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Amalia si svegliò tardi, era Domenica finalmente.
Aprì gli occhi e si godette la tranquillità che si ha dopo aver dormito molto. Poi però ricordò quello che aveva vissuto il giorno prima, quello che aveva visto. Non ricordava com'era tornata a casa e com'era arrivata fino al suo letto, l'unico suo pensiero era lei nelle sembianze di un mostro.
Si guardò le mani: due mani normali, con unghie normali.
Si alzò e andò in bagno; ricordò guardandosi allo specchio di com'era ridotta solo la sera prima, si era trasformata in un vampiro.
Mentre si vestiva trovò il biglietto datole da Davis, sopra, con una bella grafia, c'era scritto il suo numero; lo registrò nella rubrica del telefono e andò in cucina per prepararsi la colazione.
La giornata trascorse in fretta, Nora era rimasta tutto il tempo a letto, mentre Amalia puliva e preparava pranzo e cena. Stava infatti lavando i piatti, quando un dolore lancinante alle scapole la fece trasalire.
"Non ora, ti prego!" Pensò Amalia, corse in camera da letto e si chiuse a chiave, chiamò Davis e gli chiese di raggiungerla al più presto.

Davis arrivò dopo 20 minuti.
«Ciao, stai bene?» la salutò.
«No, non riesco a muovermi, ho la schiena completamente bloccata.» Amalia cercò di alzarsi dal letto, ma tutto quello che ottenne fu di cadere supina per terra.
Davis soffocò una risata e l'aiutò a rialzarsi.
«Sicché non riesci proprio a muoverti eh?» Amalia sorrise, poi tornò seria e gli chiese: «Perché io? Perché, tra tante persone in questo mondo, dovrei essere proprio io un vampiro?» Davis la guardò per un po' cercando la risposta migliore da darle, poi le si sedette vicino e le rispose:
«Ci si trasforma in vampiro solo quando il familiare che passa il gene da vampiro muore. Non si può diventare vampiro, lo si é fin dalla nascita, anche se parzialmente; poi, quando quel determinato parente muore, lo si diventa completamente.
In questi mesi é venuto a mancare qualche tuo familiare?» Amalia sentì le lacrime salirle agli occhi, girò la testa dall'altro lato, in modo che Davis non potesse vederla: si conoscevano da un giorno e l'aveva vista piangere già due volte! Eppure Amalia non era tipo dalle lacrime facili, non era molto espressiva, e cercava di non dare a vedere le proprie emozioni, ripeteva a se stessa che il modo migliore per affrontare la vita senza delusioni era non esprimere i suoi sentimenti. Doveva solo vivere la vita così come le veniva data, senza più e senza meno. Ora però l'unica cosa che voleva fare era tirare fuori tutto il suo dolore, anche se Davis la stava osservando.
Quando riuscì a calmarsi, guardò Davis. «Quasi un anno fa mio padre é morto.» un silenzio lugubre scese nella stanza.
Davis guardava ostinatamente per terra, ovviamente era imbarazzato e non sapeva come rispondere se non con un mi dispiace; ma lui sapeva che il suo dispiacere, se pur vero, non contasse nulla per Amalia; ormai suo padre era morto e non poteva fare nulla per cambiare quel che era successo.
«So che con questa frase non ci farai niente, ma mi dispiace. Veramente.» lei posò i suoi occhi neri su di lui, e annuì quasi impercettibilmente, come se si vergognasse a far vedere il suo dolore e, Davis ne era sicuro, ne aveva tanto.
Per non farla scoppiare in un pianto irrefrenabile cambiò argomento. Lui era così; quando sentiva che le situazioni si facevano pesanti e senza punto di ritorno cambiava argomento, per il bene suo e degli altri.
«Forse tuo padre ti ha passato il gene, e quando é morto tu ti sei mostrata per ciò che sei veramente. Ora dimmi, il sole ti piace? L'estate, il caldo, la luce?»
«Se devo dire la verità li odio. Vivrei di solo inverno; l'estate mi dà sui nervi, del caldo non ne parliamo! E il sole e la luce li farei sparire se solo potessi.»
« Ecco, tu sei sempre stata un vampiro, é solo che ora ne hai anche le sembianze.
Non devi aver paura di quel che sei, ho visto morire tanti vampiri novellini solo perché erano terrorizzati da loro stessi. E ti dico che i vampiri sono immortali.
L'unica cosa che può uccidere un vampiro é se stesso. La mente di un vampiro é ancora più complicata di quella di un umano.
La mente di un vampiro può decidere di non far più battere il suo cuore, di farlo morire.» Amalia abbassò lo sguardo e cercò di organizzare i suoi pensieri. Ora sì che aveva paura, tanta paura. Davis non sapeva incoraggiare affatto. Lei, che neanche stava pensando ad avere paura, ora ne aveva eccome.
«Sai... In realtà io pensavo a tutt'altro, ma ora che tu mi ci hai fatto pensare molto probabilmente sarò morta entro un giorno, perciò grazie!»
Davis si alzò di scatto e urlò:
«No, no! Assolutamente no! Non devi pensare alla paura! Se morissi ti avrei sulla coscienza, e i vampiri che hanno sulla coscienza una persona morta possono anche riportarla in vita, ma in versione fantasma perseguitatore!»
«Ora capisco tutta la tua gentilezza, volevi solo salvare la tua di pelle!»
«Non é solo questo. Sono una persona buona, io. Volevo aiutarti veramente, ma sono una frana con i discorsi rassicuranti. Scusami.» e mise su quella che doveva essere l'imitazione di un qualche cucciolo.
Amalia rise di gusto e per un attimo il dolore le diede tregua. In quel momento c'erano solo lei e Davis, niente vampiri, anche se in effetti loro due lo erano, niente famiglie strane. Solo due ragazzi che ridono e si divertono. Ma i bei momenti, almeno per Amalia, durano sempre poco.

