Il tormento nel cuore del prete crebbe di giorno in giorno. Cercava di distrarsi con qualche lavoro manuale volto a sistemare quella casa che lo aveva accolto da piccolo e che ora necessitava di piccole sistemazioni, sopratutto il giardino. Non aveva mai svolto faccende del genere e gli fu difficile imparare da solo, ma tutto ciò serviva a tenerlo occupato, almeno qualche ora al giorno.
Se i suoi pensieri non andavano a quelle cose, volavano verso la Esmeralda, lei che ormai era una costante nella sua vita. La sognava e lei, in sogno, non faceva che torturarlo con una mano, mentre con l'altra lo carezzava e lo addolciva. Lui la lasciava fare, lasciava che gli straziasse il petto, fino ad arrivare al cuore che, inesorabilmente, poi stringeva tra le mani e faceva a pezzi. Frollo si svegliava sempre sudato e ansante, scosso. Non mancava ad animarlo un certo desiderio di vederla finalmente nuda davanti a lui, sotto di lui. Quelli erano i pensieri più subdoli, perché lo coglievano improvvisamente, senza un reale motivo. Non sapeva mai se fosse tutto frutto di un suo ragionamento o di un sogno. Si trovava a combattere con sé stesso una guerra già persa in partenza, lo sapeva. Si sentiva schiacciato da quelle sensazioni a lui sconosciute, ma anche dalla paura di poterle un giorno, soffocato dal desiderio, fare del male. Ma lui, oh no, non era così, non si sarebbe abbassato al livello di quello stupido soldato. Aveva sbagliato, lo riconosceva, quando tempo addietro aveva cercato di prenderla con la forza. Ancora se ne rammaricava così tanto...
C'era in lui in amore che faceva male, che lo scindeva in due, spaccato tra dolore e felicità.
Così turbato si era allora distaccato dalla ragazza, ma quella freddezza che usava con lei non rendeva le cose più facili, anzi, sembrava accendere in lui un fuoco ancora più forte, gli faceva ribollire il sangue nelle vene, lo faceva sospirare continuamente. Come era possibile che quella zingara lo avesse gettato in un simile abisso, dove l'unico pensiero fisso era sempre lei? Lei, con quelle sue labbra, quelle sue mani... Se solo avesse potuto sentirle ancora sul proprio petto!
Esmeralda, dal canto suo, si era accorta di come l'uomo tentasse in tutti i modi di evitarla. Quasi non le parlava, se non per salutarla quando usciva. Tutto ciò la lasciava sempre confusa, non sapendo cosa passasse realmente nella mente del suo salvatore e carceriere. Di tanto in tanto, quando erano nella stessa stanza, vedeva in quegli occhi scuri passare una saetta di lussuria, una fiamma che accendeva le gote del prete, ma che, successivamente, sembrava mitigarsi e sciogliersi in qualcosa di più gentile, dolce. La piccola cominciava a soffrire della poca attenzione che lui le riservava. Voleva sapere di più, capire cosa gli succedesse, così da sapere come affrontare la situazione - anche se in parte era soprattutto la curiosità di una ragazzina. Era una falena attratta dalla luce, ma Esmeralda sapeva che avrebbe potuto farsi del male avvicinandosi a quella fonte luminosa, che per lei era l'arcidiacono.
Nei giorni che seguirono dopo il loro arrivo, Esmeralda, però -complici il luogo incantevole e la pace che vi regnava -, in cerca di attenzioni, aveva cominciato a sentirsi più tranquilla e quindi volle cercare di conoscere meglio colui che l'aveva sempre terrorizzata, che poi aveva scoperto non essere altro che un animo straziato.
Quel giorno lo aveva visto uscire poco dopo l'ora Terza e non aveva resistito a seguirlo. Si era chiesta dove andasse! A volte lo aveva sentito, prima dell'alba, alzarsi per recitare qualche preghiera, almeno così aveva intuito. Una volta lo aveva anche spiato dalla sua finestrella che dava sul giardino dietro la casa. Lo aveva sentito uscire e poi visto accovacciarsi lì, tra l'erba, osservando le stelle e la luna, probabilmente Dio.
La gitana indossò il mantello che lui gli aveva procurato, questa volta adatto a lei, e si preparò a seguirlo. Lui fece lo stesso, ma non si calò il cappuccio sul viso come aveva sempre fatto. La ragazza attese che fosse uscito per iniziare a seguirlo. Era piuttosto brava in quel genere di cose.
Proseguendo a debita distanza dietro di lui notò come conservasse ancora la sua postura retta e fiera, ma sembrasse molto più rilassato rispetto a quando lo aveva visto a Parigi. Esmeralda riconsiderò le proprie opinioni: non lo trovava più brutto, anzi, forse era quasi attraente, particolare. Passata la paura gli occhi vedono le cose più chiaramente, non è sempre così? Si crede di vedere un'ombra, di sentire una voce nel buio della notte, poi, prestando maggiore attenzione, ci si rende conto che le ombre non sono altro che rami di alberi e le voci il vento che soffia.
Camminarono a lungo, lui non si voltò mai indietro, fino a quando non giunsero ad un piccolo villaggio. C'era qualche bottega, una chiesa, una locanda e patecchi banchetti in legno, poco prima delle case, che vendevano le merci più disparate. La ragazza rallentò fino a fermarsi davanti ad uno di essi che vendeva orecchini, bracciali e strani ninnoli che tintinnavano. Lei si tolse il cappuccio e prese ad osservarli con curiosità e adorazione. Brillavano così tanto e ai suoi occhi erano i gioielli più belli che avesse mai visto. L'uomo che stava al di là del banchetto la osservò con una certa ostilità. Quella pelle scura non era mai un buon segno.
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Odi et Amo
RomanceUna " What If...? ", nel caso in cui Esmeralda avesse preferito salvarsi la vita, piuttosto che la forca. Dal testo: - Ah! Il tuo corpo! - Rise amaramente lui - Cosa me ne faccio di un involucro? Amare il corpo e non lo spirito è una cosa che farebb...