Capitolo 13

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Sentii gli invitati alla festa andar via uno ad uno dalla villa. Vedevo, dalla finestra della stanza di mia sorella, le auto scomparire dal cortile antistante l'ingresso della villa. Abbassai lo sguardo e guardai la foto che stringevo fra le mani. Quella foto mi ossessionava. Sembravano così felici e innamorati. Lui la stringeva come aveva stretto me tante volte. Ero stupidamente geloso di mia sorella. Ero geloso di quello che c'era stato fra loro. Al contempo ero arrabbiato con Gabriele, per non avermi detto la verità. In quel momento entrò Claudia nella stanza. Mi sorrise lievemente e si sedette accanto a me sul letto. Sospirò un paio di volte e mi accarezzò una spalla.

«Sono andati via tutti?» le chiesi, sollevando lo sguardo dalla foto e posandolo sul dolce viso di Claudia. Lei annuì silenziosa e continuò ad accarezzarmi la spalla. «Scusami se non sono sceso di sotto ad aiutarti, ma non me la sentivo».

«Tranquillo. Mi sono occupata di tutto...» mi sorrise ancora «Allora? Ne vuoi parlare?»

«Cosa c'è da dire se non che sono stato ingannato?» scossi la testa e ripresi a guardare la foto fra le mie mani.

«Perchè Simone è andato via di corsa?» mi chiese Claudia, poggiando la schiena contro la testiera del letto.

«Mi ha detto ancora una volta di amarmi, ma io l'ho rifiutato perchè ero innamorato di un altro...» sollevai lo sguardo e la fissai negli occhi «Sono innamorato di un altro...» mi corressi. Per quanto mi sforzassi di odiarlo, non potevo. Continuavo ad amarlo, nonostante mi avesse nascosto un tassello importante del passato.

«Sei innamorato di Gabriele?» mi chiese Claudia. Annuii silenzioso e non parve essere così sorpresa. Guardai ancora la foto. Osservai con attenzione ogni dettaglio. I loro volti. I loro sorrisi. I loro occhi. Le loro braccia, avvinghiate all'altro. Desiderai strapparla più volte, ma non ci riuscii.

«Come ho fatto ad essere così stupido?!» chiesi più a me stesso che a Claudia «Come ho potuto innamorarmi di lui?»

Claudia non disse nulla, aspettò che mi sfogassi, che tirassi fuori tutta la mia rabbia ed il mio dispiacere. Avrei voluto urlare dalla rabbia, avrei voluto chiedere perchè mi stava succedendo questo, ma mi limitai a guardare la foto ancora e ancora. Con la mano, asciugai le lacrime sulle mie guance e posai la foto sul letto accanto a me.

«Come facevi a sapere di Laura e Gabriele?» pronunciare il suo nome faceva davvero male.

«Me l'ha confidato Laura. Lei si confidava spesso con me. Mi ha raccontato che si era innamorata di lui a prima vista e che, dopo essere usciti insieme, si siano poi fidanzati».

Voltai lo sguardo, disgustato da quelle parole. Ero inevitabilmente geloso di mia sorella, anche se lei non c'era più. Posai la mano sul capo e strofinai forte sui capelli. Sospirai rumorosamente e guardai nuovamente Claudia.

«Che altro ti ha raccontato mia sorella?»

«Non molto. Mi diceva che uscivano insieme da parecchi mesi. Credo quasi un anno prima dell'incendio» Mio Dio, così tanto tempo e lui non mi ha detto nulla, pensai. «La sentivo molto presa da lui. Era davvero innamorata. Non faceva che parlare di lui...»

«Io... sapevo di loro?» le chiesi, temendone la risposta.

«Si, certo. Gabriele ha conosciuto anche i tuoi genitori» mi disse Claudia ed io sprofondai ancora nella mia angoscia.

«Perchè... perchè non me l'ha detto? Avrei voluto davvero saperlo...» sopirai ancora e mi presi il volto fra le mani.

«Daniele, ascoltami. E' inutile chiedersi il perchè. Per me dovresti chiederglielo...»

«No, non voglio più vederlo!» interruppi Claudia e quasi le urlai contro.

«Ma non capisco perchè non vuoi ascoltarlo. Avrà sicuramente i suoi motivi per non averti detto la verità e allora perchè non ascoltarlo. Dopo sarai libero di decidere cosa fare» Claudia si sporse verso di me e mi accarezzò ancora la spalla.

«Non lo so. Non ho proprio voglia di vederlo...»

«Lo so. Pensaci almeno...» mi disse e spostando lo sguardo notò la foto accanto a me. La prese fra le mani e sorrise. «Che amarezza» disse quasi in un sussurro «Mi ricordo di questa foto. Laura me la mostrò e mi disse che eri stato tu a scattarla».

*   *   *

Gabriele sembrò rispettare la mia scelta di non volerlo rivedere. Nei giorni successivi alla cena, non ricevetti alcun messaggio o chiamata da parte sua. Man mano che i giorni passavano la rabbia nel mio cuore lasciava il posto alla solitudine. Claudia ripartì il giorno dopo la cena: il lavoro e il suo fidanzato richiedevano la sua presenza in città. Ero grato che ci fosse anche lei a quella maledetta cena, altrimenti, forse, non avrei mai saputo la verità su Gabriele e mia sorella. Il perchè mi avesse tenuto nascosto la loro relazione mi tormentava, tanto da non riuscirmi a concentrare sul lavoro. Simone, con una email mi aveva mandato del lavoro da controllare. Avevo provato a richiamarlo, ma non aveva voluto rispondermi. L'avevo rifiutato e ferito. Ci voleva del tempo.

Ripresi a lavorare al computer. Avevo davanti una piantina di un appartamento che stavamo ristrutturando. Non riuscivo però a concentrarmi. Riguardai quel progetto per la decima volta, ma alla fine decisi di chiudere con il lavoro. Mi alzai dalla scrivania e scesi di sotto. Mi affacciai alla finestra che dava sul retro della villa. Da lì potevo vedere se Gabriele andasse da qualche parte. Controllai l'orario all'orologio appeso nella stanza. Di solito a quell'ora Gabriele rientrava dal lavoro. Ero teso come una corda di violino, nel mentre aspettavo che lui camminasse lungo il vialetto. Sussultai quando lo vidi. Indossava una camicia bianca, ripiegata sulle maniche, la cravatta con il nodo allentato e dei pantaloni e scarpe eleganti. Era un impiegato di banca, quindi era del tutto naturale che si vestisse a quel modo per andare al lavoro. Entrò in casa e si richiuse la porta alle spalle. Sospirai e mi decisi a raggiungerlo. Avevo deciso di seguire il consiglio che mi aveva dato Claudia. L'avrei ascoltato e poi avrei deciso.

Mi affrettai a raggiungere la siepe e ad attraversare il cancello. Giunsi in pochi secondi davanti la porta di casa. Le mani mi sudavano per la tensione che sentivo. Strofinai i palmi delle mani sui jeans a bermuda che indossavo e mi sistemai la t-shirt grigia. Presi coraggio e suonai il campanello. Sentii aldilà della porta dei passi e poi qualcuno aprì. Mi ritrovai davanti una donna. Il suo viso, seppur ancora bello, era segnato da profonde rughe. Aveva gli occhi dello stesso colore di Gabriele. Dorati e magnetici. Mi guardò intensamente. Aprii la bocca per poter chiedere di Gabriele, ma lei m'interruppe prima che potessi parlarle.

«Daniele!» esclamò sporgendosi verso di me. Mi conosceva. «Scappa Daniele! Vattene da qui! E' pericoloso!» spalancai gli occhi per quello che mi disse. Cosa significavano quelle frasi. Non avevano senso. Perchè dovevo scappare?

Poco dopo Gabriele apparve dietro la madre. L'afferrò per un braccio, così da costringerla a lasciare la maniglia della porta. I suoi occhi erano furiosi.

«Rientra!» tuonò la sua voce contro sua madre. Sussultai dallo spavento per quel tono così minaccioso. La donna senza dire nient'altro, si voltò e silenziosa ritornò da dove era venuta. Gabriele richiuse la porta alle spalle e mi si avvicinò.

«Mi dispiace Daniele. Mia madre non ragiona più. La sua malattia è peggiorata...»

Non dissi nulla. Lo guardavo sorpreso ed ero ancora perplesso per quello che mi aveva detto sua madre.

«Volevi parlarmi?» mi chiese poco dopo ed io mi ripresi, pronto a chiedergli la verità.

«Si, Gabriele...» gli dissi guardandolo dritto negli occhi. Si avvicinò di qualche passo a me, cercando di prendermi la mano, ma mi allontanai, indietreggiando di qualche passo. Rivedevo davanti ai miei occhi quella foto: la prova dell'amore di Gabriele e mia sorella Laura.

«Scusa...» mi disse abbassando la mano fino a farla ricadere lungo il fianco.

«Non avrei voluto vederti, non ancora almeno, ma gli interrogativi sono troppi per poterli ignorare... Odio il fatto che tu non abbia detto qualcosa di così importante...»

«Mi dispiace Daniele... hai ragione. Avrei dovuto dirtelo. Sappi però che la realtà è ben diversa...»

«Bene!» esclamai, stringendo i pugni «Allora dimmi la verità!»

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