3 - Cose da ussaro

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Di ritorno dalla guerra, il soldato Nikolaj Rostov era stato accolto dai familiari intimi come l'adorato Nikoluška, figlio modello ed eroe della patria.

Per i parenti era diventato un rispettabile uomo di buona famiglia.

Per i conoscenti divenne un affascinante luogotenente ussaro, un elegante ballerino, nonché uno dei migliori partiti di Mosca.

I Rostov conoscevano tutta Mosca e (avendo quell'anno il vecchio conte finito di ipotecare tutte le proprietà)
disponevano di denaro a sufficienza per consentire a Nikoluška di diventare possessore di un cavallo da trotto, di un paio di pantaloni da equitazione all'ultima moda (un modello speciale che a Mosca non aveva ancora visto nessuno) oltre a stivali anch'essi all'ultima moda: con le punte più aguzze possibile e piccoli speroni d'argento.

Le giornate per Nicolaij trascorrevano serenamente, e lui sperimentava quella sensazione di benessere ritrovato che si apprezza più vivamente quando uno ne é stato privato per molto tempo.

Si sentiva cresciuto e diventato uomo; ricordava con distacco, come "cose da ragazzini" la disperazione provata per la bocciatura all'esame di catechismo; il prestito che aveva dovuto chiedere a Gavrila per pagare il vetturino di piazza; i baci segreti dati a Sonja. 

Ora era un tenente degli ussari, con il dolman d'argento e la Croce di S. Giorgio.

Preparava il suo cavallo per le corse insieme a stimati esperti con molti anni sulle spalle.

Aveva conosciuto una donna che abitava sul boulevard, e tutte le sere andava da lei.

Aveva diretto una mazurca al ballo degli Archarov e discusso di guerra col feldmaresciallo Kamenskij.

Frequentava il Club inglese e dava del tu ad un colonnello di quarant'anni che Denisov gli aveva presentato.

A Mosca la sua passione per l'imperatore si era un poco affievolita perché nel frattempo non l'aveva più
rivisto.

Eppure parlava spesso dell'imperatore.

Del suo amore per lui.

Quando ne parlava si capiva che non diceva ancora tutto, che nei sentimenti che provava per il sovrano c'era qualcosa che non poteva essere capito. Rostov condivideva con tutto il suo cuore il sentimento di adorazione allora in voga a Mosca per l'imperatore Aleksandr Pavlovic (al quale in quell'epoca era stato
attribuito l'appellativo di «angelo incarnato»).

Durante il breve periodo in cui restò in famiglia (prima di ripartire per l'esercito) dobbiamo confessare che Rostov si era più allontanato, in verità, che avvicinato maggiormente a Sonja.

Lei era molto bella, graziosa e in modo palese appassionatamente innamorata di lui; ma Nikolaj attraversava quel periodo della giovinezza in cui sembra che ci siano tante cose da fare; in cui non si ha tempo per occuparsi di amare.

Era il tipico momento in cui un giovane ha paura di farsi legare.

Proteggeva gelosamente quell'indipendenza che sola gli poteva permettere di realizzare tutti i suoi desideri.

Quando gli capitava di vedere Sonja si diceva: «ne troverò molte come lei; in giro ci sono moltissime sconosciute... Avrò molto tempo da dedicare all'amore vero in seguito... Adesso non é il momento!»

Aveva anche l'impressione che frequentare ambienti femminili sminuisse la sua mascolinità, quindi quando andava a balli o feste in società lo faceva con l'aria di uno che si trova lì contro la sua volontà.

Era a suo agio quando frequentava il club inglese e le corse dei cavalli, e quando faceva baldoria insieme a Denisov: Lí era tutta un'altra cosa, perché quelle cose si che si addicevano ad un vero ussaro.

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