La finestra esplose in mille schegge di vetro che colpirono la schiena già dolorante di Amalia. Davis cercò di farle da scudo, ma ormai era troppo tardi.
I vampiri avevano riflessi affinati, ma era stato colto di sorpresa.
Si gettò comunque su Amalia e la fece scivolare sotto il letto, poi uscì dal nascondiglio e si affacciò alla finestra, le mani in aria per attaccare. Amalia intanto si era tappata le orecchie ed era in una fase totale di shock. Sentì un vuoto alla pancia e poi vide scorrere davanti al suo viso delle immagini, come in un film; si ritrovò seduta sul letto, Davis che la guardava con una faccia a punto interrogativo. Era successo ancora, come l'altra sera con la donna.
«Dobbiamo scappare, il vetro... Ho avuto... Una...» non riusciva a parlare, respirava affannosamente. Davis le andò vicino e le posò le mani sulle guance, obbligandola a guardarlo negli occhi.
«Respira. Chiudi gli occhi e respira, calmati.» Amalia annuì e chiuse gli occhi, si costrinse a respirare piano e regolarmente, e il suo battito tornò normale.
«Penso di aver avuto un'altra visione. Ho visto la finestra che veniva rotta, tu che mi trascinavi sotto il letto per proteggermi e che poi ti affacciavi alla finestra. Avevo tanti pezzi di vetro conficcati nella schiena, é stato bruttissimo. Dobbiamo scappare, ti prego.» gli disse Amalia.
Davis guardò lei e la finestra, poi le chiese se riusciva a trasformarsi e volare.
«No, non posso farlo, non riesco!»
«Ci hai mai provato?»
«No.»
Davis le prese una mano e gliela strinse. «So che puoi farcela, devi solo provarci.»
Amalia si sentì rincuorata dal suo sguardo, staccò la mano dalla sua e chiuse gli occhi.
Un attimo dopo sentì qualcosa esploderle dietro la schiena e quando li riaprì due ali nere la avvolgevano quasi completamente. Si concesse un grido di trionfo e guardò Davis, che si era girato e aveva aperto la finestra.
«Adesso devi volare, se hai avuto questa visione sono sicuro che accadrà veramente, e molto probabilmente ci sono altre persone di sotto a bloccarci la via di fuga.
Prova a levitare per qualche secondo, su.»
Amalia sbatté appena le ali e vide i suoi piedi staccarsi da terra, cercò l'equilibrio e rimase per un po' in aria; dopo essere tornata per terra, prese la mano di Davis e si avvicinò alla finestra.
«Non hai paura?» gli chiese Amalia vedendolo tranquillissimo.
«No, perché dovrei averne? Anche se cado, sono immortale!»
«Ma non ti avevano rubato i poteri e tutto?»
«Sì, ma la mia essenza é sempre quella di un vampiro.»
«Capisco.» Lo circondò con le braccia e lo prese in braccio, o qualcosa del genere, e si buttò dalla finestra.
Stavano per schiantarsi a terra quando Amalia, con un po' di fatica, sbatté le ali due volte e riacquistò quota. Stava volando!

La stirpe dei VampiriDove le storie prendono vita. Scoprilo ora