IX.

545 88 7
                                    

Mi fermai di scatto, l'unica cosa che riuscivo a sentire era il richiamo del suo sangue.
Se ne accorse anche Tyson, infatti afferrò la mia mano e iniziò a disegnare piccoli cerchi immaginari sul palmo per tranquillizzarmi.

«Non perdere il controllo», pensai.

Dovevo pensare a qualcos'altro.
Ma perché non avrei dovuto farlo?
Cosa ci avrei perso?
Così mandai tutto all'aria e in pochi secondi mi ritrovai davanti ad un ragazzo di circa quattordici anni, lo guardai nei grandi occhi color nocciola e poi mi fiondai sul suo collo.
Era così esauriente.
Sentii le mani di Tyson sui miei fianchi, che provavano ad allontanarmi dalla mia preda, però senza alcun risultato. Mi persi nel piacere finché non sentii che l'ultima goccia di sangue era finita. Appena mi staccai da lui lo guardai, vidi un paio di occhi spalancati, ancora pieni di terrore.
L'avevo ucciso.
Era morto.
Ero stata io.
Era tutta colpa mia.
E per cosa?
Per provare due minuti di soddisfazione.
Ero pietrificata, non riuscivo a muovere un muscolo, l'unica cosa che riuscivo a fare era scrutare la mia vittima.
Perché ero diventata un mostro? Perché mi era toccato quel destino crudele?
Sentii delle lacrime scorrere sulla mia pelle fredda. Non potevo star piangendo per la seconda volta innanzi a lui, non potevo.
Dopo alcuni minuti di immobilità riuscii a risvegliarmi dalla trance.

«Ehi, stai meglio?», mi chiese preoccupato.

«No, non sto bene, per niente. Io l'ho ucciso, l'ho privato della sua vita. E con che diritto? L'ho fatto con migliaia di persone, e la cosa peggiore è che mi piace farlo. Io sarei dovuta morire 487 anni fa, non è giusto», sembravo una bambina, stavo urlando e piangendo come una pazza, ma poco mi importava.

«No, tu non dovresti essere morta, è giusto così. Non è colpa tua se devi uccidere la gente per sopravvivere. Tutto questo fa parte della tua natura, e della mia. Sai quante volte mi è capitato, prima di riuscire a controllarmi, di svegliarmi in mezzo ad un bosco dopo una notte di luna piena e di imbattermi in decine di corpi sbranati brutalmente vivi? Anche quegli innocenti li avevo uccisi io e non me ne ero nemmeno accorto».

Sapevo che stava cercando di consolarmi, ma non poteva capirmi. Lui quando si trasformava non poteva controllarsi in nessun modo, io invece non volevo. E c'era una grandissima differenza.
Lui era obbligato e non aveva nessuna scelta, io invece avrei potuto controllarmi, ne sarei stata in grado, ma mi lasciavo sempre andare.

«Beh ora smetti di pensarci e godiamoci l'appuntamento».

•••🥀•••

Ero così assorta nei miei pensieri da non essermi nemmeno accorta di aver raggiunto il cuore del bosco. Al centro era situata una piccola capanna di legno.

«E questa che cos'è?».

«Una capanna, non ne hai mai vista una?», mi chiese con l'accento di un sorriso.

«Certo che ho visto in una capanna in 487 anni», risposi alzando gli occhi al cielo.

«L'ho costruita io qualche mese fa».

Al suo interno c'è un angolo pieno di cibo per umani.

«Non hai mai pensato che io mi nutro solo ed esclusivamente di sangue? Non di coca cola».

«Si ma oggi voglio passare un'intera giornata da umani».

«E poi quando hai avuto il tempo di preparare tutto ciò?».

«Ricordatelo, ogni lupo ha le proprie risorse».

«Beh, comunque sia, io passo. Ho appena mangiato», lo avvisai ironicamente.

«Va bene, meglio per me. Allora, perché non mi racconti qualcosa della tua vita».

«Allora, nacqui nel 1511, sono stata umana per 19 anni, poi il giorno seguente mi risvegliai e scoprii di essere diventata un vampiro e poi ho vissuto 487 monotoni anni passati a cambiare città ogni sette anni», risposi come un automa.

Blood improved meDove le storie prendono vita. Scoprilo ora