Racconto a tema: The Black Eye

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Il tema era: la tempesta. Ed io ne ho descritta una situazione in mare, siamo nell'epoca dei pirati... Buona lettura! XDDDD

By Novelty02 

Si parla di quiete dopo la tempesta, quando la "quiete" può anche precederla. Anche se dubitavo che la quiete sarebbe arrivata tanto presto.

Sentivo i nervi tesi sottopelle, mentre tiravo con disperazione la sartia della mezzana fino a sentire i palmi sfrigolare contro la corda dura. Non ci vedevo un bel niente, imperversava una tremenda tempesta che immergeva la nave come in una bolla di stasi apparente. Sentivo le urla del nostromo lontane miglia quando distavamo poco l'uno dall'altro. I compagni imitavano ciò che stavo tentando di fare io, chi tirava sartiame, chi ammainava le vele, chi invece tentava di virare. Il capitano orzava il timone sperando che i venti forti che si stavano scatenando, non sommergessero la fregata. Sentii il lacerarsi della mezzana e l'ansia mi divorò lo stomaco mentre tiravo la sartia tentando di tenerla tesa. Mi avvicinai velocemente al parapetto e legai alla bell'è meglio la sartia al legno. La nave oscillò pericolosamente grazie a potenti onde che mossero lo scafo. Dovetti tenermi con forza al parapetto per non rotolare al lato opposto del ponte. Osservai il nostromo che, con calma apparente, tentava di rimetterci in riga. Osservai alle spalle del capitano, a poppa, un tornado venire verso la nostra direzione. Udii un urlo provenire dalle gabbie di sopra e osservai l'uomo di vedetta che gesticolava freneticamente, indicando il tornado.

La calma apparente finì. Tutti iniziammo a muoverci velocemente tentando di coordinare le vele e la nave. Una potente folata di vento sollevò gocce d'acqua salata dal mare e si diresse verso i nostri visi, sferzandoli. Scostai con la mano i capelli davanti al volto e osservai a tribordo un'onda anomala dirigersi altissima e potentissima. <<Virare!>> udii urlare dal nostromo e dal capitano. Mi affrettai a tirare le sartie dei velacci dell'albero maestro, preparando le vele a virare. Tuttavia non era abbastanza: più tiravo, più il vento gonfiava le vele nella direzione opposta. Non ci voleva un vero marinaio per capire cosa stesse per accadere: eravamo in balia completa dei venti, e di conseguenza delle onde. Chiusi gli occhi preparandomi al peggio.

L'onda arrivò con la forza di una cannonata e scaraventò la maggior parte di noi fuori dal ponte, in mare aperto. Non servì a nulla urlare. Fu per mera fortuna se riuscii ad aggrapparmi con forza al legno del parapetto, le braccia mi dolevano nello sforzo di tenermi aggrappato e dovetti issarmi sul ponte bagnato e scivoloso. Vidi una seconda onda e capii che non sarei riuscito a farcela quella volta. Mi tenni con forza al legno e di nuovo l'onda, più potente della precedente, decimò la ciurma. Altre grida e altri compagni di viaggio finirono nell'oceano. Acqua schizzò infradiciando tutto. Sputacchiai mentre mi reggevo per inerzia, sospeso nel vuoto. Se prima le braccia dolevano, ora erano braci ardenti nel tentativo di reggere tutto il corpo. Sollevai la gamba, fissando il piede sul bordo e mi sollevai sul ponte. Con un sospiro mi appoggiai al legno prendendo fiato, gli occhi mi si chiudevano da soli, sintomo di stanchezza. Ma non potevo mollare ora. Le grida del nostromo si erano placate ormai da un pezzo, non vidi neppure il capitano. Temetti il peggio per loro.

Pioggia laterale colpì i pochi superstiti, anche se non la sentivo nemmeno, bagnato com'ero da cima a fondo. La pioggia non era che l'ultimo dei miei problemi. Il tornado ci aveva raggiunti. Il vento sferzò le vele lacerandone alcune mentre il timone, non manovrato da nessuno, ruotava seguendo il vento. Con uno scatto mossi i piedi fino alla prua e lo afferrai, strinsi le dita attorno al legno finemente decorato. Dovevamo strambare per sopravvivere al tornado ma era troppo tardi per qualsiasi cosa. Mi tenni al timone consapevole che difficilmente si sarebbe sradicato dal legno. E arrivò il tornado che inghiottì la Black Eye in una morsa di morte. I venti sbatacchiarono la nave da un lato all'altro facendola oscillare pericolosamente su entrambi i fianchi, mentre le vele ancora aperte erano sul punto i volare via, neppure il sartiame reggeva. In quanto marinaio della nave, agli ordini del nostromo e dello Ship Master, conoscevo ogni singola parte della Black Eye, oltre ad aver passato anni della mia infanzia in mare con mio padre. Sapevo bene che a quel tornado, se solo un treno si fosse lacerato, eravamo perduti. Acqua schizzò ovunque, sollevata dal tornado di mare e osservai il restante della ciurma rimasta mentre conati di vomito, dovuto al movimento della nave, salivano fin in gola. Dovetti tenermi al timone in ginocchio a terra mentre un boato sordo proveniente dalle acque non mi rassicurò per nulla. Tremante, notai che non c'era rimasto uno della ciurma, l'unico ero io. Un uomo solo non può governare una fregata. Mi dissi respirando a fondo. Avrei seguito il destino dei miei compagni, sarei annegato in mare. Un'ondata mossa dal tornado si mosse verso la nave e mentre proprio quest'ultimo si allontanava permettendo nuovamente visibilità, osservai l'onda alzarsi e colpire me e la nave. Venni scaraventato al lato opposto, e questa volta reggersi fu inutile. L'acqua mi inghiottì completamente in un abbraccio freddo e per nulla rassicurante. Trattenni il fiato mentre l'acqua mi spostava a suo piacimento con sé. Quando riemersi prendendo fiato, vidi, come in un incubo, il tornado arrivare roteando verso di me e mi immersi nuovamente in acqua scendendo verso il basso, nuotando come non avevo mai fatto in vita mia. Trattenni l'aria nei polmoni quanto il più possibile. E in questo ero abbastanza in esercizio, in spedizioni sott'acqua il capitano mandava me, ed io dovevo scendere metri e metri sotto per arrivare a relitti navali. Il tornado passò sulla superficie dell'acqua creandone un gorgo ma riuscii a starne fuori io, nonostante i miei polmoni ora bruciassero per la mancanza di ossigeno. Nel momento in cui il tornado superò il punto riemersi velocemente per osservarlo prendere tutt'altra direzione guidato dal vento. La Black Eye si stava allontanano da sola in balia della corrente e dei venti. Nuotai al suo inseguimento, ma era inutile. Le mie bracciate non potevano raggiungere una nave in movimento, e mentre osservai la nave lontana, le onde mi sollevarono a loro piacimento sbatacchiandomi di qua e di là. Ed io ero esausto. Davvero esausto. Quando mi ritrovai sott'acqua nuovamente non feci alcuno sforzo per riemergere, la stanchezza era troppa.

Chiusi gli occhi lasciandomi guidare dal movimento delle onde, e non provai neppure più a trattenere il respiro. Semplicemente lasciai che fossero le onde a decidere il mio destino e rimasi lì sulla superficie del mare, in procinto di spirare e non mi opposi.

 L'acqua cullò il mio corpo finché anche l'ultimo respiro non morì tra le mie labbra. 

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