Capitolo 26 - Notturno (Interludio)

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Un castello delle dimensioni di Hogwarts conosce i peggiori e migliori silenzi. Le voci sulla lezione speciale del professor Potter si erano spente con il calar della sera o, con molta più probabilità, si erano ritirate al caldo delle Sale Comuni. Nei lunghi corridoi, freddi e silenziosi, le poche figure che ancora mormoravano nei quadri si zittivano alla presenza di Chriseys. Adesso era diventata anche motivo di chiacchiera per qualche quadro pettegolo.


Il coprifuoco doveva essere attivo da un po', ma Chris tornava proprio in quel momento dallo studio della preside e peggio di così non sarebbe di certo potuta andare. Forse se avesse girovagato abbastanza si sarebbe persa tra le mura e avrebbe evitato una sicura discussione con Hermione. Forse c'erano abbastanza antri segreti nel castello per farla scomparire per un po'. Se non per sempre.

Ma neanche le sue stesse gambe volevano aiutarla in quell'occasione. Si ritrovò a percorrere androni fin troppo conosciuti, e in un lampo vide comparire la porta dell'Infermeria. Si fermò a contemplare il simbolo di Esculapio intagliate sulle porte: un serpente attorcigliato intorno a una bacchetta. Le ricordava un così diverso marchio.
La mano si mosse ad accarezzare la coda del serpente e a spingere la porta. A cosa sarebbe servito rimandare quella conversazione a quel punto? Se il suo stomaco voleva vedere Teddy non c'era niente che la sua mente avrebbe potuto fare per impedirglielo.

Nel buio dell'Infermeria s'intravedeva una luce proveniente dallo studio di Madama Chips; la porta era socchiusa.

"...zzo sta bene, non si deve preoccupare più del necessario. È in ottime mani."

Madama Chips stava conversando sommessamente con la signora Tonks. Chris ne riuscì a intravedere il viso, le rughe attorno agli occhi accentuate in un'espressione attenta e preoccupata. La signora Tonks non meritava altre preoccupazioni, ne aveva avute fin troppe nella sua lunga vita. A Chris parve che il senso di colpa per quello che aveva combinato quel pomeriggio divenisse d'un tratto fisico, lo sentì quasi acuirsi all'altezza dello sterno, come se qualcuno le avesse lanciato un peso addosso.

"Cosa fai qui?" La voce di Ted chiese roca.

I letti vuoti si distinguevano appena alla luce della luna e della candela che arrivava dallo studio di Madama Chips; Ted era l'unico paziente presente in Infermeria, e Chris si avvicinò piano al suo letto. Non lo vedeva da dopo il loro duello: aveva i capelli spenti in un biondo miele che gli ricadevano sul viso spettinati e, anche se i due grandi lividi che si incrociavano sul collo non erano del tutto visibili nel chiaroscuro, Chris tremò al pensiero di quanto potessero risaltare alla luce piena del giorno.

"Volevo controllare che stessi bene."

Ted se ne stava seduto su due cuscini, incapace di distendersi completamente. "Sto bene," disse, serio, senza aggiungere altro. Lanciò un'occhiata rapida alla sua destra: con il braccio destro tratteneva Victoire, che si era appisolata sul suo fianco, accucciata come un fagottino di cui lui avrebbe dovuto prendersi cura.

"Non volevo svegliart-vi, solo control-"

"Controllare che stessi bene. Lo hai già detto." Ted si mosse nel letto, stringendo più forte il corpo addormentato di Victoire.

E Chris, ancora una volta, a dispetto anche dell'opinione che aveva di se stessa, desiderò essere quel fagottino tra le braccia di Ted. Aveva bisogno delle braccia di Ted. Aveva bisogno di essere perdonata da lui. Un abbraccio, uno solo, forte, caldo, profumato di miele e pioggia.

Si appressò ancora di più al letto, per accarezzargli la mano sinistra. L'altra mano, quella che non era impegnata a stringere la sua fidanzata.

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