Gli alberi si sdoppiavano, partivano verso il cielo. Continuavo a correre senza avere il controllo del mio corpo, picchiai la testa dritta su un albero di fronte a me... ricordo solo di essere caduto e aver visto tutto andarsene.
Sbattei le palpebre fino ad aprire definitivamente gli occhi, c'era qualcuno alla mia destra che si stava avvicinando sempre di più. Mi girai verso quella direzione per vedere chi fosse. Era una persona un po' malandata che sembrava voler socializzare, magari chiedermi che cosa stesse succedendo. Si sedette sulle ginocchia e si chinò verso di me, poi aprì la mascella con i denti sporgenti e gli avvicinò al mio ventre. Sentii un verso acuto nella mia testa, reagii all'istante. Presi la testa di quello zombie che credevo una persona, e iniziai a sbatterla sul terreno più forte che potei, ripetutamente e senza fermarmi un secondo, quello che poi mi ritrovai davanti fu un ammasso di cervella putrefatte.
Mi alzai, raccolsi le mie cose e ripresi il cammino verso casa. Come prima cosa controllai che la pistola fosse carica, non me ne intendevo molto di armi... un amico di mamma mi aveva portato a sparare solo una volta, e per quello che ricordo me la cavavo abbastanza bene.
Era pomeriggio inoltrato e il sole stava per calare, pensavo di arrivare a casa prima della mezzanotte, se tutto fosse andato bene. All'improvviso mi ricordai del mio telefono e, che volendo, avrei potuto sentire i miei genitori e mia cugina per dirgli di restare dove si trovavano e che sarei arrivato in serata. Iniziai a frugare tra le mie tasche, ma del telefono sembrava non esserci nemmeno l'ombra... mi era di sicuro caduto per strada nel combattere uno zombie oppure scappando.
Passò qualche ora e la fame e il bisogno d'acqua si fece sentire sempre di più. Essendo inizio primavera c'erano alcuni cespugli di bacche commestibili e così iniziai a nutrirmi di quelle, sarebbero bastate per arrivare a casa.
Mancava solo una manciata di chilometri e l'oscurità era iniziata ad essere sempre più presente.
Non avendo una fonte di luce, se non quella della luna, non riuscivo a vedere quasi nulla e in lontananza si iniziavano a sentire dei versi di parecchi zombie. Sembrava essere una mandria, e dato che singolarmente erano già abbastanza difficili da combattere, una mandria poteva essere fatale. Iniziavo a vederli avvicinarsi sempre di più a me ed erano tantissimi, cercai un albero sul quale arrampicarmi aspettando che la mandria fosse passata. Ne trovai uno abbastanza alto e non esitai a salirci sopra. Sembrava che nessuno zombie mi avesse notato fortunatamente. Così per far sì che non cadessi giù dall'albero nel caso mi fossi addormentato presi la mia cintura e la legai attorno al ramo sottostante per poi chiuderla sul mio ventre. Passò qualche ora prima di riuscire ad addormentarmi.
Sentivo il cinguettio degli uccellini che, da sempre, era il mio suono preferito. E così mi svegliai, mi slegai la cintura e me la rimisi. Scesi di soppiatto dall'albero e mangiai qualche bacca del giorno precedente. Con la luce del giorno sarebbe stato più semplice arrivare a casa. Ripresi a camminare... sorpassai ruscelli, alberi caduti e rovi fino ad arrivare ad un sentiero che conoscevo molto bene. Ero vicinissimo a casa. Non persi altro tempo e incominciai a correre; passata una ventina di minuti arrivai nel mio paesino. In giro sembrava essere deserto...tranne qualche persona che girava ancora con delle provviste rubate a qualche negozio e qualche zombie passeggero. Così mi venne in mente che pure noi avremmo dovuto prendere qualche provvista per affrontare dei giorni chiusi in casa. Ma al momento non avevo più forze per andarci, così imboccai la stradina per arrivare a casa mia. L'ansia saliva sempre di più e, davanti al cancello d'entrata c'erano tre zombie intenti a sfondarlo...la cosa peggiore è che sembravano essere i miei vicini di casa. Presi il coltellino e li feci venire nella mia direzione e, uno alla volta, li feci fuori tutti buttandoli poi giù da un dirupo. Aprii il cancello ed entrai nel mio giardino. Le tapparelle erano tutte abbassate, bussai alla porta e a bassa voce (per far sì di non attirare qualche vagante) dissi che ero io. Passato qualche secondo la maniglia si abbassò e con un giro di chiavi la porta si aprì.
Era mia madre. Subito ci abbracciammo e mi fece entrare in casa e ,dopo esserci scambiati qualche parola, gli chiesi dove fosse papà. Lei semplicemente scosse la testa.
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Broken heads
Science FictionQuesta storia parla di Ian sarkins, un ragazzo di 16 anni che cercherà di sopravvivere a tutti i costi in un mondo che priva tutto a tutti. Il suo obbiettivo iniziale è tornare a casa e cercare sua cugina, con cui vuole affrontare questo mondo. Ce...