Capitolo 3

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Takagi e Sato sono venuti a prendermi a casa verso le cinque e trenta del mattino, era inutile che portassi anche la mia macchina in aeroporto, ne noleggerò una appena arriverò lì. Appena arrivati abbiamo giusto avuto il tempo di chiarire le ultime cose con il sovrintendente che subito ci hanno caricati sull'aereo. Ci ha raccomandato di stare agli ordini e di non creare disordini, essere stati chiamati dall'FBI è un'opportunità unica e non va assolutamente sprecata. Dopodiché mi ha preso in disparte e mi ha detto di stare particolarmente attenta perché crede che in questa storia c'entri io e la cosa non gli piace affatto. Se proprio devo dire la mia, sono d'accordo con lui. Ho pensato che questa storia mi riguardasse personalmente fin dal primo momento, staremo a vedere. 

Adesso mi trovo sull'aereo, il volo da Tokyo a New York, in totale, dovrebbe durare circa quattordici ore, noi siamo qui da quattro ore circa, c'è ancora molta strada da fare. L'ultima volta che presi l'aereo fu proprio per andare a Los Angeles, da Shinchi. Ricordo ancora tutto perfettamente, ricordo ancora il modo in cui mi trattò appena mi vide lì. Era terrorizzato all'idea che qualcuno potesse farmi del male, nessuno doveva solo provare a sfiorarmi. Mi manca da morire, la sua assenza si fa sentire più della presenza di chiunque altro. Ogni tanto mi chiedo se passerà prima o poi, se è vero che il tempo cura le ferite. Ma sono passati undici anni e non credo che ciò accadrà. Farei di tutto per tornare indietro nel tempo e salvargli la vita. Mi pento di non avergli detto più volte ti amo, di non averlo sfiorato più volte, di non essere stata abbastanza. Perché adesso, dopo tanto tempo, mi rendo conto che quando perdi una persona, quello che hai fatto con essa non è mai abbastanza, che ci sarà sempre qualche cosa che avresti voluto fare, ma che, per chissà quale motivo, non hai mai fatto. Ed è proprio quando comprendi questo che ti rendi conto che la vita va vissuta attimo per attimo, brivido per brivido, secondo per secondo...senza tralasciare nulla. Per me ormai è tardi, non posso più recuperare quello che ho perso, posso solamente vivere nei ricordi, anche se vivere nel passato è l'errore più grande che forse si possa commettere contro sé stessi.

Volgo lo sguardo verso il finestrino mentre passiamo da sopra l'Alaska. Il freddo di questi posti deve essere tremendo e malinconico. Se su di me la primavera porta serenità, credo che l'inverno per i popoli che vivono qui porti un senso di malinconia tremendo. Chissà quanto sarà bello per loro vedere il sole quelle rare volte e apprezzarlo per la sua bellezza e per il suo calore, al contrario nostro invece. Sento una mano appoggiarsi sulla mia spalla e distolgo lo sguardo da quei luoghi, facendo tornare la mia mente su questo aereo. 

<<Sono andata a prendere qualcosa da sgranocchiare per tutti e tre, ma vedo che Wataru si è addormentato>> nota Miwako, mentre mi passa una coppetta con delle arachidi al suo interno. 

<<Beh stamani si è svegliato molto presto, sarà stanchissimo>> puntualizzo, guardandolo mentre emette un leggero russare.

Pure avendo trentasette anni sembra proprio un bambino Wataru. Ha sempre quell'aria sognante e allegra, lo ammiro tanto per questo. Mi ricorda un po' Yukiko, la madre di Shin. Anche lei era proprio così, chissà come starà adesso. Dopo la chiamata in cui mi disse di Shinichi, non la sentì più. 

<<Già, si è occupato di tutto lui per il viaggio. Potrà essere pasticcione quanto si vuole, ma è un grande uomo. Almeno per me>> dice, mentre gli passa una mano sulla fronte e gli sposta il ciuffo, per poi dargli un bacio in fronte.

Quanto li invidio, sono così felici insieme. Mi piacerebbe davvero tanto che Manami avesse un padre come Takagi, ma sono troppo egoista forse per mettermi con un altro uomo. Non ce la faccio.

<<Che hai Ran? Oggi ti vedo piuttosto pensierosa>>  mi domanda Miwako, piegando un po' la testa per guardarmi meglio negli occhi.

<<Non c'è niente che non vada, semplicemente oggi mi torna in mente più delle altre volte>> le rivelo, rigirandomi verso il finestrino. Non voglio che qualcuno mi guardi mentre parlo di lui, non vorrei piangere.

Takagi, Sato e Megure conobbero Shinichi quando venne a Beika, aiutò spesso la polizia metropolitana nei loro casi più complicati. Sanno anche della sua morte, ma non dell'organizzazione né di nient'altro che riguardi loro. 

<<Ti riferisci a Shinichi, vero? Oh Ran, tesoro...>> e subito mi stringe in un caloroso abbraccio materno. 

Come se la mia armature fosse stata colpita nel suo punto più debole, mi sento improvvisamente esposta e tutto crolla, senza volerlo inizio a piangere. Non piangevo per lui da anni, ho vietato a me stessa di farlo. Ho cercato di sorridere e di ricordare solo i momenti più belli, ma, come se la vita ce l'avesse con me, in mente mi ritornano solo i litigi e i momenti più brutti. Poi mi immagino come sarebbe stata bella la nostra vita insieme e la situazione non fa altro che peggiorare. Ho troppi rimpianti. 

Sento Wataru alzarsi e trovarsi un po' confuso davanti la scena di me in lacrime, ma sua moglie gli fa cenno con la mano e lui sembra improvvisamente capire il motivo del mio pianto. Si apre e dal portellone portabagagli prende la borsa di Miwako e tira fuori dei fazzolettini, poi li dà in mano a lei che me li passa. Mi asciugo il viso e faccio subito un gran sorriso per tranquillizzarli.

<<E' passato, tranquilli. E' stato solo uno stupido momento di tristezza>> affermo, cercando di rincuorarli entrambi.

Loro mi rivolgono un sorriso forzato, non mi hanno creduto per niente, ma fanno finta di sì e ognuno ritorna a fare ciò che stava facendo prima. Takagi si addormenta di nuovo, Miwako si mette a leggere un libro ed io preparo un messaggio da inviare a Manami appena arriverò a terra. Spero che il viaggio prosegua abbastanza tranquillamente.

-Non me lo so spiegare 2-Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora