Sapevo di non essere normale, l'ho sempre saputo. I miei me lo ripetevano di continuo, ed è la ragione principale per cui mi hanno cacciato di casa. O forse me ne sono andato io. Non c'entravo niente con quella famiglia, ero solo d'intralcio, avrei fatto un piacere a tutti andandomene, a me stesso per primo. Ho abbandonato tutto; famiglia, scuola, amici. Non è stato poi così difficile; a scuola andavo sempre male, e gli amici non potevo davvero considerarli tali. L'unica persona che sapevo mi sarebbe mancata era Daisy. Lei era come me, mi capiva, aveva intuito la mia anormalità la prima volta che i nostri sguardi si erano incrociati; «sta tutto negli occhi» mi aveva detto «sono lo specchio dell'anima, riflettono quello che sei veramente». Le avevo chiesto di scappare con me, di trovare un posto migliore dove vivere la nostra stranezza, ma lei aveva negato da subito.
«Non puoi scappare da ciò che sei veramente, ma non puoi nemmeno fingere per sempre. Nessuna maschera riuscirà a nascondere la tua essenza, ma puoi sempre imparare a conviverci.»
Il punto è che in quella città, non riuscivo a convivere con me stesso, sapevo di dover andarmene, perché non potevo sopportarlo.
Riuscivo a sentirla, mi parlava, e mi indicava la strada. Lei era sempre dentro di me, e finalmente, quando sono partito, la sua oppressione ha cominciato a svanire. Più vicino ero, più riuscivo a sentirla, e finalmente la raggiunsi. La Natura. Entrai nel boschetto che si rivelò una vera foresta e finalmente mi sentii a casa. Gli alberi, le foglie e l'erba mi accolsero come un figlio; anche loro sapevano di me. E io sapevo di loro; chiudendo gli occhi potevo scoprire ogni cosa, sentivo i loro respiri, li sentivo vivere. E finalmente mi sentivo vivere.~ Lu
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Piccole Storie e Racconti per Sognare
Short StoryPiccole storie, racconti, descrizioni, qualsiasi cosa la mia testa idealizzi e mi faccia saltare in mente, non collegati in alcun modo l'uno all'altro. Sono uno sfogo, parti di me che decido di condividere con voi. Spero che vi vada di leggermi.