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| capitolo tre.

non lo stava aspettando. non attendeva sicuramente un semplice messaggio, né interpretava la parte della ragazzina ansiosa che attendeva affianco al telefono in attesa del rumore della suoneria. non lanciava sguardi continui al cellulare e neanche immaginava il proprio display accendersi in seguito al suono di una notifica. non aspettava.

si passò la lingua sulle labbra. « ma guarda, uno si disturba a lasciare il numero di cellulare, sottolineando che non ci stanno problemi nello scrivergli, e neanche si fa sentire... »

fece in tempo a finire la frase che le sue labbra si bloccarono e il suo sguardo si fece di pietra. lo stava aspettando. si portò di riflesso una mano sul viso, tirandosi leggermente la pelle e tentando di riprendere la propria mente in mano. « ma in che stato mi sono ridotto... » borbottò, portando un pensiero anche all'orario. era tarda notte, fuori la città era illuminata da lampione e insegne al neon. l'appartamento di damian era silenzioso e vuoto, ci abitava da solo. avvolto dal buio si affacciò leggermente dalla finestra, osservando la città. con la coda dell'occhio intravide il proprio riflesso nel vetro della finestra, illuminato leggermente. gli occhi marchiati da occhiaie, il volto stanco. 

fece un sospiro e si lasciò ricadere sul materasso del letto. tanto valeva provare a dormire.

ma quando aprì di nuovo gli occhi, gli sembrò di non averlo fatto per niente. aveva mal di testa, e la sveglia continuava a suonare senza curarsi di lui. si allungò sul letto e la spense, emettendo un mugolio infastidito. era mattina presto, ma non per questo non era in ritardo. se non si fosse alzato era sicuro che jade si sarebbe incazzata da morire con lui. « ma chi me lo fa fare... » borbottò, mentre si tirava su ancora stanco e raccogliendo le poche forze che aveva. 

raggiunse pigramente il bagno e tentò di svegliarsi con una doccia. ci mise pochi minuti a trovare dei vestiti adatti e si infilò i pantaloni neri, mentre con una mano si teneva l'asciugamano sui capelli. mentre strofinava per asciugarli, raccolse il proprio cellulare dal comodino. 

lo schermo indicava una nuova notifica.

un nuovo messaggio
numero sconosciuto
"anche oggi sono di turno?"

il corvino rilesse un paio di volte quel messaggio, come a darsi la certezza di ciò che pensava e dando finalmente pace a tutte le speranze assurde che aveva avuto durante la notte. in poco tempo capì che c'era solo una persona che poteva scrivergli per qualcosa che c'entrasse col lavoro. 

tu:
"suppongo di sì. visto che il capo ti ha affidato a me avremo gli stessi orari per qualche settimana."

dentro di sé qualcosa sperava vivamente di rivedere léo, ma allo stesso tempo ripensò a che ore fossero. se léo non aveva idea se doveva venire o no, probabilmente lo avrebbe soltanto fatto correre e messo in ansia. si ritrovò stranamente a fare tutti quei pensieri, preoccupato per l'altro. riprese di nuovo il cellulare, aggiungendo un altro messaggio.

tu:
"ma ieri ti sei già impegnato abbastanza, oggi sei libero. :) ti faccio sapere quando tornare, okay?"

non si sentiva sé stesso a fare tutti quei pensieri. a preoccupasi per qualcuno che non fosse sé stesso, e soprattutto, non aveva mai immaginato di tornare a pensare al bene di qualcun altro dopo tutto quel tempo. il tempo di posare il cellulare e si accorse che l'unico che gli aveva fatto fare dei gesti simili era stato... quell'idiota. il pensiero di damian si introdusse con forza e rabbia, mentre il ricordo di jules tornava alla sua mente. si sentiva così arrabbiato ogni volta che ripensava a lui. e allo stesso tempo, sapeva che se ci fosse ancora, probabilmente sarebbe ancora legato a lui e preoccupato per il suo bene. 

ever after  - in revisione.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora