Un soffio

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Torno a casa sfinita, stasera son sola: assaporerò il silenzio.
O lo tingerò di musica.
Guardo l'orologio che segna le diciannove e venti, e opto per una cena veloce e non impegnativa.
Sistemo i capelli in una crocchia sfatta, ed indosso un vestito nero comodo.
Piedi rigorosamente nudi perché amo il contatto con il parquet in legno, mi ricorda quanto sia bella la sensazione di toccare direttamente con la pelle ogni superficie sulla quale potrei ballare.
Una bella insalata, del tonno fresco, acqua rigorosamente naturale, e ripenso alla giornata.
Manca sempre qualcosa.
Nel momento in cui varco la soglia di casa mia rielaboro tutto quello che succede durante il giorno e lascio libero sfogo alla mente, come è giusto che sia.
Quanto è complicato, quest'anno, entrare in sala quattro ed incrociare i suoi occhi, vedere che qualcosa dentro di lui non va come dovrebbe.
Impazzire.
Non c'è limite al nostro sfidarci.
Vorrei parlargli, senza telecamere, senza barriere, ritrovare l'uomo che ho salutato il ventidue agosto.
Toccarlo, e sentire che è ancora tutto possibile.
Mi si chiude lo stomaco, lascio cadere in malo modo la forchetta nel piatto, mi alzo da tavola e mi siedo sul divano in pelle.
Whatsapp mi ricorda di non aver prestato attenzione al cellulare oggi, Instagram riporta numerosi tag inerenti alla lezione odierna con Andreas, e ad ogni foto mi sento mancare.
La gente ha davvero occhi per guardare, e sa farla più facile di noi.
Se solo sapessero quanto è complicato conoscersi a fondo.
Vorrei poterlo chiamare, per dirgli di stare tranquillo, e che il mio atteggiamento non ha nulla a che vedere con l'affetto che provo nei suoi confronti.
Spero sempre che se lo ricordi, che non abbia bisogno che glielo dica ma so che aspetta solo questo.
Mi domando se stia pensando alla coreografia che gli ho assegnato, se stia meditando sul modo migliore per eseguirla, se stia trovando dentro sé le giuste risorse.
Se sia ancora innamorato del lavoro fatto insieme, dei progressi.
La stanza silenziosa viene invasa dal rumore del campanello, che a tratti è davvero assordante: dal modo di pigiare a lungo il tasto il mio pensiero vola a chi non dovrebbe trovarsi alla mia porta, ma che con stupore trovo in piedi di fronte a me con occhi stanchi e vuoti.
'Che ci fai qui?' domando acida.
'Mi hanno detto che eri sola' ribatte.
Il fatto che sia sola non lo autorizza ad invadere il mio spazio vitale.
Mi togli il fiato.
Sei bello, vestito così: sei bello sempre.
'Si che so sola, ma che ce stai a fa qui?'
Dimmelo, perché già sento di perder la pazienza.
Perché l'ultima volta che siam stati soli in una stanza io ti ho sentito dentro come mai.
Tremavo forte, e non sapevo fare altro.
'Vero, io so che non sei d'accordo con la mia presenza nel programma, che avresti magari voluto qualcun altro al posto mio, ma io ce sto ora e...'
Frena.
Chi ti ha detto tutto questo?
'Dai entra' gli dico, accorgendomi che è ancora fermo sulla porta.
Si guarda intorno, e posa lo sguardo sul divano, come a chiedermi il permesso di sedersi.
Gli faccio cenno di accomodarsi, mentre prendo posto a fianco a lui.
Indossa dei jeans slavati ed una maglia nera sportiva, abbinati a Nike anche esse scure e non l'ho mai trovato più curato di oggi.
Sembra quasi abbia dedicato attenzione ad ogni dettaglio, ma non voglio pensarci ora.
Cosa hai da dirmi, Andreas?
Sputa tutto, sono qui.
'Me dici che te porta qui, almeno adesso, senza telecamere, o proprio hai deciso che non me parli?'
Hai fatto tanta strada, porta rispetto al tuo pensiero e tira fuori tutto.
'Io non posso sta lì dentro senza l'appoggio tuo, me capisci?
Già me sento fuori posto, apprezzato da nessuno, se in più non ho manco il supporto tuo, come faccio a sta lì?'
'Andreas, che stai a dì?
Il mio supporto ce l'hai, come lo avevi l'anno scorso, uguale' mento.
Lo sa.
'Vero, sappiamo tutti e due che non è così, smettila' dice spazientito.
Sono obbligata a fare così.
'Hai preso una decisione, Andreas?
L'hai presa?
E allora portala a termine! Non ci sarò sempre io a tenerti la mano e a guidarti, sei un uomo, si?
Sei capace de fatte valere pure senza l'aiuto mio o no?
Non ce potró sta sempre io nella vita tua pe fatte andà avanti, e se non vojo datte tutte le certezze alle quali eri abiutato me sento libera di farlo!' quasi urlo.
Non ho il coraggio di guardarlo, mi pento immediatamente di ciò che ho detto.
E strappo un pezzettino di suo cuore.
E metà netta del mio, la metà che lo riguarda.
Mi vergogno.
Guardo con la coda dell'occhio il suo viso, incredulo.
Spera fino all'ultimo che non abbia davvero pronunciato ciò che ha appena ascoltato.
E vorrei essere capace di annullare tutto.
Si passa una mano sugli occhi rossi.
Non vuole piangere, e permettermi così di pensare di aver colpito nel segno.
'Hai ragione te' sussurra solo.
Si alza, e si dirige verso la porta di casa.
E non mi son mai mostrata più impassibile di così.
Capisci che dentro sto morendo?
Lo senti?
Non ci percepiamo più, ha interrotto il suo contatto.
Non lo cerca più.
E decide di salvare sé stesso andandosene, lasciandomi lì a mordermi le labbra, a ricordarmi di coprire gli occhi per non tradir ciò che ho saputo sputare con tanta rabbia.
Toccando il fondo a peso morto.

Come due pazzi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora