○Capitolo 5 - L'ultima Casa Accogliente.

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○Capitolo 5 – L’ultima Casa Accogliente.
 
“Guarda quante frecce, Kili!” Esclamò Larya con occhi sognanti, afferrandone un pugno vittoriosa e mettendole nella faretra.
Kili le sorrise e si avvicinò a lei, osservando la svariata quantità di armi che erano nascoste in quella caverna putrida e puzzolente.
Dopo che Gandalf li aveva aiutati con i Troll, lo stregone aveva insistito per cercare il loro rifugio e difatti lo avevano trovato: dentro, oltre a una stragrande quantità di spade e archi pieni di ragnatele, vi erano anche monete e gioielli, coppe d’oro e d’oro riempite. Tante, tantissime monete e scrigni di ricchezze.
Bofur, Nori e Gloin si apprestarono a sotterrare un piccolo baule con quante più monete erano riusciti a racimolare, chiamandolo un prestito a lungo termine.
Gandalf e Thorin, invece, si erano avvicinati a delle spade di manifattura elfica, pregiate e con il potere di illuminarsi di blu quando nelle vicinanze vi erano Orchi o Goblin.
Quando il Nano seppe che erano elfiche, quelle spade, stette per lasciarle con faccia schifata, ma poi l’arrivo di Larya e Kili attirò la sua attenzione.
“Non gettarla via, Thorin. Guarda che bella che è! E poi, se come dice Gandalf ha il potere di illuminarsi, sarà utile, non credi?” Il sorriso della giovane era così gioviale che quasi lo contagiò.
“Non si possono desiderare lame più belle, Thorin figlio di Thrain.” Gli disse Gandalf con sguardo eloquente.
“Penso che ne prenderò una anche io.” Disse la giovane, slacciandosi quella che aveva alla cintola e cercandone una delle stesse dimensioni.
Quella che scelse, infine, fu una spada leggermente più grande – di pochissimo – ma leggera come la sua. Non c’era che dire, loro malgrado dovevano ammettere che gli Elfi di Gondolin avevano saputo forgiare bene le loro armi!
“Adesso usciamo di qui.” Disse Thorin, rivolgendo un’ultima occhiata alla ragazza, prima di condurre fuori tutto il gruppo.
Mentre Bilbo venne trattenuto da Gandalf all’entrata della grotta, gli altri avanzarono di un paio di metri.
Non avevano più i pony; erano fuggiti quando il recinto era stato distrutto da uno dei tre Troll che era inciampato cadendovi sopra. Ora erano a piedi.
Dori stava rimproverando Ori per essersi riempito le tasche di sassolini da usare con la sua fionda.
Il più giovane ribatteva, lamentandosi che a lui usare spade o asce non era mai piaciuto.
“Un Nano che non sa usare un’ascia non è un Nano, Ori, mettitelo in testa!” Gridava Dori.
Allora il giovane mise il broncio e Larya decise di avvicinarsi.
Si accorse che Dwalin la seguiva con lo sguardo, ma non lo diede a vedere; facendo finta di niente, gli sfilò davanti con nonchalance e prese tra le mani la fionda di Ori.
“Se può farti sentire meglio, io questa non la so usare.” Gli sorrise, rigirandosi l’oggetto tra le mani.
Ori arrossì e sorrise di rimando mentre Dori alzò le braccia al cielo borbottando che prima o poi avrebbe dovuto imparare ad impugnare altri tipi di armi più pericolosi.
In quel momento, si udì un fruscio e proprio perché stavano parlando di impugnare le armi, sfoderarono tutti le loro spade, Kili incoccò una freccia nell’arco e si tennero pronti.
“Gaaandaaaaaaalf!” Un grido, poi una slitta trainata da leprotti marroni e infine uno strano uomo dagli abiti rovinati e un cappello molto simile a quello di Bofur ma più buffo ancora, se possibile.
“Fermi, fermi! È Radagast il Bruno, quello!” Gandalf quietò gli animi battaglieri dei Nani che abbassarono le difese.
“Oh Gandalf, Gandalf! Funeste notizie, funeste notizie...” Disse il Bruno, mentre trascinava l’altro Istari lontano dagli altri in modo da parlare appartati seppur rimanendo a vista.
“Che strano tipo...” Disse qualcuno, scambiando sguardi interrogativi con i compagni.
 
