- Nikolushka, alzati! - disse Natasha - ... Sbrigati!
Petrusha, avendo notato una sciabola, se ne impadroní subito.
Soggiogato dall'impeto guerrafondaio che la vista di un fratello primogenito militare provoca sempre nei ragazzini (ed ignorando il fatto che non fosse conveniente per le sue sorelle vedere uomini privi dei vestiti) aprì bruscamente la porta.
- É la tua sciabola?
Si mise a gridare (mentre le ragazzine schizzavano di lato).
Denisov, imbarazzato, cacciò di fretta le sue gambe pelose sotto alla coperta (mentre chiedeva con gli occhi l'aiuto del compagno di stanza).
La porta si chiuse addosso a Petruscia.
- Nikolaij! - disse Natasha - ...Vieni qui... in vestaglia!
- É la sua sciabola o la vostra?
Domandò Petrusha rivolgendosi a Denisov, i cui lunghi baffi neri gli incutevano ammirazione.
Rostov si infilò di fretta le scarpe, indossò la sua veste da camera e passò nell'altra stanza, dove trovò Natasha che aveva indossato uno dei suoi stivali a speroni ed infilava la gamba nell'altro.
Sonia faceva le piroette, ed il pallone con la gonna.
Entrambe fresche, gaie ed eccitate, indossavano nuovi abiti azzurri molto simili.
Sonia fuggì via velocissima e Natasha s'impadronì di suo fratello per parlare con lui con più tranquillità.
Presto si stabilì tra i due un susseguirsi di domande e risposte che avevano come oggetto bagatelle di interesse del tutto personale.
Natasha rideva ad ogni parola (non per ciò che lui diceva, ma perché la gioia che la permeava non poteva essere espressa in altro modo, se non col ridere).
- Che bello! incredibile!
Continuava a dire.
Rostov, sotto effetto di calorosi effluvi di tenerezza, ritrovò senza accorgersene il suo sorriso da bambino (che, da quanto era partito, non era più sbocciato sui suoi tratti nemmeno una sola volta).
- Lo sai che sei diventato un uomo? Un vero uomo! Ed io sono così fiera, di averti come fratello!
Ella gli passò le dita sui baffi.
- Mi piacerebbe sapere come vi sentite, voialtri uomini... É vero che siete come noi? Eh?! ...É vero?
- Perché Sonia si é nascosta?
Le chiese suo fratello.
- Oh, é una storia lunga... A proposito: come hai intenzione di rivolgerti, a Sonia? Le darai del tu?
- Mah, non lo so... Come mi capiterà...
- Beh, allora dalle del "voi", te ne prego... Lo saprai dopo, perché...
- Ma perché?
- Vabbè, ora te lo dico: Sonja é mia amica, una "grande" amica, tanto che mi sono bruciata un braccio, per lei...
E sollevando la sua manica di mussolina lasciò vedere sul suo braccio bianco e sottile, un poco più in basso della spalla (in un posto normalmente coperto dalla parte superiore della manica) un segno rosso.
- Sono stata io, che mi sono bruciata per provarle il mio amore... Ho preso un righello reso incandescente dal fuoco e me lo sono messo lì...
Steso sul divano e circondato da cuscini nella loro camera di studio, mentre guardava gli occhi di Natasha, Rostov si lasciò sprofondare di nuovo, felicemente, in quel mondo infantile ed in quell'intimità familiare nella quale i propositi non avevano alcun senso né alcun valore se non per lui; e gli facevano provare una delle più dolci soddisfazioni della sua vita. Anche la bruciatura del braccio come dimostrazione di affetto gli pareva del tutto normale: la comprendeva senza sorprendersi.