Capitolo V

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Attraversai il cancello che dava direttamente sul giardino di casa, illuminato dalle pallide luci bianche di alcuni lampioni piantati nel prato, e vidi mio padre, come sempre, innaffiare le piante prima di cena.

Era buio ormai, e l'aria era fresca a causa della forte umidità rilasciata dall'erba.

Avvertii dei brividi di freddo sulle spalle, ero ancora in divisa da lavoro da quella mattina ed avevo assolutamente bisogno di una doccia per potermi finalmente rilassare.
Indossai dei comodi pantaloni e una felpa, legai i capelli in una coda disordinata e scesi in cucina per cena.
Quella sera mia madre non c'era, era rimasta da un'amica in paese, ma aveva comunque lasciato qualcosa di pronto per me e mio padre.
Divorai subito le salsicce, accompagnandole con del buon pane e melanzane cotte al forno.
Avevo uno sguardo assente, spesso mi incantavo a fissare il nulla mentre ancora stavo masticando.
Non riuscivo a smettere di pensare a Brian, al suo sorriso, al suo essere così enigmatico, ma allo stesso tempo attraente e avvertii una morsa al cuore al sol pensiero che rivederlo sarebbe stato decisamente impossibile.

«Allora tesoro, com'è andato questo primo giorno di lavoro?» Mio padre interruppe il silenzio, evidentemente aveva notato qualcosa di strano in me. Non ero solita chiudermi in me stessa, soprattutto con i miei genitori, e la freddezza che dimostravo doveva averlo turbato.

«Bene.» risposi, accennando un sorrisino e buttando giù un sorso d'acqua.

«Candice, c'è qualcosa che non va? Per caso qualcuno ti ha infastidito al locale?» Papà aveva un'espressione preoccupata.

«Oh, no, davvero è tutto okay, sono solo un po' stanca, devo ancora abituarmi a questi ritmi. Comunque ho dimenticato di dirti che Marco stasera verrà a trovarmi, ti ricordi di lui? Il mio migliore amico al liceo? » cercai di deviare il discorso, così da non turbare i pensieri di mio padre.

«Certo! Effettivamente non lo vedo da un bel po' in giro. Come mai da queste parti?»

«Ah non chiederlo a me. L'ho incontrato questa mattina fuori il locale, e aveva voglia di raccontarmi molte cose, ma non potendomi trattenere l'ho invitato qui, abbiamo molte cose da raccontarci.»

«Va bene, io comunque salgo di sopra, vado a letto. Non fare tardi, e ricorda di chiudere il cancello quando va via.»

«Certo papà, buonanotte.»

Mi alzai anche io, e mi stesi sull'amaca in giardino, legata a due alberi da frutta che crescevano ogni anno sempre di più. Erano lì da prima che arrivassimo noi, ma grazie alle cure di papà, d'estate i raccolti erano sempre abbondanti,così che le pesche e le albicocche sulla nostra tavola non mancassero mai.
Mi lasciai cullare per un po' da una leggera brezza, immersa nel silenzio totale della campagna che si estendeva tutto intorno alla mia abitazione, in cui riecheggiava il canto delle civette.

Stavo quasi per addormentarmi, quando Marco suonò al campanello.
Corsi ad aprirgli, e lui mi salutò con un sorriso.

«Wow! Ne è passato di tempo da quando non metto piede in questa casa!» esclamò.

«Nessuno ti ha mai vietato di venirci a trovare» dissi, con un leggero sarcasmo, mentre richiudevo il cancello «Mio padre è di sopra comunque e mia madre non c'è, nel caso avessi voluto salutarli»

«Ah mi dispiace, le avevo portato una cosa da parte di mia madre.» disse lui,porgendomi un pacchetto colorato, probabilmente c'era qualche dolce al suo interno.

Le nostre mamme erano molto amiche, spesso preparavano delle torte insieme in occasione delle feste in paese, si organizzavano per andare a fare compere in città oppure passavano il tempo a chiacchierare del più e del meno fuori qualche piccolo bar, scambiandosi consigli sulla cucina.

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