Se prima era lo stregone, il rumore che udirono in quel momento non prometteva niente di buono.
Alle loro spalle, infatti, spuntò un Mannaro che li puntò con le zanne scoperte e la bava alla bocca.
“Kili!” Gridò Thorin e quello subito scoccò la freccia in mezzo agli occhi della bestia che cadde morta.
Non poterono tirare un sospiro di sollievo, però, che subito ne giunse un altro, attaccando Thorin.
Il Nano si dimenò sotto all’animale e se ne liberò grazie a Dwalin che con la sua ascia gli piantò un colpo ben assestato in mezzo alle spalle.
“Un Mannaro ricognitore. Un branco diOrchi non deve essere distante da qui.” Disse Thorin, dopo essersi rimesso in piedi.
“Li seminerò io, correte, forza!” Tornati fra loro attirati dalle grida dei membri della Compagnia, i due stregoni si guardarono, annuirono e poi Radagast il Bruno montò sulla sua slitta e intimò i suoi leprotti a correre più veloci che potevano, attirando su di sé l’attenzione degli Orchi.
“Seguitemi, presto.” Fece Gandalf, e tutti gli andarono dietro con le spade sguainate.
Bilbo si rigirò fra le mani lo spadino che lo stregone gli aveva dato e lo osservò brillare. Non era un buon segno.
“Avanti Bilbo, sbrigati!” Gli gridò Bofur, afferrandolo per la manica e tirandoselo dietro.
 
Fuggirono per un tempo che sembrò interminabile, passando da un masso all’altro sperando di non essere visti.
Il Bruinen era una landa desolata di sterpaglia, dai colori che variavano fra il giallo e il marroncino.
Vi erano pochi posti per nascondersi e presto o tardi gli Orchi li avrebbero scoperti.
Larya non voleva essere scoperta.
Il sorriso aveva abbandonato le sue labbra, si muoveva in modo rigido e goffo, seguendo i compagni in fondo alla fila, con solo Bilbo al seguito.
Lo Hobbit osservava i movimenti della giovane che non gli sembravano più sciolti come prima e qualcosa nella sua testa gli disse che doveva dirle qualcosa per incoraggiarla, ma cosa? E non c’era neanche il tempo per farlo.
 
Si nascosero dietro un ultimo enorme masso prima di essere scovati.
Kili scoccò una freccia che uccise l’animale ma questo, prima di soccombere, lanciò un doloroso ruggito disperato che attirò l’attenzione degli altri.
Quello era il momento più propizio per iniziare a correre.
Furono attaccati in un men che non si dica e si ritrovarono ben presto accerchiati.
Indietreggiavano, colpendo con poderosi fendenti i Mannari che osavano avvicinarsi.
“Ci stanno stringendo...” Mormorò Larya, saldando la presa sull’elsa della sua nuova spada.
Aveva il volto schizzato di nero, il sangue di uno degli orchi che si era avventato contro di lei e che lei aveva prontamente respinto tagliandogli la gola. Si era sporcata anche i vestiti e i capelli, ma non sembrava curarsene.
Se ne stava lì, ad indietreggiare con le difese alte e la spada pronta, guardandosi intorno per osservare ogni movimento.
“Da questa parte, stupidi!” La voce di Gandalf li fece rinvenire tutti e si voltarono leggermente verso lo stregone.
Ora che ci facevano caso, Gandalf era sparito per qualche minuto.
Ad ogni modo, iniziarono uno ad uno a correre verso di lui lasciandosi scivolare sulla pietra, finendo in una specie di grotta sotterranea.
Fuori erano rimasti Ori, Kili, Larya e Thorin.
Quest’ultimo si mise sull’entrata del passaggio e intimò agli altri di correre.
“Andate, vi copro io.” Disse Kili, scoccando altre frecce.
Larya annuì ma Ori rimase fermo.
“Ori avanti, andiamo!” Gli gridò, ma quello sembrò non volersi muovere.
Ori!” Gli afferrò la manica e se lo tirò appresso. Quel gesto sembrò rianimarlo e iniziò a correre dietro di lei.
Stavano per raggiungere l’entrata della grotta quando un Mannaro, nonostante Kili lo avesse colpito ripetutamente, si avvicinò a tal punto che con un balzo fu addosso ai giovani.
Thorin intervenne immediatamente, trafiggendo con la sua spada l’Orco che lo comandava mentre Larya, da sotto, tentò in tutti i modi di contrastare il mannaro insieme a Ori.
Infine, quello aprì le fauci per azzannarli entrambi e lei ne approfittò per infilargli la mano con la quale reggeva la spada nella bocca, trapassandogli il cranio.
Thorin li aiutò ad uscire da sotto il cadavere della bestia, sporchi di sangue nero in ogni dove, e con anche Kili – che li aveva nel frattempo raggiunti – si lasciarono scivolare dagli altri.
“State bene?” Domandò il giovane Durin ai tre e loro annuirono, anche se Ori e Larya avevano uno sguardo un po’ dolorante.
“Stai sanguinando, ragazza.” Oin, dietro di lei, le afferrò il braccio con il quale aveva infilzato il mannaro scoprendolo bagnato di rosso.
Lei sentì il suo corpo tremare a quella vista ma rimase ben salda in terra, anche perché Fili, al suo fianco, la sorresse.
Ora che se ne era resa conto, iniziò a sentire un dolore acuto alla ferita e strizzò forte gli occhi, stringendo i denti.
“M-mi... mi dispiace, Larya.” Disse Ori, mortificato. Si sentiva in colpa perché se non fosse stato per lui, lei si sarebbe messa in salvo prima e non si sarebbe fatta male.
Ma Larya gli sorrise, scostandosi dal biondo per fare qualche passo verso di lui e con il braccio buono lo abbracciò, affondando il viso nei suoi vestiti imbrattati del sangue della bestia.
“Non fa niente. Basta che siamo salvi tutti.” Mormorò con voce stanca.
“S-si però...”
“Ssh, va tutto bene.”
In quel momento, un corno risuonò in lontananza e un Orco cadde nel cunicolo di pietra con una freccia conficcata in testa,una freccia elfica.
 
Alla fine, Gandalf aveva ingannato Thorin e lo aveva portato comunque nell’ultima Casa Accogliente, nella valle di Imladris.
Lo stupore si aprì sul volto di tutti, ammirando con la bocca socchiusa la magnificenza del Reame Elfico di Re Elrond.
“Gran Burrone...” Mormorò lo Hobbit. Quella valle era chiamata anche Valle Nascosta e proprio per quello era difficile arrivarvi. Era più semplice se speravi di trovarla perdendoti che cercandola con tutte le tue energie.
I Nani vennero accolti benevolmente da Re Elrond, il quale offrì loro cibo, bevande e del sano riposo.
Seppur riluttanti, all’inizio, dopo quella disastrosa fuga erano così stanchi che infine si ritrovarono ad accettare.
Nel tempo che attesero prima della cena, gli Elfi concedettero loro un momento per lavarsi, anche se Re Elrond non avrebbe mai immaginato lo avrebbero fatto dentro la sua fontana.
Ancora una volta, Bilbo si era estraniato dal gruppo non avendo alcuna intenzione di rimanere scioccato a vita con delle visioni poco consone alla sua persona.
Si apprestò invece ad andarsene in giro a bighellonare per il palazzo, ammirando i grandi quadri, gli arazzi e i cimeli di Ere passate ben custodite dal popolo Elfico di Gran Burrone.
Fece la sua passeggiata in tranquillità e serenità, almeno finché non passò davanti ad una stanza dalla quale provenivano le urla della voce che apparteneva a Larya.
Si accostò allo stipite e rimase a guardare la scena con un sorrisetto divertito.
La giovane era avvolta da una camicia da notte bianca ed era in piedi sul letto con un candelabro in mano rivolto verso un’Elfa dai lunghi capelli castani che stava tentando di farla ragionare.
“Ma siete ferita gravemente.” Disse l’Elfa, con voce rassegnata.
“Non mi farò toccare, scordatevelo. Non voglio quella robaccia appiccicosa sul mio braccio ancora una volta! Brucia da morire. Voi volete uccidermi, dite la verità!” Larya agitò il candelabro, con la treccia appena rifatta che le ballava ad un lato della testa.
“Per favore, non agitatevi così... State sanguinando!” Fece l’altra, facendo un passo verso il letto.
“Oh, no! Non osate avvicinarvi a me con quella roba, ve lo dico per l’ultima volta. Sono armata e non stenterò ad usare questo... questo... candelabro contro di voi!”
Bilbo si lasciò sfuggire una risata troppo alta e le due si voltarono verso di lui.
“Ah, Bilbo, mio eroe! Salvami da questa tizia con il pelo liscio, ti prego!” Larya schizzò giù dal letto e si nascose dietro il corpo minuto dello Hobbit che arrossì al tocco gelido delle sue mani sul collo.
“Non siete una bambina! Quanti capricci per un unguento guaritore! È per il vostro bene, cosa pensate?!” Ribatté l’Elfa con voce scocciata.
Incredibile come quella ragazza stesse facendo spazientire perfino una creatura pacata come lei.
“Andiamo via, Bilbo, corri!” Gli disse la Nana e se lo trascinò via senza dargli nemmeno il tempo di chiedere scusa all’Elfa che li guardò basiti.
 
