Cuore e ragione

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John aprì gli occhi, svegliato dai raggi del sole che penetravano dalle tendine trasparenti. Era domenica, realizzò con un sorriso: ancora un giorno, e finalmente lui e Sherlock sarebbero tornati nella loro epoca. Non vedeva l'ora di poter riabbracciare Mary.
Per qualche motivo, si sentiva pervaso dall'ottimismo.
Una volta vestito, e sempre preda di quel buonumore, decise di andare a chiedere a Sherlock se voleva fare colazione.
Ma quando si recò nel piccolo salotto, lui non c'era. Nemmeno in camera: letto era intatto e tutto lasciava intendere che l'amico, in quel letto, non ci avesse nemmeno dormito...

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John trattenne un sorriso, intuendo cosa fosse accaduto. Ma voleva sincerarsi che andasse tutto bene: la minaccia di Moriarty gravava ancora su di loro. Mentre girava per Londra in sua ricerca - per fortuna la città era ancora di dimensioni ridotte, altrimenti sarebbe stato decisamente più complicato-molte persone che incrociava si levavano il cappello al suo passaggio, altri gli auguravano buona fortuna, e altri ancora gli stringevano calorosamente la mano e si congratulavano con lui per il coraggio dimostrato la sera prima.
John si sentí lusingato e inorgoglito da tutte quelle attenzioni, ma in parte sentiva di non meritarle, dato che  quel tanto atteso scontro tra lui e Moriarty non sarebbe per davvero avvenuto.
Con suo sollievo, finalmente, scorse l'amico seduto su una panchina sotto alcuni alberi. Aveva un giornale tra le mani, aperto, ma il suo sguardo non era rivolto alle pagine, bensì davanti a sé, quasi fosse assorto in mille pensieri. Nulla di strano, per lui, se non fosse che, dalla sua espressione non sembravano i suoi soliti pensieri.
-Sherlock, mi hai fatto preoccupare! -esclamò, sedendoglisi di fianco.
-Non c'era alcun motivo per preoccuparsi, John. Volevo solo comprare il giornale e prendere una boccata d'aria-rispose lui, pacato, senza però guardarlo.-E dato che tu dormivi ancora, non volevo svegliarti.
Il medico gli lanciò un'occhiata allusiva.
- E... ieri sera, invece? Dove sei finito? Una notte brava, forse?
L'amico trasalí appena e sollevò subito il giornale aperto, nascondendosi quasi del tutto dietro esso ed evitando così di rispondere.

D'improvviso, il medico notò qualcosa di strano sul cappotto di Sherlock; era sempre il suo solito Belstaff-nonostante non fosse esattamente dell'epoca, lui si ostinava a indossarlo-ma c'era qualcosa appuntato vicino al bavero, più o meno in prossimità del cuore, che non c'era mai stato prima: una piccola spilla d'argento modellata a forma di stellina, con un nome inciso sopra. E non serviva essere Sherlock Holmes, per capire quale fosse.
-Sherlock... cos'è quella?
- ... Cosa, John?-replicò lui, noncurante: ma un leggero rossore sugli zigomi appena visibili lo tradì.
L'altro strinse le labbra per nascondere un sorriso, scuotendo la testa.
-Sherlock... non per fare il guastafeste, ma ti ricordo che dobbiamo concentrarci sulla tua possibile morte imminente...-disse però, suo malgrado, tirando fuori la foto della lapide e sventolandogliela quasi sotto il naso.
Neanche stavolta, però, il detective reagì: pareva di nuovo perso nei suoi pensieri. E, a giudicare dalla sua espressione, erano di natura tutt'altro che spiacevole.
John, con uno sbuffo, fece per riporla: ma, nel farlo, le gettò un'occhiata distratta: e ciò che vide gli fece strabuzzare gli occhi ed emettere un urlo soffocato, che costrinse il riccio ad alzare finalmente lo sguardo, allarmato.
-Sherlock!! Guarda!!-esalò il medico, mostrandogliela.
Anche lui, osservandola, non riuscì a trattenere lo stupore.
-Il mio nome sulla lapide... non c'è più...-mormorò, incredulo; il biondo, dal canto suo, era raggiante.
-È fantastico, Sherlock! Non capisci?? Domani torniamo nel futuro, perciò si sta cancellando tutto!!-esclamò, faticando a tenere la voce bassa, tanto era il suo entusiasmo.

Lui, però, unì le mani sotto il mento, continuando a fissare la foto con le sopracciglia aggrottate, e scuotendo poi la testa.
-No, John, qualcosa non torna. Si è cancellato solo il mio nome; ma la lapide e la data sono rimaste. Questo non ha alcun senso.
Il medico si accigliò, riconoscendo la sensatezza del ragionamento.
-È vero... Ma allora che significa?
-Riflettiamo-replicò il detective, gli occhi cerulei sempre fissi su di essa.-Sappiamo che la fotografia rappresenta quello che succederà se gli eventi di oggi continueranno a seguire il loro corso fino a domani, perciò...
Vennero bruscamente interrotti da un giovane uomo che si era avvicinato a loro.
-Il signor... Eastwood, giusto?-domandò, con un sorrisetto imbarazzato.
-... Sì, sono io-replicò il biondo, guardandolo interrogativo. - Perché?
-Grazie al cielo! L'ho cercata dappertutto. Scusi il disturbo, ma devo prenderle le misure. Ci vorrà solo un secondo!
Con grande sconcerto di John, il giovane tirò velocemente un metro da sarto dalla tasca, misurandogli poi con altrettanta velocità le spalle e le braccia. Rivolse un'occhiata al corvino e notò che era stranamente impallidito, come se avesse riconosciuto il ragazzo.
-Mi scusi... la ringrazio, davvero... Ma a me non serve un vestito nuovo...-protestò il medico, stupefatto.
Questi ridacchiò, con stavolta palese imbarazzo.
-N-no signor Eastwood, non ha capito... Servono per la sua bara.
Lui, a quelle parole, impallidì esattamente come Sherlock, capendo che quel ragazzo doveva essere l'apprendista non di un sarto, ma di qualcuno che lavorava alle pompe funebri.
-Come sarebbe... la mia bara???
- Be', ecco... sa... le probabilità per il suo scontro con James Moriarty sono due a uno contro di lei... Tanto vale essere preparati, no?
E tentò un'altra risatina: ma vista l'occhiata che entrambi gli lanciarono, ripose il metro e si dileguò rapidamente così come era apparso.
I due amici si guardarono, entrambi troppo sconvolti per parlare. Poi il detective concluse il ragionamento che aveva iniziato poco prima, in tono sepolcrale.
-... Perciò... potrebbe non essere il mio nome quello che deve finire sulla lapide, John. Potrebbe essere il tuo.

Back Sherlock-Parte 3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora