Capitolo 33 - Petali di rosa e Prugne Dirigibili

622 43 38
                                    

C'era una volta un ragazzo insicuro con un amico importante e un'amica che lo era anche di più. C'era una volta un ragazzino spaventato e geloso che aveva voltato le spalle a entrambi. C'era una volta una gelosia cieca e rabbiosa, c'era la paura di sbagliare, di non essere mai all'altezza, mai abbastanza. Solo in seguito vennero gli scontri, le maledizioni, le morti, le vittorie e le stelline di Capitano.

Le Prugne Dirigibili pareva dovessero avere degli strani effetti benefici - o almeno così diceva Luna. Piacevano tanto a Rosie, quelle palline svolazzanti intorno a un albero storto. Ron le prese a pugni una ad una, dedicandovi una concentrazione che concedeva a poche altre cose nella vita. Era un po' come lanciare lontano dalla porta una Pluffa o due. Era un po' come prendere a cazzotti il viso finto-innocente di Harry Potter. Pugni e cazzotti che non sarebbero serviti a nulla, pugni e rabbia che non facevano altro che ferire solo il suo cuore già abbastanza malandato.

Ronald Weasley e Hermione Granger. Gli era sempre piaciuto il suono dei loro due nomi accostati l'uno all'altro. Avevano una bella famiglia, ci avevano messo così tanto a costruirla e a renderla serena, si erano perdonati così tante cose a vicenda. Cos'era rimasto adesso? Quando si era incrinato il loro rapporto? Quando avevano smesso di parlare? Quando avevano smesso di litigare?

Lasciò che fosse il vento freddo di dicembre ad asciugargli le lacrime e la frustrazione, a terra, in piena notte, sotto l'albero di Prugne Dirigibili che separava la collina in due: la proprietà dei Lovegood dalla Tana - da casa.

Entrò in cucina a passi leggeri, per scoprire Ginny che prendeva appunti alla luce di una candela e sua madre che sistemava le ultime stoviglie sotto un getto d'acqua infinito. Le donne Weasley non riposavano mai.

"Dove sono i bambini?"

"Dormono."

"Bene."

"Cosa è successo, Ron?"

Domande - una dopo l'altra - spiegazioni, chiarimenti, sguardi preoccupati, cordoglio. Domande, conversazioni che non era in grado di sostenere.

"Ti faccio una tazza di tè." La proposta così squisitamente inglese di Ginny non ammetteva risposte negative. Se qualcosa va male, facciamo una tazza di tè. Tutti meritano una tazza di tè.

"Dovresti stare con tua moglie, ora, Ron. Lo sai che i bambini stanno benissimo qua. Adesso riposati un po' però, torna nella tua cameretta, sono sicura che a Hugo non dispiacerà dividere il letto con il suo papà." Sua madre si preoccupava, come sempre.

Gli scoccò un bacio sulle tempie. Non si lasciava andare a queste dimostrazioni d'affetto da anni. Era così ingiusto doverle dare altre preoccupazioni. Non aveva già votato abbastanza giorni al dio della pace domestica? La Tana non sarebbe mai stata casa senza di lei. No, non era giusto aggiungerne di nuove Ron la ringraziò di cuore.

"Vado a letto tra un po', finisco prima questa."

"Buonanotte," disse infine Molly, guardando entrambi i suoi figli a fondo. Forse, pensò Ron, stava resistendo alla voglia di chiamarli ancora bambini miei. Perché, in fondo, quando avevano smesso di esserlo?

"Ha ragione lei, sai?" bisbigliò Ginny. Tracciava col dito il bordo della sua tazza, perdendo lo sguardo nelle sfumature scure dell'infuso. Non aveva ancora chiesto di Harry. Forse non lo avrebbe fatto: a Ginny piaceva non chiedere mai nulla. Strano approccio alla vita per una giornalista.

"Gin, no, non farlo."

"Sto solo cercando di dir-"

"Niente," la interruppe. "Non dire niente. Non sono in vena. E non mi importa del tuo stupido patto con Harry. Io e Hermione, il nostro rapporto non funziona così." Anche se forse non funziona più. "Chris... tu non l'hai vista, era posseduta, Gin, - Voldemort era sul punto di tornare, tramite una bambina! - e ades-"

Mai NataDove le storie prendono vita. Scoprilo ora