“Fiuuuù, l’abbiamo seminata!” Disse Larya, sospirando e sedendosi su una delle panche del balcone dove si erano accampati i Nani.
“Si può sapere perché non ti sei fatta medicare?” Le chiese Bilbo, con il fiatone per la corsa.
Lei si strinse nelle spalle e si guardò il braccio fasciato. Bilbo non poté vedere che tipo di ferita avesse sotto quegli strati di stoffa, ma non poté non notare che essa era macchiata di sangue, segno che era ancora aperta.
Larya non rispose alla domanda dello Hobbit, sorridendogli invece con una certa euforia.
“Ho una fame, mastro Scassinatore. Speriamo che questi Elfi abbiano una dispensa ricca come la tua o sarà un bel guaio.” Gli disse, dandogli una pacca sulla spalla e sorpassandolo con un bel sorriso.
In realtà, Larya smise di sorridere non appena superò il Mezzuomo e si guardò il braccio con sguardo corrucciato. Prima di lavarsi, le era stata pulita la ferita dal sangue del Mannaro e l’unguento che le aveva messo l’Elfa l’aveva fatta lacrimare.
Il braccio le faceva un male cane e sperò vivamente che non si infettasse.
 
“Dov’è la carne?” Domandò Dwalin, rivolto ai compagni, frugando nel suo piatto con le mani.
“Non mi piace il cibo verde...” Commentò Ori, incrociando le braccia al petto.
“Tu non devi parlare, razza di rimbambito. Se non fosse stato per te a quest’ora Larya non avrebbe una brutta ferita sul suo braccio!” Lo rimproverò Dori, severo, ma la giovane – che proprio in quel momento arrivò seguita da Bilbo pochi passi più indietro – diede una pacca sulla sua spalla e sorridente gli disse: “Oh adiamo, non prendertela tanto con lui. Sto bene eh, non sono mica morta!”
“Larya...” Mormorò Kili, guardando con apprensione il suo braccio.
La stessa cosa fecero Fili, Bofur e qualche altro Nano e lei iniziò a sentirsi a disagio sotto tutti quegli sguardi.
“Avanti, non fate quelle facce! Su col morale, guardate quanta roba abbiamo qui da... mangiare...” La frase le morì in gola quando si accorse che sul tavolo vi erano solo verdure crude e scondite.
“Già...” Mormorò Nori, scansando il suo piatto con una spinta.
Bilbo venne chiamato da Gandalf e si andò a sedere accanto a Balin, Thorin, lo stregone e Sire Elrond.
Larya invece si accomodò tra Bifur e Fili e poggiò il mento sui palmi delle piccole mani, sbuffando. Tutto quel trantran l’aveva sfinita e la fuga dall’Elfa con l’unguento le aveva tolto anche l’ultima energia che aveva. Voleva solo coricarsi e dormire.
“Stai bene?” Le sussurrò Fili, senza attirare l’attenzione degli altri su di loro.
Lei annuì senza guardarlo, trattenendo un’espressione dolorante quando la ferita le mandò una pungicata.
“Non devi mentire. Sarebbe normale se non stessi bene, sei ferita.” Le disse ancora lui. Questa volta Larya si voltò a guardarlo con uno sguardo così tagliente che il Nano si sentì in dovere di scostarsi da lei di almeno dieci centimetri.
“Ho detto che sto bene.” Disse in tono piatto, forse leggermente irritato. I profondi occhi scuri non ridevano per niente e le labbra erano strette in una linea sottile.
Gli fece un certo effetto vederla così, dato che era sempre incline al sorriso e il suo tono di voce non era mai alterato, arrabbiato o infastidito.
Poi, così, dal nulla, ecco che le labbra di lei si incresparono in un sorriso grande.
“Togliti quell’espressione preoccupata dalla faccia, avanti! Non lo mangi quello, vero?” Gli disse, rubandogli poi dal piatto un pezzo di finocchio.
Lo morse e iniziò a masticarlo senza più prestare attenzione al biondo che si voltò a guardare verso il suo piatto.
Quello che lei gli aveva rivolto non era uno dei suoi soliti sorrisi, se ne era accorto perché i suoi occhi non lo avevano seguito ma erano rimasti... spenti.
 
A sera, si misero tutti intorno ad un fuocherello che Bofur e Bombur accesero sulla terrazza.
Ridevano e scherzavano allegramente, tutti, anche lo Hobbit.
Tutti tranne Larya.
Lei si era addormentata non appena aveva poggiato la testa sul suo mantello appallottolato a mo’ di cuscino.

Memories of a time to comeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora