○Capitolo 14 – Per sempre. (parte terza)
Nei giorni seguenti, Larya si riprese del tutto dalla febbre grazie alle cure di Oin.
Lei e Fili passarono molto tempo insieme, mentre Fràin se ne stava in disparte con l’aria incupita.
Sua sorella non gli rivolgeva la parola; aveva provato a parlarle, ma lei lo aveva guardato male e liquidato senza nemmeno dirgli ‘A’, così aveva smesso di provarci.
Anche se era dura da ammettere, era stato sconfitto, Larya non lo voleva. Non come lui avrebbe voluto lei, almeno.
Inoltre, Fràin iniziava a sentirsi a disagio poiché perfino lo Hobbit, oltre ai Nani, gli rispondeva con freddezza.
L’aveva fatta grossa, se ne rendeva solo conto solo in quel momento. Era stato accecato dalla gelosia che provava per Fili, il giovane Nano che aveva rapito il cuore di sua sorella, e non si era reso conto che con la sua azione sconsiderata aveva ferito Larya nel profondo e si era pure guadagnato l’odio dei suoi compagni.
E ora era lì, seduto in un angolo, ad osservarla ridere accanto a Fili e a Kili, sentendosi impotente.
Avrebbe voluto tornare indietro nel tempo fino a quella sera di una settimana prima, fermarsi prima di baciarla, non rivelarle affatto i suoi sentimenti.
Scosse il capo. No, sarebbe stato peggio, perché se non si fosse liberato di quel segreto che celava da anni, a quest’ora si starebbe torcendo le mani per la gelosia che lo avrebbe avvolto nella sua stretta e fatto vedere tutto nero.
Non che in quel momento si sentisse meglio, anzi: aveva sviluppato un senso di rassegnazione che lo rese quasi passivo nel vedere lei prendere la mano del biondo e intrecciarvi le dita, sussurrarsi all’orecchio e sorridersi a vicenda.
Un paio di giorni prima, li aveva persino beccati a baciarsi.
Larya si era allontanata subito da Fili e aveva abbassato lo sguardo, mentre il Nano si era grattato il capo, imbarazzato. Ma Fràin era passato oltre senza guardarli troppo, senza dar peso a quello che aveva appena assistito, anche se dentro di sé avrebbe voluto radere al suolo quella maledetta casa, quella maledetta città.
Ma non aveva fatto nulla, se ne era andato in camera sua e si era strofinato il volto con le mani.
Sconfitto, si sentiva solo sconfitto.
E vuoto.
Passarono ancora dei giorni a Esgaroth, nella tranquillità della cittadella.
Bilbo andava spesso al mercato insieme a Larya e Nori a comprare le verdure e il pesce, per procurare a Bombur gli ingredienti dei suoi ottimi piatti.
Aveva imparato un sacco di ricette naniche, Bilbo Baggins, e si ripromise di farle tutte una volta tornato a Vicolo Cieco.
Era quasi finita, quella fantastica avventura. Che gran rimpianto avrebbe provato, col senno di poi, se non avesse mai varcato la soglia del suo buco Hobbit!
Il giorno in cui decisero che l’indomani sarebbero partiti, vennero invitati per quella sera stessa al palazzo del Governatore, dove venne indetta una grande festa in onore del ritorno del Re sotto la Montagna.
Larya si fece una bella doccia rinfrescante e poi decise quale abito avrebbe indossato per quell’occasione, che era anche l’ultima in cui si sarebbe vestita da donna perché l’indomani avrebbe rimesso i pantaloni che aveva rubato a suo fratello prima di partire e sarebbe tornata ad essere la Larya che era piombata all’improvviso in quella Compagnia.
Si prese un attimo per riflettere su quanto fosse cambiata durante quel viaggio.
Si guardò allo specchio e sorrise alla sua immagine: aveva scelto l’abito giallo con le maniche a tre quarti.
Si fece la solita treccia, ma poi storse il naso e la disfece. Optò per qualcosa di diverso: con molta pazienza e artificio si mise ad acconciarsi i capelli, li intrecciò con cura, poi li raccolse in una complicata acconciatura piena di volute e chiuse il tutto con un fermaglio che tirò fuori dal manico del suo pugnale.
Accarezzò la sua arma e pensò a suo padre. Gliel’aveva data lui, lo aveva fatto apposta per lei e nel manico aveva nascosto quel fermaglio che era stato di sua madre.
“Indossalo solo quando sentirai che il tuo cuore apparterrà alla persona giusta.” Le aveva detto suo padre e lei aveva annuito tutta contenta.
Quel giorno, lo indossò per la prima volta nella sua vita, e lo indossò per Fili.
Soddisfatta del suo operato, scese di sotto e non appena mise piede sull’ultimo scalino si guardò intorno, confusa.
Si erano fermati tutti a guardarla, boccheggiando davanti alla sua figura.
“Che c’è?” Domandò scendendo con un saltello l’ultimo gradino, atterrando a piedi uniti sulle assi del pavimento del salotto.
“Sei... bellissima.” Le disse Fili, avvicinandosi a lei.
Larya arrossì e sorrise imbarazzata. “Grazie.”
I Nani ripresero a fare quello che stavano facendo dopo che Fili aveva gettato loro un’occhiata, poi si voltò di nuovo verso di lei e le accarezzò il viso.
“Sei uno schianto.” Le disse sottovoce, rubandole un bacio.
La giovane sorrise sulle sue labbra. “Smettila di ripeterlo, o finirò per crederci davvero e inizierò a darmi delle arie da Elfa vanitosa.” Scherzò, agitando una mano davanti a sé.
“Per carità, no!” Esclamò lui “Meglio rimediare allora: sei bruttissima, assomigli al grasso e pustoloso Re dei Goblin che abbiamo incontrato sulle Montagne Nebbiose.”
“Ah, è così?! Fili figlio di Dìs, stai forse cercando la morte?” Rispose lei, puntandogli un dito al petto.
Lui le prese la mano e la baciò sul dorso: “Se sarà per mano tua allora sarà una morte gradevole. Ma non prima che tu mi abbia dato un altro bacio, signorina.” Fili catturò le sue labbra e la tenne stretta a sé per qualche secondo.
Si separarono quando Thorin scese di sotto, insieme a Fràin, Dwalin e Balin.
Era ora di andare.
Le strade erano deserte, tutta la città li stava attendendo al palazzo del Governatore.
Lunghe tavolate erano state imbandite con ogni sorta di cibo e bevande.
Vi era musica allegra e festosa e le donne ballavano e gli uomini ridevano.
I bambini si rincorrevano giocando e ridendo felici.
“Wow...” Mormorò Larya, sorridendo. “Non sono mai stata ad una festa, sai.” Disse poi a Fili. “Guarda quanto cibo! Accidenti, ho una fame...”
Fili rise di gusto e le strinse di più la mano, portandola a sedere con gli altri.
Mangiarono fino a scoppiare, quella sera.
La musica allegra accompagnava le loro bevute e le loro chiacchiere.
I bambini si avvicinavano curiosi e li guardavano con il nasino all’insù.
Kili non riuscì a trattenersi dallo scoppiare a ridere quando un paio di bimbetti infastidirono Dwalin, tirandogli la barba per gioco.
“Mocciosi...” Borbottò il Nano, dopo averli spaventati con lo sguardo più truce che riuscì a fare. “E tu che cavolo hai da ridere?” Disse poi a Kili, paonazzo in volto.
“Oh, niente. Assolutamente... niente.” Rispose il moro, trattenendosi a fatica.
Balin, accanto al fratello, sorrise divertito. Dwalin faceva tanto il burbero e lo scontroso con tutti, ma lui lo sapeva bene com’era fatto. Non aveva mica dimenticato come si era preso cura di Fili e Kili quando il loro padre venne meno, com’era stato accanto a Dìs in quel periodo di sofferenza.
Voleva bene a quei Nanetti come fossero figli suoi e della Principessa, poi, man mano che crescevano, si era affezionato sempre di più a loro.
Gli aveva insegnato lui a combattere, mentre Balin aveva tenuto loro delle lezioni sui Popoli Antichi della Terra di Mezzo e sulla storia dei Nani, partendo dalla Creazione e passando per Durin il Senzamorte.
Fili, poi, era sempre stato l’allievo modello, mentre Kili era più difficile da gestire, da piccolo.
E Dwalin aveva sviluppato una pazienza che mai Balin avrebbe creduto possibile. E invece lo aveva fatto.
Dall’altra parte del tavolo, Bofur e Nori avevano intonato una melodia tutta stonata, facendo cozzare i boccali tra loro e cantando con la bocca piena. Quei due erano già ubriachi.
Ori se ne stava accanto a Bilbo e parlottava con il Mezzuomo mentre beveva della birra. Costrinse il povero Hobbit a bere con lui, ma Bilbo si stava divertendo anche se voleva comunque mostrarsi uno Hobbit per bene.
Bombur parlò meno di tutti ma mangiò per il doppio del loro numero. Il suo stomaco doveva essere incredibilmente capiente o avere qualche potere magico. Non si spiegavano dove potesse mettere tutto quel cibo e restare relativamente magro – se confrontato a quanto mangiava.
“Gli Elfi dovrebbero imparare dagli Uomini ad offrire cene come si devono agli ospiti!” Esclamò la giovane, infilando in bocca l’ultimo boccone che aveva nel piatto.
Si era praticamente tuffata sul pesce arrosto con le patate e ne era rimasta estasiata.
“Cavolo, devo impararmi a cucinare queste cose.” Sbuffò poi, bevendo un sorso di vino rosso.
“Tu sai cucinare?” Le chiese Fili, quasi sorpreso.
“Scusa, per chi mi hai presa? Certo che so cucinare, sciocchino!” Esclamò lei, ridendo.
“No, è che... pensavo... Non ti ho mai vista farlo.” Borbottò il biondo, ricevendo una gomitata dal fratello che sorrideva sornione.
“Ti prometto che quanto sarà tutto finito cucinerò uno dei miei piatti migliori solo per te!” Gli disse allora Larya, sorridendo felice.
Fili la trovò dolcissima e finalmente i suoi occhi ridevano insieme alle sue labbra. Ed era merito suo. Si sentiva così orgoglioso di questo.
“Hey, e io?” Chiese Kili, puntandosi col suo stesso indice, mettendo su un’aria tutt’offesa.
“E tu che c’entri?” Rise Larya, lasciandolo senza parole. Si era aspettato che dicesse qualcosa del tipo ‘cucinerò anche per te’ ma non lo aveva fatto.
Poi scoppiò a ridere e lei e Fili lo seguirono a ruota.
Larya aveva le gote arrossate dal vino e sentiva caldo.
Ma si sentiva anche felice e leggera.
Una felicità che un po’ andò scemando quando notò Fràin bere in disparte, da solo, senza che nessuno lo calcolasse più di tanto.
Si alzò, schioccando un bacio sulla guancia di Fili e poi andò da lui.
Fràin piantò gli occhi verdi nei suoi, scuri come due buchi neri.
“Fràin.” Lo chiamò, sedendosi accanto a lui.
Il Nano non disse una parola.
“Mi dispiace, okay? Non volevo ferirti, ma tu mi hai detto quelle cose e... mi hai spaventata. Però vorrei che sapessi che l’affetto che provo per te non è cambiato. Ti voglio bene e te ne vorrò sempre. Sei mio fratello, il mio fratellone. Non sono più arrabbiata con te. Ti prego, dimentichiamo questa brutta storia e torniamo amici.” Larya gli prese la mano e lo guardò fisso negli occhi mentre parlava.
“Dimenticare? Larya, io ti amo. Non posso dimenticare.” Le disse allora Fràin, intrecciando le dita con le sue.
La giovane sentì gli angoli degli occhi pizzicarle; si dispiaceva per lui, perché il destino era stato crudele a farlo innamorare della persona sbagliata.
“Non posso darti quello che cerchi, mi dispiace. Ma non voglio che restiamo separati per questo. Ti prego, fratellone.” Provò a sorridergli, ma lui tolse la mano dalla sua e bevve un sorso del suo vino.
Lei abbassò lo sguardo e strinse il pugno.
“Perdonami.”
Larya alzò il capo di scatto e si ritrovò con gli occhi incatenati ai suoi.
“Ti ho già perdonato, Fràin.” Gli disse, poi si protese verso di lui e lo abbracciò e nel silenzio che seguì Larya poté solo percepire il suo corpo scosso da un paio di sussulti.
“Ho sempre pensato che piangere faccia bene, sai. Ti libera, ti fa sentire più leggero, dopo. Sfogati con me, Fràin. Io sarò sempre qui se avrai bisogno.” Gli sussurrò, accarezzandogli i capelli.
Lui le strinse i fianchi e si beò ancora un po’ del suo abbraccio.
Quanto uscirono dal palazzo per tornare a casa, fuori era buio pesto e si munirono di torce che illuminarono loro la strada.
Nel cielo spiccavano luminose le stelle.
Da lì, la notte sembrava un luogo ricco di mistero, con tantissimi puntini luminosi che li guardavano e li proteggevano.
A poche ore da lì sarebbero partiti alla volta di Erebor, ultima tappa del loro faticoso viaggio.
La Montagna, un’ombra scura nella notte, alta e maestosa si stagliava nel cielo stellato.
Era bella, mozzafiato. Chissà quali sorprese avrebbero trovato al suo interno. Chissà quali pericoli.
Chissà... Sarebbero davvero riusciti a spodestare Smaug, arrivando addirittura ad ucciderlo?
Si salutarono e filarono dritti a riposare.
Qualcuno sì e qualcuno... no.
Larya portò Fili in camera sua e chiuse la porta.
Gli gettò le braccia al collo e lo baciò con dolcezza e desiderio.
Lo spinse seduto sul letto e si sedette accanto a lui.
“Fili.” Gli disse poi, e lui la vide assumere un’aria seria come mai prima di allora. “Questa... questa è la nostra ultima occasione per stare insieme, insieme. Non voglio gettarla al vento. Voglio amarti davvero, questa notte, in questa casa, tra queste lenzuola. Voglio essere tua, voglio appartenerti. Voglio donarti ciò che di più prezioso potrei mai offrirti e voglio darti anche questo...” Larya tolse il fermaglio dai suoi capelli, una rosa bianca con un rubino in centro, lasciandoli ricadere sciolti sulla schiena. Glielo porse e lui lo prese, rigirandoselo fra le mani.
“Era di mia madre.” Riprese lei, alzandosi in piedi e togliendosi gli stivali. “Mio padre mi disse di indossarlo solo quando avrei capito a chi appartenesse il mio cuore. Ora lo so, è tuo. Ti amo, Fili. Ti amo davvero e voglio che lo abbia tu come pegno o ricordo.”
“Larya...” Mormorò lui, allungando una mano per prendere la sua.
“Aspetta, non ho ancora finito. Lo sai che sono una gran chiacchierona.” La giovane abbozzò un sorriso, poi si avvicinò a lui e gli prese il volto tra le mani, poggiando la sua fronte sulla sua: “Fili, non sappiamo cosa accadrà una volta ad Erebor, quindi voglio dirti anche un’altra cosa. Ti ho promesso che avrei cucinato per te una volta che tutto sarà finito, giusto?”
Lui annuì.
“Beh, non voglio farlo solo una volta. Voglio farlo per sempre. Voglio sentirti rientrare la sera chiamando il mio nome, voglio apparecchiare per te, farti assaggiare tutti i miei piatti. Voglio condividere con te il letto dove dormirò e le lenzuola con le quali mi coprirò quando avrò freddo. Voglio sentire il calore del tuo corpo accanto al mio ogni notte, voglio... voglio passare il resto della mia vita al tuo fianco. Sposami, Fili. Diventa mio marito!”
Larya aprì gli occhi e catturò lo sguardo chiaro di lui nel suo.
“Non dovrei essere io a chiederti la mano?” Domandò lui, sorridendo.
“Allora fallo. Chiedimelo.” Lei sorrise di rimando.
Fili si inginocchiò a terra e le strinse le mani nelle proprie: “Larya, quando tutto sarà finito, quando avremo riavuto in dietro la nostra casa, quando finalmente regnerà la pace su queste terre, vorrai cucinare per me, condividere con me il tuo letto e le tue lenzuola se avrai freddo, sentire il calore del mio corpo accanto al tuo ogni notte per sempre? Vorrai diventare la mia sposa e vivere con me per tutta la vita?”
“Sì!” Larya annuì con veemenza, poi gli si gettò al collo e lo baciò con passione.
Questa volta non si coprì quando Fili le tolse l’abito.
Il Nano si prese qualche istante per ammirare il suo corpo ai suoi occhi perfetto, bellissimo: notò per la prima volta che sulla spalla destra Larya aveva degli strani segni, di un blu sbiadito.
“Cosa sono?” Le chiese, percorrendoli con le dita.
“Tatuaggi. Li abbiamo sia io che Fràin, come li aveva nostro padre. È stato lui a farceli, sai! Era molto bravo.” Spiegò lei, sorridendogli.
“Cosa significano?” Curioso, Fili spostò lo sguardo chiaro nel suo e attese.
“Sono i simboli della nostra casata. Io e Fràin siamo gli ultimi, lo sai. Nostro padre diceva sempre che era importante ricordare chi siamo e da dove veniamo.” Larya alzò le spalle con noncuranza e poi gli sorrise, baciandolo subito dopo. Abbracciò il suo torso nudo ed rabbrividì quando i capezzoli si scontrarono con la fredda pelle di lui.
Fili stesso ebbe un sussulto, ma le abbracciò la schiena e lentamente la sdraiò sul grande letto, senza smettere di baciarla.
Stavolta non li avrebbe interrotti niente e nessuno.
L’avrebbe fatta sua, sarebbe diventata in tutto e per tutto la sua donna.
Questo pensiero lo fece eccitare ancora di più e scese a baciarle il collo e il petto, mentre la sentì armeggiare con la cintura dei suoi pantaloni.
La slacciò, ma non andò oltre perché nel frattempo lui era arrivato a lambirle il seno con le labbra e tutte le sue forze vennero meno, concentrandosi solo sulle sensazioni che le stava facendo provare in quel momento.
I muscoli testi del torace di Fili guizzavano sotto i suoi palmi mentre la lingua del nano le tracciava cerchi intorno a uno dei capezzoli, turgidi, poggiandovi poi le labbra e torturandolo ancora in quella piacevole sevizia della quale lei era totalmente preda.
Si lasciò scappare un gemito, Larya, e lui sorrise, poi tornò sulle sue labbra mentre i suoi seni divennero preda delle sue mani.
Erano grandi rispetto ad essi e riuscivano a racchiuderli perfettamente nei palmi.
Larya non aveva il seno particolarmente grande, ma era proporzionato al suo corpo e a lui piaceva così.
Assaporò ancora le sue labbra e si perse dentro di lei, esplorando ancora una volta la sua bocca con la lingua, intrecciandola alla sua.
Si staccarono per riprendere fiato e il giovane ne approfittò per togliersi i pantaloni.
Alla luce della luna che filtrava dall’unica finestra, i capelli di Larya sparsi sulle coperte sembravano tanti fili d’argento, rischiarati da quel pallore lunare che faceva sembrare la sua pelle di porcellana.
I suoi occhi erano due pozze scure dove dentro ci si poteva perdere se non si stava attenti.
Si sorrisero.
Larya si sedette sulle sue gambe, intrecciando le sue al suo bacino.
Si strinse a lui e gli baciò il collo, mentre Fili scendeva piano fino all’orlo del suo intimo.
Poteva benissimo percepire le pulsazioni del suo membro al solo pensiero che tra pochi istanti avrebbe raggiunto il punto più segreto del suo corpo, quello da custodire e da donare solo alla persona giusta.
Calò la mano al di sotto della stoffa e sfiorò la sua intimità con delicatezza, senza lasciarsi sfuggire ogni minima reazione di lei.
Larya, dal canto suo, si aggrappò alle sue spalle, ma non lo fermò, anzi, si fece coraggio e gli accarezzò il braccio fino a giungere alla mano che lui aveva in mezzo alle sue gambe. La spinse in giù e lo intimò a continuare, ad andare più affondo di così. Voleva che la toccasse, voleva che la amasse.
Continuò a baciargli il collo mentre lui iniziava a massaggiarla laddove era più sensibile, facendole provare mille brividi.
Quella piacevole tortura andò avanti per qualche minuto, finché Fili non capì era vicina al suo limite: si era aggrappata con forza a lui e aveva smesso di baciarlo, nascondendo il volto nell’incavo del suo collo. La sentì trattenere il respiro e mugolare di piacere.
Si fermò, allora, perché il vero piaceredoveva ancora arrivare e quando lei lo guardò gli scappò un sorriso divertito: aveva le guance arrossare e gli occhi quasi lucidi, sul volto un’espressione contrariata.
Il bisogno di prenderla però divenne impellente.
Il membro gli doleva per quanto era eccitato ed era ingrossato e turgido.
Doveva sentirla, doveva averla.
La sdraiò di nuovo e le levò l’ultimo lembo di stoffa che la copriva, facendo ugualmente con se stesso.
Adesso erano entrambi nudi.
Larya fece scivolare lo sguardo in basso e arrossì violentemente quando lo vide.
Era la prima volta in vita sua che faceva una cosa del genere e tutto d’un tratto divenne rigida come un ciocco di legno.
“Andrà tutto bene.” Le disse Fili, soffiando quelle parole sulle sue labbra.
Per farla rilassare, le accarezzò il corpo e scese sempre più giù, fino a tornare sulla sua intimità.
Questa volta, lentamente per farla abituare alla nuova intrusione, fece scivolare in lei le sue dita e la percepì bagnata, stretta, calda.
Capì che era eccitata quanto lui e questo lo mandò fuori di testa.
“Baciami.” Gli disse lei, sospirando di piacere.
Era più facile rilassarsi quando lui la baciava. Ma ancora di più, scoprì, se lui la toccava.
La mandava in estati con il solo senso del tatto, si rese conto troppo tardi di starsi a strusciare su di lui come una gatta in calore e le venne da ridere, ma si trattenne.
“Fili...” Mormorò, infine, quando il bisogno che provava lui era diventato anche il suo. Non le bastavano più quelle sensazioni. Ne voleva ancora, voleva di più.
Allora il biondo si mise sopra di lei e Larya allargò le gambe per lui.
L’accoglienza che ricevette fu calda e umida, un po’ stretta, ma si sentì tremendamente bene quando i loro bacini si toccarono.
Larya strinse forte la sua mano, quasi la stritolò, ma non si lasciò sfuggire nemmeno un fiato.
Poi punto gli occhi in quelli di Fili e sorrise.
Dopo averla fatta abituare per qualche istante, il Nano iniziò a muoversi dentro si lei con movimenti lenti e cadenzati, accarezzandole il viso e baciando le sue labbra sottili arrossate per i tanti baci ricevuti e scambiati.
Pian piano, Fili aumentò l’intensità delle spinte e presto lei si ritrovò ad andargli dietro, seguendolo al suo ritmo.
I seni strusciavano sul suo petto muscoloso, scolpito alla perfezione dagli anni e anni di addestramento con Dwalin.
Era una frizione piacevole, ma solo una piccola parte delle emozioni che stava provando.
Larya non riusciva a pensare a niente, aveva la testa su una nuvola, la mente annebbiata dal piacere.
Per tutto il tempo, entrambi trattennero come meglio potevano i gemiti. Fu una gran fatica.
Sospirarono sulle loro bocche, si guardarono, si accarezzarono e si toccarono ancora.
Fu un fiume in piena quello che la colpì, che dal basso ventre risalì fino al petto, mozzandole il respiro nei polmoni, quando il ciclone di passione si disperse in un lungo gemito di appagamento.
Fili le lasciò dei teneri baci sulla fronte sudata e scivolò via da lei per sdraiarlesi accanto.
Le accarezzò una guancia arrossata e la avvicinò a sé per baciarla ancora.
Lei lo abbracciò forte e intrecciò le gambe nelle sue.
I loro cuori battevano all’impazzata e i respiri erano ancora irregolari e affannati.
“Grazie...” Sussurrò lei, baciandogli il mento.
Lui le tirò su il volto e poggiò la fronte sulla sua.
Non si dissero altro, poiché quel gesto valeva più di mille parole per un Nano.
Inoltre, dopo essersi promessi vicendevolmente di passare il resto della loro vita l’uno accanto all’altra, non c’era altro da fare che rimanere in silenzio ad ascoltare i loro cuori tornare a battere normalmente e i respiri regolarizzarsi.
Chiusero gli occhi.
Fili le baciò un’ultima volta la fronte, poi coprì entrambi con il lenzuolo e la strinse al petto in un abbraccio protettivo carico di amore.
E così si addormentarono.
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Memories of a time to come
FanficEstratto dal capitolo 6: Si alzò e fece scorrere lo sguardo sulla Compagnia finché non si rese conto della sua assenza. Se ne era andata chissà dove, portandosi via la coperta che gli aveva messo sulle spalle la sera precedente. L'aveva trovata a tr...