato tutta la maglia però.» Davis rise e si tastò la maglietta, era bagnata tra la spalla e il collo, e sul petto.
«Menomale che non eri truccata!»
Risero tutti e due, e per un attimo si dimenticarono delle loro vite, Davis della sua solitudine, e Amalia della sua trasformazione e della sua famiglia. Passeggiarono sotto il chiaro di luna per tutta la notte, parlando del più e del meno, e di loro stessi. Si fermarono solo quando scorsero tra gli alberi le prime luci dell'alba illuminare il cielo.
«Allora, dove andiamo?» chiese Amalia.
«Da un mio amico, ti dobbiamo addestrare. Mi fido solo di lui.»
«Va bene, ma se a casa mia non posso tornarci, dove andrò a stare?»
«Ti troverò un posto sicuro e tranquillo, solo per dormire e riposarti, tanto starai tutto il giorno con me, ad allenarti.»
Amalia però era un po' turbata, non voleva lasciare casa sua, e neanche sua madre.
«Okay, ma mia mamma?»
«Puoi scegliere: farle andare via la memoria o coinvolgerla in questo nuovo mondo.»
Amalia guardò a terra, non riusciva ad immaginare sua madre coinvolta in quella faccenda, era già troppo per lei. Inoltre sua madre sarebbe stata meglio senza alcun ricordo, di lei e di Luca. Non avrebbe avuto più quel dolore che le era piombato addosso come un macigno; sarebbe stata felice, finalmente.
«Voglio che mia madre sia felice e la soluzione é quella di cancellarle la memoria, tutta.»
«Quindi dovresti cancellare... Quanti anni hai?»
«Sedici, ma non basta. Devi farle dimenticare anche papà, non voglio che il dolore la opprima ancora.»
«Va bene, ma sta a te cancellarle la memoria, quindi devi essere pronta tu a fare uno sforzo simile.»
«Io posso cancellare la memoria? A chiunque?» Amalia rimase a bocca aperta.
«Certo, sei un vampiro! Solo che é molto difficile, devi avere una concentrazione impeccabile, ma tu sei una novellina, non credo tu possa riuscirci già dal secondo giorno della trasformazione.»
«Ci proverò, se é per il bene di mia mamma. Quindi diciotto anni da cancellare... Su, andiamo!»
«Okay. L'addestramento aspetterà.»Presero la metro e si sedettero uno di fronte all'altro, ognuno perso nei proprio pensieri, guardando fuori dal finestrino. Arrivarono prima di quanto pensassero; Nora era tornata da lavoro e stava dormendo nel suo letto, non si era accorta dell'assenza di Amalia, quando tornava dalla nottata era così stanca che andava subito in camera sua.
Entrarono silenziosamente, attenti a non fare rumore.
«Adesso che arriviamo in camera di tua mamma devi posarle la mano sulla fronte e concentrarti sui ricordi che ha di te e di tuo padre; comincia con i tuoi ricordi, poi i suoi penetreranno nella tua mente fondendosi con i tuoi.
Amalia annuì, poi aprì cauta la porta della camera di Nora. Era buia completamente, segno che sua madre aveva di nuovo l'emicrania.
Quando arrivò al lato destro del letto matrimoniale, cercò di trattenere le lacrime vedendo sua madre dormire tranquilla, ignara di ciò che era accaduto. A proposito, come faceva a vederla con tutto quel buio? Forse era un altro privilegio di essere un mostro.
Le posò piano una mano tremante sulla fronte e chiuse gli occhi. I ricordi la assalirono velocemente, opprimendole il petto e lasciandola senza respiro, per troppa che era la commozione.
Un silenzio pesante gravò nella stanza, l'unico rumore che si riusciva a percepire erano i singhiozzi di Amalia, prima sommessi e poi sempre più forti. Nora sentiva la presenza della figlia ma non riusciva ad aprire gli occhi. Lei adesso sapeva cosa era successo, e sapeva anche che tra poco non avrebbe saputo più nulla. Cominciò a piangere anche lei, nella speranza che sua figlia si fermasse.
Amalia rimase concentrata nonostante quel che stava succedendo; appena aveva focalizzato il ricordo di lei, a otto anni, con suo padre e sua madre al mare, i ricordi di Nora le si accesero nella mente come legna al fuoco, portandole dolore e gioia allo stesso tempo.
Da quel momento percepì Nora e la sua consapevolezza. Amalia continuò con il suo incantesimo, ma poi sentì, sotto la sua mano, il corpo di sua madre tremare. Inoltre udiva nella testa la sua voce, e in quel momento seppe con certezza che la stava supplicando di smettere. Era difficile, molto difficile. Quel dolore morale era più forte di qualsiasi dolore materiale poteva esistere, Amalia ne era sicura. Lasciare sua madre senza memoria, lasciarle vivere una vita migliore, sì, ma senza sua figlia.
Stava ancora guardando i ricordi di ella, quando scorse un uomo, sui vent'anni, sorriderle nella sua mente.
Era lui. Luca, suo padre. E non stava sorridendo a lei, ma a sua madre.
Lasciò che il suo cuore la portasse dentro quel ricordo, incurante del fatto che sua madre, fuori dalle loro menti, potesse riuscire ad aprire gli occhi e a bloccarla da un momento all'altro; voleva vedere quel ricordo, doveva farlo, visto che d'ora in poi non avrebbe rivisto neanche sua madre.
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La stirpe dei Vampiri
FantasyAmalia é una ragazza forte e coraggiosa. Ha sempre fatto tutto da sè, non ha mai avuto bisogno del supporto degli altri, anche quando é morto suo padre e tutte le sue certezze sono sparite, lasciandole dentro un vuoto enorme. Sua madre svolge un lav...