Sfrecciai nella campagna in sella alla mia moto, una Ducati Monster rossa. Gli alberi e la fitta vegetazione che circondava la strada erano immersi nella calda luce del tramonto. Le giornate cominciavano a farsi più lunghe e più calde. Aumentai di poco la velocità per poter arrivare il più presto possibile da Gabriele. Le maniche della giacca in pelle nera che indossavo, iniziarono a vibrare per il forte vento che mi investiva.
Mi fermai davanti al cancello e Gabriele, che mi aspettava fuori casa, mi fece un cenno e mi raggiunse immediatamente. Sfilai il casco nero che avevo incastrato nel gomito destro e glielo porsi. Sollevai la visiera del casco rosso che indossavo e gli sorrisi. Ero emozionato all'idea di passare un serata con lui. Volevo sapere tutto su quel misterioso ragazzo.
Aspettai che indossasse il casco e che salisse in sella, dietro di me. «Tieniti» gli dissi, afferrandogli una mano e posandola sui miei fianchi.
Sollevai la mia mano, per poter abbassare la visiera, ma si bloccò a mezz'aria. Scorsi una figura in una delle finestre del piano superiore della casa di Gabriele, ingrigita dal buio in cui era sprofondata. Non riuscii a capire chi fosse e di scatto mosse la tenda, celandosi dietro ad essa.
«Allora? Che succede?» mi chiese Gabriele, abbracciandomi con entrambe le braccia.
«Niente...» dissi soltanto ed abbassai la visiera. Scrollai il capo e dopo un sospiro, sfrecciammo per la strada.
* * *
Il paese vicino le nostre case non aveva molta scelta riguardo la ristorazione, perciò ci accontentammo di una pizza. A fine cena, restammo al tavolo a parlare e a sorseggiare le nostre birre fredde. Lo trovavo affascinante. Il suo modo di gesticolare, il suo modo di porsi, il suo modo di scherzare e di avere la battuta pronta. Tutto di lui mi attraeva e la trovavo una cosa normale, nonostante fossimo entrambi uomini. Sapeva trascinarmi nei suoi discorsi e ridevamo facendo battute e finendo l'uno i discorsi dell'altro. Eravamo in perfetta sintonia e stavo passando una bella serata, come non mi succedeva da molto tempo.
Finite le birre, gli proposi di fare una passeggiata su un sentiero, che avevo scoperto qualche giorno fa. Lui accettò di buon grado e ci dirigemmo a passo spedito verso la meta.
Il sentiero si snodava ai piedi di una rocca medievale e costeggiava la campagna circostante. Si potevano ammirare alberi, fiori e piante di ogni genere, che in quella stagione primaverile cresceva rigogliosa.
«Il sentiero degli innamorati?» disse Gabriele alternando lo sguardo fra me e il cartello con il nome del sentiero che dovevamo imboccare.
«Beh... è solo un nome. E' davvero bello, te lo assicuro» gli dissi arrossendo.
«Non ci posso credere...» commentò lui con un sorriso carico di amarezza sul volto. Rimasi perplesso dalla sua reazione. «Andiamo?» mi disse poco dopo, iniziando già a camminare per il sentiero.
Mi affiancai a lui e per un po' restammo in silenzio, fino a che sotto i nostri occhi si materializzò una vista mozzafiato del paese illuminato e delle città vicine. Quel paesaggio mi tolse il fiato e sorrisi d'impulso. Afferrai la ringhiera in legno e mi sporsi di poco, quasi volessi immergermi in quelli luci così dolci. Voltai di scatto il viso verso Gabriele e scoprii che stava guardando me e non il paesaggio davanti a noi. Il mio sorriso si spense, lasciando il posto alla timidezza, che sembrava avesse preso il sopravvento. Gabriele si avvicinò a me e posò una mano sulla mia. Abbassai per qualche attimo gli occhi sulla sua mano, per poi sollevare ancora lo sguardo. Incrociai quello di Gabriele che mi baciò le labbra dolcemente e brevemente. Restammo vicini a guardarci ancora. Voltai completamente il busto verso di lui e con la mano libera dalla sua presa, gli afferrai la nuca e lo baciai con passione. L'altra mano s'infilò nella sua giacca blu scuro che indossava per accarezzare i suoi fianchi, coperti dalla camicia bianca e dai jeans scuri. Lui mi circondò la vita con entrambe le braccia, mentre continuavamo a baciarci. Era almeno dieci centimetri più alto di me, quindi dovette abbassare il viso mentre mi baciava le labbra. Sentii all'improvviso dei passi molto vicini. Ci allontanammo subito l'uno dall'altro, mentre un ragazzo ed una ragazza continuarono a camminare per il sentiero. Ridacchiammo entrambi, imbarazzati. Gabriele si avvicinò a me ancora, forse con l'intenzione di continuare quello che avevamo interrotto prima, ma, posandogli una mano sul petto, bloccai ogni suo movimento.
«Aspetta...» gli dissi, cercando di calmare il mio cuore che batteva all'impazzata.
«Cosa c'è?» mi chiese lui perplesso, accarezzando la mia mano sul suo petto.
«Raccontami di te... non so nulla sulla tua vita, ma tu sembri conoscermi.»
«Mi sembra strano...» disse ridacchiando nervosamente. Abbassò lo sguardo e continuò a parlare. «Devo raccontarti di me ancora una volta.»
Diatolsi lo sguardo da lui e ritirai la mia mano dal suo petto, che cadde inerme lungo il fianco. Mi voltai a guardare ancora il paesaggio in silenzio. Ero deluso dal fatto che non ricordassi nulla di lui.
«Mi chiamo Gabriele Lucchetti, ho 28 anni, lavoro in banca qui in paese e...» fece una piccola pausa e si sporse verso di me, che lo stavo guardando «vivo nella casa accanto al ragazzo di cui mi sono innamorato...»
Arrossii violentemente e lasciai che mi baciasse ancora una volta. Seppur breve, quel bacio mi fece emozionare, tanto da sentire lo stomaco in subbuglio.
«Perchè mi conosci?» gli chiesi sempre più curioso, voltandomi verso di lui.
«Sono il tuo vicino...» rispose lui, sorridendo.
«Non mi basta. Dimmi perchè...»
«Non è importante» disse, zittendomi con un altro bacio.
* * *
Entrammo nella mia camera d'albergo e, non appena richiusi la porta dietro di me, prendemmo a baciarci e a toccarci, come presi da un istinto animalesco. Feci scivolare la giacca dalle spalle di Gabriele, che fece la stessa cosa con la mia. Iniziai a sbottonargli la camicia, mentre lui tracciò di baci il profilo del mio mento, fino a scendere sul collo. Avevo le vertigini per quanta passione e desiderio provavo in quel momento. Accarezzai il suo petto nudo con entrambe le mani. Poi lui mi libero della maglia, che gettò sul pavimento. Mi tirò poi per un braccio e mi scaraventò sul letto. Rimasi ad osservarlo, mentre si sbottonava i polsini della camicia e se la sfilava via. Mi raggiunse sul letto e ricominciò a baciarmi le labbra e ancora il collo, poi sul petto. Ero talmente eccitato, da non riuscire più a controllarmi. Il risultato fu che emisi un gemito di piacere. Mi coprii istintivamente il volto con le mani. Con molta delicatezza, Gabriele le spostò e, dopo aver sorriso maliziosamente, mi baciò.
«Daniele... ti ho aspettato per così tanto tempo...» mi sussurrò all'orecchio e non potei fare a meno di sgranare gli occhi.
Con entrambe le mani si liberò delle mie scarpe, dei miei pantaloni e di tutto ciò che poteva intralciarlo. Si accovacciò ancora una volta su di me, guardandomi, mentre sentivo il mio viso infiammarsi sempre più.
«A... a questo punto, non so cosa fare...» ammisi pieno di vergogna.
Lui sorrise ancor più malizioso. «Lo ricorderai...» mi sussurrò all'orecchio. Mi mordicchiò il lobo ed emisi un altro gemito di piacere. Ero pervaso dalla vergogna e dall'eccitazione. Non mi riconoscevo in quel letto.
«Perchè mi conosci?» gli chiesi ancora, socchiudendo gli occhi, mentre ci guardavamo.
«Te l'ho già detto...» mi sussurrò lui, mentre mi accarezzava i glutei. Inarcai la schiena per rendergli le cose più facili.
«Dimmi la verità» gli dissi, sempre più eccitato. Gli accarezzai la guancia ed affondai subito dopo la mano nei suoi morbidi capelli castani. I suoi occhi dorati, che tanto m'incantavano, osservavano maliziosamente il mio corpo nudo.
«Non importa.»
STAI LEGGENDO
Dimentica
RomanceDaniele ha perso i suoi ricordi a causa di un grave incidente, ma è deciso ad andare avanti e a recuperare la memoria. Convinto di poter riacquistare i propri ricordi, torna a casa, ma un misterioso ragazzo gli si presenta davanti il giorno del suo...